Per i grani antichi è boom di coltivazioni in Campania, grazie al crescente interesse verso la pasta 100% italiana e di qualità. Il maggior successo riguarda la varietà “Senatore Cappelli”, sperimentata in regione nel 2016 con 20 ettari, per arrivare nel 2018 ad almeno 400 ettari, quindi con un incremento di +1900%. Ma il dato dell’anno in corso è una previsione che potrebbe ulteriormente crescere. La coltivazione tocca in particolare le aree interne del Sannio e dell’Irpinia, con una prevalenza per il Cappelli in provincia di Benevento. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti Campania divulgata in occasione del World Pasta Day che si festeggia in tutto il mondo il 25 ottobre. Il Senatore Cappelli – sottolinea la Coldiretti – è ora il grano duro antico più coltivato in Italia dove è stato selezionato nel 1915 e, dopo essere arrivato a coprire più della metà della coltivazione di grano rivoluzionando la produzione di pane e pasta, negli anni ’60 ha iniziato a scomparire tanto che venti anni fa nel 1996 la produzione era scesa a meno di 10mila chili. Ma tra i grani salvati dall’estinzione ci sono anche il Timilia, il Russello, il Saragolla e molti altri. “I dati del raccolto 2017 – sottolinea Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale – ci danno una media di valore proteico del Senatore Cappelli che supera il 16%. Come è noto il contenuto di proteine influenza la qualità della pasta e la capacità di mantenere la cottura. La top quality della pasta richiede il 14%. Pertanto, come già dimostrato dal contratto di filiera agricola del grano Aureo, si smonta definitivamente il falso mito della superiorità del grano estero per la pasta di qualità. La scelta di grano coltivato in Italia è una garanzia per la tutela della salute dei consumatori, perché in Italia è vietato l’utilizzo del glifosato sul grano in preraccolta a differenza di quanto accade per quello straniero proveniente da Usa e Canada, dove ne viene fatto un uso intensivo per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato”. Una riscoperta favorita dall’entrata in vigore in Italia dell’etichetta Made in Italy per la pasta che – spiega la Coldiretti – obbliga ad indicare la provenienza del grano utilizzato come chiede l’81% dei consumatori secondo la consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole. Un elemento di trasparenza che ha portato – rileva Coldiretti – alla rapida proliferazione di marchi e linee che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, da La Molisana ad Agnesi, da Ghigi a De Sortis, da Jolly Sgambaro a Granoro, da Armando a Felicetti, da Alce Nero a Rummo, da FdAI – Firmato dagli agricoltori italiani fino a “Voiello” che fa capo al Gruppo Barilla. E avanza – continua Coldiretti – anche la produzione di grano bio, con il più grande accordo mai realizzato al mondo per quantitativi e superfici coinvolte siglato tra Coldiretti, Consorzi agrari d’Italia, Fdai (Firmato dagli agricoltori italiani) e il Gruppo Casillo che prevede la fornitura di 300 milioni di chili di grano duro biologico destinato alla pasta e 300 milioni di chili di grano tenero all’anno per la panificazione. L’Italia – continua la Coldiretti – è il principale produttore europeo e secondo mondiale di grano duro, destinato alla pasta con 4,3 milioni di tonnellate su una superficie coltivata pari a circa 1,3 milioni di ettari che si concentra nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano circa il 40% della produzione nazionale. Gli italiani – conclude la Coldiretti – sono i maggiori consumatori mondiali di pasta con una media di 23 chili all’anno pro-capite ma l’Italia si conferma leader anche nella produzione industriale con 3,2 milioni di tonnellate, davanti a Usa, Turchia e Brasile.