“Omicidio ad alta quota. Un’indagine per il commissario Nino de Santis”, investigazione e psicologia nel poliziesco di Maria Rosaria Pugliese

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di Fiorella Franchini

La curiosità del lettore sorge fin dalle prime pagine. La suspense cattura attraverso una concatenazione degli eventi e delle parole tale da far sì che il lettore non smetta mai di domandarsi cosa succederà dopo. L’ultimo romanzo di Maria Rosaria Pugliese, edito da Frilli, ha nel titolo “Omicidio ad alta quota. Un’indagine per il commissario Nino de Santis”, echi cinematografici e una salda tradizione letteraria.  Il modello della costruzione è quello dell‘enigma tipico del giallo d’indagine ma è un arcipelago ricco e frastagliato dominato da un’efficace tecnica di racconto in grado di interagire con la soggettività di ogni lettore. Lo stilista Giosafat Gori, fiorentino di nascita, milanese d’adozione, ambasciatore della moda italiana nel mondo, viene avvelenato sul volo AF 4504 con destinazione New York. Il commissario Nino de Santis – meridionale, in servizio presso la Questura di Milano, che non ha mai messo piede su un aereo, deve occuparsi del caso. Un enigma apparentemente insolubile con un gran numero d’indizi, moventi, probabili colpevoli e nessuna ipotesi certa. A fare da bussola, un’agenda della vittima, la caparbietà di una giornalista d’assalto e l’intuito dell’investigatore che, scavando nel mondo dorato della moda e nelle complicate relazioni interpersonali, permetteranno di comprendere il senso di quella morte. La ricostruzione è basata sulle persone e sulle cose: gli oggetti presenti sulla scena del crimine vengono interrogati in quanto segni di ciò è avvenuto, anzi essi rappresentano la fotografia dell’evento, analizzati con l’obiettività scientifica e l’attenzione dell’enigmista, tanto che Walter Benjamin ha ipotizzato un preciso nesso tra lo sviluppo della fotografia e il poliziesco, nato, in effetti, esattamente negli stessi anni. Nel racconto di Maria Rosaria Pugliese il disvelamento degli indizi è graduale, porta lentamente alla spiegazione dell’evento criminoso che sfida l’ordine sociale e alla ricostruzione razionale di responsabili e motivazioni, facendo coesistere anche narrazioni dove non necessariamente il plot è centrato su un mistero da risolvere. L’autrice, infatti, sa abilmente creare un racconto psicologico e morale senza far mai venir meno la tensione dell’intreccio, nel solco della nuova tradizione del romanzo poliziesco, fortemente in relazione con le scienze sociali.  E’ ormai un dato di fatto che per la sua complessità, per la vasta articolazione, per la fortuna stessa delle opere, l’evoluzione del genere implichi contaminazioni con tipologie letterarie diverse, tanto che la detective story può essere considerata un vero e proprio macro genere.  Dalle pagine emergono, sotto la patina dorata della fashion industry, l’affollata solitudine di Giosafat Gori, gli intrecci meschini dei soci, Galbiati e Castelli, arrivisti e snob, le ambizioni distruttive di modelle straniere, la ricerca ossessiva della bellezza e della forma perfetta, la febbre del gioco d’azzardo ma anche l’amicizia di Gori con Mirko Lucchesi, modesto artista e la tenerezza di un rapporto a distanza con la figlia Margot. Un romanzo che propone al lettore un’avventura intellettuale in cui s’intrecciano differenti modelli conoscitivi, quello scientifico, basato sulla ricostruzione delle catene causali, quello etico, fondato sull’individuazione delle responsabilità, quello intuitivo costruito sulle capacità personali del commissario De Santis. “Il romanzo poliziesco è la grande letteratura morale del nostro tempo” ha affermato il critico francese Jean-Patrick Manchette, e la narrazione della Pugliese accoglie numerosissimi elementi di tipo psicologico. La costruzione ingegnosa dell’azione e dei suoi esiti imprevedibili, che sono i tratti costituitivi della struttura e dell’identità del genere, si fonde con l’introspezione, una connotazione emotiva che è una cifra d’immediata riconoscibilità dello stile dell’autrice che già nelle sue opere precedenti, “Pazienti smarriti” e “Fontaine Blanche”, ha sempre dato grande valore allo studio dei personaggi, all’analisi delle emozioni, ai sentimenti. Durante il percorso investigativo emergono i vari modi di ragionare della mente e le sfaccettature comportamentali. Anche la scrittura ha un andamento vario, ora seguendo l’ordine dei fatti, ora la successione dei pensieri e degli stati d’animo, a volte calmi, a volte di getto, con un’alternanza tra presente e passato che consentono all’autrice incursioni nei ricordi dell’investigatore, quelli legati al suo luogo natio, un sud fatto di luci e di tradizioni, e alla sua città d’adozione che ama per il forte realismo e la praticità. Non ci sono veri e propri monologhi interiori o flussi di coscienza ma è ben presente uno spiccato interesse per i meccanismi psichici del protagonista e di tutti i personaggi. Ne deriva anche una notevole espansione del tempo del discorso rispetto al tempo della storia. Il commissario de Santis pensa molto; le sue impressioni, le riflessioni, la grande meraviglia verso i capolavori dell’arte di Milano, di Firenze, la consapevolezza della profondità culturale della sua terra natia, sono spesso il centro della narrazione.  Da un lato la Pugliese invita sempre i suoi lettori a ricostruire, seguendo e spesso anticipando il lavoro dell’investigatore, dall’altro li sprona ad approfondire le dinamiche sociali, i legami familiari, il rapporto con la cultura, portando il lettore a confrontarsi con un possibile metodo di conoscenza, ma anche con più modelli di realtà. Non manca l’elemento della ‘falsa soluzione’, verosimile ma non accettabile, il contro-intreccio, apparentemente inappuntabile, come l’omicidio della modella ucraina. Una terza storia, forse falsa, ma altrettanto indispensabile alla trama come la storia principale. “Una serie di ipotesi laboriosamente costruite sono via via scartate fin tanto che un’ultima teoria non calzi infine come un guanto”, suggerisce il sociologo Roger Caillois. Si tratta di un processo che si svolge non solo nel romanzo, bensì nella mente del lettore. E’ come una macchina per la costruzione di racconti possibili, quella che a ben vedere, rimane una delle chiavi del piacere che questo genere, e del romanzo di Maria Rosaria Pugliese, perché si accompagna, non tanto con l’esaltazione della fantasia, ma con le dichiarazioni di fede nel metodo scientifico, e perché il piacere dell’invenzione s’intreccia anche con l’esigenza di attribuire un significato agli oggetti e agli ambienti, nell’immaginario come nella vita quotidiana, di trovare nella certezza della soluzione, un appiglio allo smarrimento della nostra contemporaneità.