Oltre la danza, gli scatti “folli” di Luigi Bilancio

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Tra gli appuntamenti salienti della danza e del balletto non potevamo certamente sorvolare sulla mostra fotografica Outre la Danse di Luigi Bilancio, esperto catalizzatore di immagini ben al di là degli stereotipi della fotografia di danza. Autore di un progetto pluriennale, Luigi Bilancio ha allestito l’ultima mostra in occasione della Giornata Mondiale della Danza di Avellino, conseguendo nuove e sempre maggiori gratificazioni da pubblico e critica. 
 IBL8142L’entusiasmo, del resto, si è registrato sin da subito, ovvero dalla prima esposizione di un annetto fa all’ex Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi, luogo natio dell’intero progetto fotografico di Luigi Bilancio. E’ passato poco più di un anno da allora, eppure non si parla e scrive ancora d’altro. Outre la Danse viaggia in lungo ed in largo nei luoghi e nelle menti dei visitatori sempre più numerosi e catalizzati dagli scatti rigorosamente in bianco e nero del fotografo napoletano. Luigi Bilancio ha immaginato un progetto fotografico differente dal consueto canovaccio artistico della macchina da presa, rivolto all’universo coreutico in maniere, forme e contenuti inediti. In questo caso la scelta della location dell’ex Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli, nosocomio abbandonato dai suoi storici pazienti ed in stato d’abbandono esso stesso, rappresenta un primo valore aggiunto. Un paio di dozzine di fotografie scattate in un intenso week end a chiosa di un progetto pluriennale, pensato, immaginato, scrutato e vivisezionato foto per foto, a realizzazione di una miscellanea riuscitissima e visitata da migliaia di persone. Outre la Danse, cornice preziosa che raccontano e racchiude una danza che non è mai stata raccontata così nei meandri della sua stessa natura. 
 IBL8284 webE soprattutto una danza che vive dell’abbandono mediatico di questi tempi, in cui oggi Luigi Bilancio ha voluto imprimere alla sua opera un imprinting di denuncia, esaltando la passione insita nella danza e nei danzatori così distante dall’amministrazione ed organizzazione fredda e razionale. E qui è insita la pazzia della danza e della location scelta, quasi a gemellaggio ideale tra l’abbandono del posto in cui sono stati protagonisti uomini e donne abbandonati dalla vita. Al pari di tanta danza abbandonata a se stessa, dai media e dalla politica, dagli operatori culturali e dagli stessi spettatori. La danzatrice Rosaria Iovine è la protagonista immortalata dagli scatti in bianco e nero dell’ex Ospedale Psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli, svilita quanto basta per catapultarci fin dentro la storia triste di ogni nosocomio, figuriamoci quello psichiatrico. Le varie sessioni si sono alternate a lunghe telefonate tra il fotografo e la danzatrice per circoscrivere il campo d’azione, fissando ogni immagine ben oltre ciò che appare, proprio come in una passeggiata tra i lunghi e malandati corridoi del Leonardo Bianchi. 
 
 IBL8168E forse il gioco sottile tra l’al di qua e l’al di là del portone d’ingresso di quell’ospedale è il nesso tra chi osserva e chi si è prestato all’osservazione, ovvero una danzatrice spogliata di ogni timore e protagonista tra libri ammassati e bilance, corde e scritte rosso sangue in un tourbillon di mura crepate e, vetri rotti e tanta disperazione silente in ogni metro quadrato dell’enorme struttura. Lo stesso fotografo Luigi Bilancio, marito dell’ex danzatrice Gigia Esposito, ci spiega in chiusura come il progetto sia nato dal desiderio personale di raccontare  il dietro le quinte della danza, evidenziarne il sacrificio, la passione, il dolore, la solitudine e a volte anche la pazzia, quel termine pazzia spesso usato per definire il danzatore.
Ho voluto spingere  oltre ogni limite il concetto di sacrificio – aggiunge il fotografo – fino a farlo sfociare in una sorta di abbandono totale per la danza con la danza nella danza…..abbandonarsi ed essere abbandonati dalla società, dai media, dalla mentalità consumistica, insomma da tutte quelle persone che oggi ritengono superfluo sacrificarsi per una passione. 
Ho voluto portare una danzatrice in un manicomio abbandonato, perché è quel luogo, un luogo di abbandono e abbandonato, un luogo dove venivano lasciate morire dalla società persone malate, persone definite pazze o semplicemente diverse. Oggi quel luogo che per anni ha accolto quelle persone accoglie la danza.