Partiti (e giornali) in sofferenza? E’ la prova che Draghi c’è e fa. L’Italia alle prese col Governo silenzioso

La sofferenza dei partiti conferma che Draghi sta operando bene.
La loro è sofferenza silenziosa, come il decisionismo del Presidente del Consiglio, quasi si stessero allineando al costume della riservatezza. I giornali possono così sbizzarrirsi, attribuendo, a questo e quel politico, lamentele e plausi ma la verità è che Draghi “fa” senza annunciare né concordare, mentre, in passato, i governi “annunciavano” senza fare, dovendo concordare fino allo sfinimento e questo diffonde sconcerto.
Due cose hanno attirato l’attenzione della stampa: il presunto NO di Draghi a diversi milioni di vaccini all’Africa e la rivendicazione del sottogoverno Draghi di Politici alla Politica.
Le illazioni che si potevano (o volevano?) innescare sono state però asfaltate dalla nomina del Generale Figliolo al posto di Arcuri con contestuale licenziamento del dottor Borrelli. I ringraziamenti ai partenti ci sono stati, in riservatezza.
I benpensanti di Sinistra arricciano il naso sul generale Figliolo (che temano ancora i Colonnelli?) ma la strada è giusta; la Politica deve restare estranea all’attuazione delle sue decisioni, per evitare occasioni di corruzione ed essere credibile nella critica.
Quanto ai vaccini negati all’Africa, ammesso sia vero, mi viene da ridere all’idea che Sarcozy e Merkel si siano effettivamente dispiaciuti. Draghi sconta una sensibilità sociale al di sopra di ogni sospetto e può tutelare la salute degli Europei senza che neppure i buonisti pelosi possano alzare il dito.
Contingenze sanitaria, finanziaria, sociale e politica agevolano il lavoro del Presidente del Consiglio ma le critiche non mancheranno, gli Italiani sono sottilmente invidiosi, convinti come sono di subire torti da sempre senza mai essere stati risarciti. Per questo se la prendono con chi possono: il fisco guardone l’abbiamo inventato noi.
Stavolta però la drammaticità della pandemia, che ha decimato gli anziani e messo in luce la fisiologia della malasanità italiana, potrebbe condurre ad una nuova coscienza comune, ancorata alla necessità di “fare” le cose anziché “parlarne”.
I termini partecipazione, concertazione e relazioni industriali in Italia hanno prodotto un modello di gestione industriale rivelatosi insostenibile, per la particolarità della loro coniugazione.
Draghi ha costretto l’UE a salvare i paesi poveri dell’UE dimostrando che diversamente sarebbe crollato l’Euro, speriamo faccia lo stesso con i nostri sistemi industriale e finanziario, facendo quello che deve senza curarsi degli eterni innamorati delle teorie socio-economiche sugli Equomini
(uomini razionalmente equi cui si riferisce John Rawls nel suo lavoro del 2009).
Un altro campo sul quale varrebbe la pena Draghi si cimentasse visto che ha tutti i numeri è l’energetico. Attento e aperto, come è sempre, ai nuovi indirizzi e forte di riconosciuta affidabilità, non gli sarà sfuggita la scelta giapponese sul riequilibrio fra fonti di energia tradizionali e nucleare.
In 50 anni abbiamo trasformato una scelta di retroguardia presa sull’onda emotiva di Chernobyl, in politica energetica. Quella decisione va superata perché non più giustificata dati gli standard di sicurezza raggiunti e le scelte dei paesi confinanti, con cui condividiamo i rischi di incidenti indifferenti alle barriere naturali ma non i vantaggi del minor costo dell’energia che ci forniscono.