Passione civile e alto senso dello Stato

16 ottobre 2016

Il vivo ricordo di Carlo Azeglio Ciampi nel trigesimo della scomparsa

 

Passione civile e alto senso dello Stato

(*) di Giancarlo Elia Valori

E’ passato un mese dalla scomparsa di Carlo Azeglio Ciampi (venerdì 16 settembre) e il suo ricordo è ancora forte. Gli italiani non lo dimenticheranno (e fra questi chi scrive). Seguiteranno ad apprezzarlo perché è stato un grande uomo delle Istituzioni che ha avuto il merito di restituire l’orgoglio all’amata Nazione. Con lui se n’è andato un punto di riferimento. Un esempio per l’Italia di oggi, dove è così difficile trovare profili pubblici in grado di replicare quel modello. Di quel genere di “autorevole uomo di Stato”. Cioè di quel genere di figura di cui, in Italia, si è si è perso ormai lo stampo. Perciò è opportuno soffermarci sulla sua passione civile e sull’alto senso dello Stato che, in ogni circostanza, ha servito con assoluta fedeltà e impegno abnegato. La sua eccellente e illuminata opera affondava le sue radici in un senso vivissimo per le Istituzioni, che era pronto a servire con elevata competenza e con spirito disinteressato. Ne è testimonianza la lunga e brillante carriera di Banchiere centrale e di Uomo politico, scandita nel tempo da un prestigioso percorso in delicati e importanti incarichi, tra i quali: governatore della Banca d’Italia e presidente dell’Ufficio italiano cambi, presidente del Consiglio dei ministri, ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica nei governi Prodi e D’Alema. Ciampi fu inoltre il primo presidente del Consiglio e primo capo dello Stato non parlamentare nella storia della Repubblica. Da presidente del Consiglio, in un periodo caratterizzato da una fase di difficile transizione istituzionale ed economica, il suo governo riuscì a garantire l’applicazione di una nuova legge elettorale e disporre interventi sul piano economico diretti a costituire il quadro istituzionale per la lotta all’inflazione. Un tecnico di grande esperienza, dunque, al quale va riconosciuto il grande merito di aver portato l’Italia, ridotta a brandelli, nella nuova Europa. E’, per di più, un “personaggio” conosciuto dovunque e stimato, senza riserve, dai leader di tutti gli altri Paesi europei e transoceanici. Non una virgola fuori posto. Neanche nei momenti più drammatici dell’Italia  sconvolta da Tangentopoli, insanguinata dalla mafia e con un’economia sull’orlo della bancarotta riuscì a rassicurare la gente e a far uscire il Paese dall’emergenza, imponendosi come una personalità credibile e autorevole. Plasmato da una forte fibra morale, come, del resto, reclamava la delicatezza del momento. Veniva percepito come una persona di studio, di poche parole, di molti fatti concreti, di credito internazionale, di coerenza, di moralità vissuta e non di quella sbraitata. Colpiva il rapporto con le persone più semplici, che mantenne per tutta la vita, suggellando la sua azione benefica con un abbraccio sincero e caloroso. Un uomo che dietro il tratto cordiale, aperto e semplice, schivo da ogni formalismo, celava una forte, sicura, profonda autorevolezza: dote questa che lo guidava nella sua illuminata azione, che si traduceva in chiarezza adamantina degli ordini, sincerità e lealtà nei comportamenti e, sempre, adesione totale agli interessi delle Istituzioni e, quindi, della Nazione.

