Non sempre abbondare è positivo. Castel dell’Ovo a Pasqua è stata la prova

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in foto Castel dell'Ovo

No, vabbè. Terminologia molto moderna e di tendenza per commentare, senza giri di parole, ciò che si ritiene assurdo o insensato. Castel dell’Ovo chiuso durante il periodo pasquale a qualsiasi visita turistica. Una bomba. La causa: il distacco di alcune pietre dalla facciata. E’ un problema, senza dubbio. La città però è coperta da retine di protezione applicate a balconi, cornicioni e, a volte, intere porzioni di facciate. Lecito domandarsi, allora, se la caduta di alcune pietre dalla facciata possa promuovere un rapido intervento di messa in sicurezza o se invece sia stata una giusta decisione quella di impedire la fruizione, anche parziale, di uno dei monumenti simbolo della città. I maliziosi possono ipotizzare allora che il problema non sia limitato solo ad “alcune pietre della facciata”. I più ingenui possono adagiarsi sulla benevola retorica del “meglio evitare tragedie”, che di certo è un sano principio da rispettarsi sempre, ma che però non deve far propria la sentenza degli antichi “melius est abundare quam deficere”. E invece, con l’ispirato “ Lascia fare, se no dicono che siamo provinciali, siamo tirati” i gestori hanno deciso di relegare l’antico castello alla mera funzione di sfondo per le fotografie. Non certo calla velocità del fulmine che tenea dietro al baleno, il giorno dopo il crollo si è deciso di stanziare 83000 euro per mettere in sicurezza la parte pericolante. Comodi, ragazzi, comodi. Il futuro è un ipotesi cantava un ex rocker. La procedura semplificata per interventi urgenti, per evitare pericoli imminenti, per l’incolumità delle persone, come Carneade per Don Abbondio: sconosciuta. Eppure in ambiente tecnico è ormai usatissima. I vigili del fuoco l’impongono ad horas, perbaccolina. Invece. L’edificio più rappresentativo di Napoli può attendere. Warren Beatty, e tu che mettevi in attesa il Paradiso. Visioni di risanamento a medio e lungo termine, sindrome del bradipo a parte, non leniscono la ferita nel comparto turistico. Interpretazione, o cara, quanto manchi. Sfruttare il ponte di collegamento con la terra ferma per una narrazione corredata dalla proiezione delle immagini degli ambienti non visitabili proprio sulle mura del castello, avrebbe garantito al turista un emozione e, in barba alla macilenta statica, avrebbe consentito non solo la fredda visione di interni ora impediti, ma anche l’emozione di ambientazioni coinvolgenti. La pedante maestrina dalla penna sguainata ricorda la Direttiva del Ministro del 21 novembre del 2007 divulgata con Circolare del Segretario Generale n.284 del 30 novembre 2007. In essa, at-ten-zio-ne che ti metto impreparato, si raccomanda:
– l’adozione di sistemi compensativi dell’accessibilità diretta, soprattutto quando gli interventi sulle strutture non siano attuabili in ragione delle preminenti esigenze della tutela.
C’è qualcosa che non va strimpellava il cantautore.
Un intervento, rapido, di messa in sicurezza non si nega a nessun edificio, e resta ai più sconosciuto il motivo per cui alcuni ambienti non potessero essere lasciati aperti. Il castello è un immagine della città, è coinvolto nella leggenda della sua nascita, è un punto di riferimento per tanti turisti. Il compito della gestione di un monumento è quello di assicurare che le strutture siano in grado di accogliere i turisti. Se quest’attività non è svolta, e questa è già una grave mancanza, almeno una rapida messa in sicurezza dovrebbe essere garantita. Napoli, gestione dei beni culturali #laterradeibradipi. Segui per altre avventure.