Palazzo Fuga, dal Requiem al Chiaro di luna. Augurio per l’albergo che non ebbe mai ospiti

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in foto l'Albergo dei Poveri

Attenzione: pericolo emicrania. Come sempre, quando si tratta dell’Albergo dei Poveri a Napoli. Considerato che tutto quanto riguarda la storia, la gloriosa nascita dalla matita del Fuga e notizie assortite di storia e leggenda sono rintracciabili su libri e manuali, verrò subito al dunque. Albergo dei poveri, in proprietà del Comune di Napoli è stato il protagonista dal 1995 al 2011 di ben 77 delibere comunali. Di esse: un protocollo d’intesa, nove per eventi, 6 o 7 per nomine varie, una per istituzione di una società dedicata, una per uno stanziamento Cipe, e tutto il restante numero per progetti di ristrutturazione, risanamento, bonifica, rifacimento eccetera eccetera, varie ed eventuali. A meno ancora di una manciata di delibere per parcelle e adeguamenti economici delle stesse. L’Albergo dei Poveri è stato anche oggetto di un finanziamento a valere sulle risorse del POR Campania; 2000- 2006 per un ammontare di 12.301.166,45 euro, e la Commissione europea ha chiesto nel 2012 chiarimenti in merito alla realizzazione degli interventi a farsi usando i fondi di tale finanziamento. Metti i ponteggi a Via Tanucci, leva i ponteggi, metti i ponteggi lato orto botanico, leva i ponteggi, recinta tutto lo spazio antistante l’edificio e la recinzione è ancora al suo posto mentre all’intorno è tutto fermo. Totale 26 anni trascorsi tra annunci pubblicitari a cadenza annuale ed elettorale e poi il niente. C’era una volta un film: Tanto rumore per nulla. Domanda: a parte la giostra dei ponteggi qualcuno ha notato un seppur vago cambiamento dello stato del grandissimo, preziosissimo, malconcissimo immobile? Non si vedono mani alzate, dunque non pare ci sia risposta. A parte i dinosauri in plastica, gli abusivi sui tetti, alcuni lavori, pare perfino collaudati, di cui a noi pubblico di fruitori in attesa nessuno dette contezza. Leggende sulla messa in opera di bagni pubblici, qualche fantasia radical chic per la costruzione al suo interno di due grandi serre, non pare ci sia altro. Mal di testa o lievi mancamenti sono accettati. Evitando di puntare il dito su autorità e dintorni, ci ha già pensato qualche secolo fa Fra Cristoforo senza sortire risultati eclatanti nel “Romanzetto Ove si tratta di  Promessi Sposi ”, bisogna ammettere che la curiosità è legittima. Dal 1995 al 2011 un pullulare di progetti, approvazioni, quadri di spesa, consulenze di ogni tipo e, allo stato dei fatti, l’unico lavoro di pitturazione della facciata s Piazza Carlo III e il ripristino delle due stanze all’ingresso per la mostra dei dinosauri, è oggi in rovina: pittura e intonaci in fase di distacco, esfoliazioni a piacere. Bene Anzi peggio. Dopo la valanga di quattrini stanziati, spesi e liofilizzati senza risultati, oggi si ha il coraggio di chiedere che nei fondi del Recovery Plan sia previsto un capitolo di spesa di 150 milioni di euro per l’Albergo dei Poveri. Nella governance del Recovery plan gli enti territoriali hanno quattro funzioni, Regioni ed enti locali hanno la responsabilità attuativa delle misure loro assegnate; le Regioni supervisionano i progetti gestiti dagli enti locali e si assicurano che siano coerenti con le altre politiche regionali di sviluppo; gli enti territoriali partecipano alle strutture di sorveglianza del piano e contribuiscono alla sua corretta attuazione; beneficiano degli interventi di assistenza tecnica e di supporto operativo che arrivano dalle task force. La Francia che in un solo anno, indipendentemente dal Recovery, ha già compiuto tutti i lavori per la messa in sicurezza di Notre Dame a Parigi, ha messo tra i fini del suo Recovery Plan anche i costi del restauro di Notre Dame.
Per chi avesse ancora qualche dubbio, bisogna ricordare e chiarire che il Recovery o meglio il Piano di Resistenza e Resilienza o ancora Next Generation EU (cambia il nome ma è sempre la stessa cosa) è un debito. Da restituire. Smetteranno di restituirlo i nostri figli nel 2056. Significa tasse e controlli. Non possiamo certo permettere che un centesimo, anche bucato, di questi soldi a debito possano essere male impiegati, sarebbe da suicidi. Pertanto se non si è sicuri di poter essere seri, meglio non prendere questi soldi per progetti di nebulosa fattività. Attenti dunque al pianista esecutore della serenata. Evitiamo che il Chiaro di Luna diventi un Requiem.
L’Italia, anzi Napoli dal 1995, ha avuto fondi ed emanato delibere per progetti e lavorazioni, sempre aventi oggetto l’Albergo dei Poveri, ma non sembra aver usato giudiziosamente i soldi europei o quelli provenienti dal bilancio cittadino. L’Albergo dei poveri continua a stagliarsi sulla Piazza Cavour nel suo magnifico solito e immoto stato d’abbandono e il villaggio abusivo costruito sui suoi tetti è perfettamente visibile ad oggi in qualsiasi veduta aerea del luogo. Impossibile non fare il tifo per la città, impossibile non voler pensare ad un felice epilogo della triste storia dell’albergo che non ebbe mai un ospite. Però. Il problema è l’incapacità a gestire i beni culturali. Ed in particolare a favorirne il riuso con messa a reddito come garanzia di lunga vita per gli stessi. Non basta il titolo a fare un buon libro. Non serve lo spot per gestire un bene culturale. E se una parte dei soldi del Recovery Plan dovesse davvero essere destinata all’Albergo dei Poveri, il minimo sindacale per l’affidamento dovrebbe essere prima di tutto la rendicontazione alla città e al mondo dei12 milioni trecento uno mila 166,45 euro del POR 2000/2006 e di tutti i lavori annunciati e progettati e poi puff, scandalosamente dissolti, che hanno lasciato l’edificio nello stato di abbandono che è sotto gli occhi di tutti.