Metodo della concertazione

Chi scrive, allorquando era alla guida del sistema confindustriale di Roma e Lazio, ricorda l’indimenticabile “stagione concertativa” da cui scaturì lo storico accordo di luglio ’93, di cui Ciampi (da presidente del Consiglio) diede un contributo determinante. Egli ideò e pose alla base di quella brillante visione politica ogni sua esperienza istituzionale e di governo.  Quel metodo lungimirante consentì di invertire la pericolosa tendenza del grave deterioramento della finanza pubblica e contribuì poi al positivo processo di sviluppo, sfociato nell’introduzione dell’euro. Tale sistema decisionale, definito “riformismo concertato”, attraverso un confronto e un dialogo costruttivo fra imprese, istituzioni e parti sociali, consentì di aumentare la produttività e assicurare un adeguato e continuo incremento del benessere della collettività, con positive performance occupazionali e una minore incidenza della conflittualità sul piano sindacale, non soltanto nell’area regionale del Lazio, ma riproponendosi come modello sia su scala nazionale che a livello europeo. Un modello che rinnovava quello spirito scaturito dalla positiva esperienza delle “Giornate di studio di Angera”, di cui Ciampi fu degnissimo caposcuola e, chi scrive, ebbe il privilegio di essere tra i relatori del seminario incentrato sul tema: «L’inflazione, il cittadino e l’impresa». In questa logica di fondo, egli non ha mai mancato di sottolineare il valore della democrazia economica al fine di stimolare i processi necessari a valorizzare le componenti territoriali e di sviluppo. In tale quadro, da ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica, vanno a lui ascritte alcune importanti iniziative relative ai processi di privatizzazione di imprese pubbliche  come le società Autostrade e SME, entrambe presiedute dallo scrivente e alcune importanti dismissioni nel settore bancario (Credito Italiano, Banca Commerciale Italiana e IMI), che consentirono di dare una efficace risposta alle nuove esigenze collegate alla nostra partecipazione alla Unione europea.

Uomo giusto, partecipe dei valori e delle tradizioni dell’ebraismo

La straordinarietà della sua storia di vita, la profondità della sua cultura, la cordialità del suo sorriso sincero e contagioso, il suo sguardo vivo e penetrante, il suo eloquio brillante ed estremamente colto, la robustezza della sua fede non possono lasciare indifferente il cuore di chi scrive.

La memoria corre, inevitabilmente, ai momenti difficili del ’38, di cui Ciampi, educato al rispetto, all’amore del prossimo, a riconoscere agli altri i diritti che rivendichiamo per noi, non mancava mai di condannare l’introduzione delle leggi razziali, alle quali accomunava un giudizio severissimo, perché “segnarono anche il più grave tradimento del Risorgimento”. Questa sua profonda convinzione, nasceva dall’affermazione della pace sulla guerra, dei diritti umani sulla persecuzione religiosa o razziale, dei valori della civiltà sull’intolleranza, che ricordava “dipendono dall’indomabilità dello spirito umano”.

Un tributo spontaneo, dunque, a un uomo semplice e buono, che è riuscito a dilatare la sua opera saggia e illuminata oltre i confini nazionali. Il riferimento corre al 1997, quando su iniziativa del ministro del Tesoro (Ciampi) e dello scrivente (quale presidente del Comitato dei garanti per la restituzione dei beni alla comunità ebraica di appartenenza) a giugno del 2001, con Ciampi al Quirinale, vennero donati al Museo dell’olocausto di Gerusalemme quattro “bisacce” piene degli oggetti d’oro rubati dai nazisti alle vittime dell’Olocausto, dopo oltre cinquant’anni dal loro ritrovamento da parte delle truppe alleate di stanza a Trieste, ed oltre quaranta trascorsi nei depositi della tesoreria centrale del ministero di via XX Settembre.

Fedele custode del ruolo imparziale di Capo dello Stato

Carlo Azeglio Ciampi è stato un uomo giusto. Tutto d’un pezzo, galantuomo a tutto spiano, al quale l’Italia ha sempre guardato come Esempio da imitare. Un uomo di altissima moralità, sorretto da non comuni doti di equilibrio e saggezza. E’ stato, principalmente, un Presidente super partes, senza tessere psicologicamente vincolanti (nessunissima importanza per essere stato oltre mezzo secolo fra i fondatori del Partito d’Azione). Il suo “settennato” ha avuto il grande merito di ridare luce, forza e splendore al sentimento nazionale, attraverso il quale l’Italia ha potuto riscoprire i valori cardine, propri delle passate generazioni, tra i quali: l’Inno nazionale, l’amore per il Tricolore, visitato il Vittoriano e assistito all’annuale parata del 2 giugno ai Fori Imperiali, consentendo sia di rinnovare il festoso incontro fra popolo e forze armate che di ricordare il sacrifico di quanti si immolarono per la nascita della Repubblica. Non si può, perciò, non aprirgli le porte della storia. Ma soprattutto ai valori autentici della vita!