Parigi brucia. La storia insegna che l’incendio non si spegnerà tanto presto

Ancora una volta i francesi stanno confermando di non gradire le cose fatte a metà. Le manifestazioni contro la riforma del sistema pensionistico, che prevede l’innalzamento della soglia temporale, cioè l’età, per uscire dal lavoro, sta incontrando una forte resistenza dei lavoratori. In maniera particolare di quelli prossimi al raggiungimento del traguardo, che hanno già organizzato il dopo. Se nulla sarà rivisto, inizieranno a godere del meritato appannaggio senile due anni più tardi del previsto. Saranno messi a riposo non più dai 62 anni attuali, ma dai 64, giusto quanto prevede la normativa in corso di approvazione. La Francia in generale e Parigi ancor più non sono nuove a episodi di guerriglia urbana come quelli che in questi giorni sta mettendo in atto la popolazione. Senza scomodare Danton e Robespierre, basta risalire con la memoria al maggio del 1968, quando il movimento studentesco portò la contestazione nata nei campus universitari di Berkeley in California fino alla Sorbonne nel centro della capitale francese. Furono ricostruite le barricate, per l’occasione realizzate non con le barriques, le botti, come avvenne durante la Rivoluzione, ma con cattedre e banchi scolastici. La frase scandita in quel momento storico, senza soluzione di continuità, dagli studenti affermava testualmente:” Ce n’est que un dèbut, continuons le combat! “, alla lettera: “questo è solo l’ inizio, continueremo a combattere”, si sarebbe rivelata profetica. E difatti così fu, tanto da infiammare a stretto giro l’Europa intera, risuonando come un inno di guerra. Volando con la fantasia, da quei tempi si può atterrare a solo qualche anno addietro nella stessa cittá, precisamente durante le sommosse dei gilets jaunes. Questi ultimi, nel novembre del 2018, iniziarono a manifestare contro l’aumento delle tasse in genere, in particolare di quelle sui carburanti, aumentate ancor più sensibilmente. Quelle sommosse, iniziate sulla sponde della Senna, presto si estesero anche esse sull’ intero territorio di quel paese. Iniziarono a scemare gradatamente dopo diversi mesi, lasciando comunque alle proprie spalle pesanti danni al patrimonio urbano di molte città. Arrivando all’ attualità, è opportuno prendere atto della risposta data ieri dal Premier Macron. Il Primo ministro ha cercato di spiegare che quel provvedimento è stato dettato dalla scarsità di finanze di cui attualmente il governo che presiede dispone. L’alternativa, subito scartata, sarebbe stata la contrazione degli importi finora corrisposti. Ciò nonostante, la temperatura della piazza è ormai al calor bianco e da essa continuano a partire messaggi chiari e inequivocabili che la protesta continuerà a oltranza, inasprendosi se del caso. Les questions d’argent, i problemi di soldi, non riguardano solo i cugini d’oltralpe, ma stanno coinvolgendo, anche se con una portata diversa, ciascuno degli altri inquilini della Casa Comune. L’ ultimo colpo, in ordine temporale, inferto alle varie economie, se non proprio di grazia, comunque sembra essersi posizionato molto vicino a esso. Lo ha inferto la Bce con l’aumento ulteriore del costo dell’euro. Solo per colore va ripetuto che l’unica componente che riceverà vantaggi da tale manovra, sarà la finanza speculativa. La stessa, così favorita nel compiere le proprie gesta, continuerà a creare sistematicamente veri e propri “pacchi”, come vengono definite a Napoli tutte le cose fasulle proposte come affaroni. Ciò che preoccupa al momento è che negli Usa, senza alcuna apparente ragione di immediatezza, la Fed sta continuando a alzare il costo del dollaro, anche se sparando colpi di calibro minore di quelli che ha usato fino a ora. Martedì scorso ha alzato quel tasso di remunerazione di 25 punti o dello 0,25%. La volta precedente era stato il doppio, 0,50%. Il presidente di quella banca centrale, Powell, ha precisato seduta stante che quel tipo di comportamento non ha ancora esaurito la sua portata. Il timore degli addetti ai lavori sì è già manifestato e consiste nel fatto che difficilmente la Bce perderà l’occasione per praticare entro giugno altri aumenti. Con il rispetto dovuto al Lagarde pensiero, i due fenomeni inflattivi, quello europeo e quello americano, che non danno ancora un segnale forte di voler mollare la presa, sono di tipo fondamentalmente diverso. Basterà solo rinfrescare la memoria sul fatto che il rialzo stratosferico dei costi energetici, che per un considerevole periodo di tempo ha influito sui prezzi di vendita dei prodotti europei, oltre Atlantico quasi non è stato avvertito. Si sta verificando quindi una situazione analoga a quella dei due medici che intendono curare con lo stesso farmaco due pazienti affetti da due mali differenti. La vicenda si commenta da sola, ma non è l’unica a turbare il sonno agli europei, compresi i sudditi di Re Carlo e quello degli americani. Sará stato il caso, saranno state altre circostanze che beneficiano di essere coperte dal segreto bancario, lo stesso universalmente adottato, certo è che, nel giro di un paio di settimane, due scossoni hanno colpito il sistema bancario internazionale. La Svb in California e la Cs in Svizzera, all’ apparenza non hanno nulla in comune se non la raccolta e la gestione del risparmio. Sotto il livello dell’ acqua e perciò non visibile da tutti, potrebbero essere innumerevoli i punti di contatto. Mentre negli Usa si stanno seguendo le normali direttive a salvaguardia dei risparmiatori, che alla fine dovranno leccarsi in ogni modo le ferite, a Berna e dintorni hanno scelto la strada che solitamente in natura percorrono alcune specie di animali. Tra di essi spiccano le iene, che attaccano prede ferite a morte, le stesse che quelle bestie tengono alla dovuta distanza in situazioni normali. Così la Ubs ha potuto comprare a prezzo pressoché vile la sua diretta concorrente, il Credit Suisse in forte crisi, azzerando nel contempo i debiti per obbligazioni che essa aveva verso la clientela. Da Ieri e fino a oggi a Bruxelles è riunito il consiglio della EU. Gli argomenti all’ordine del giorno sono tanti, tra essi in primis il problema dei profughi e la situazione in Ucraina dopo i recenti eventi in Russia. Mosca è stata la cittá scelta da Putin per lo svolgimento del meeting con XI e il suo seguito. Con attenzione più o meno simile è stato affrontato il problema della sicurezza del sistema bancario, messo in crisi di fiducia dai due episodi appena citati. Si potrà dire tutto e anche più sul comportamento di chi decide i destini del mondo ma resta salva la loro operativitá talvolta sfrenata. L ‘ottimo sarebbe che essa lo fosse, oltre che in maniera costante, sempre con propositi costruttivi. Del resto sognare è gratis, al più al risveglio si può restare delusi, niente di più.