Pd e Bassolino, sarà un lungo tormentone

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Napoli ha un Dna anticamorra” ha detto il Presidente della Repubblica, inaugurando a Napoli l’anno scolastico. “La camorra è una dato costitutivo di questa società, di questa città, di questa regione” aveva detto, solo qualche giorno prima Rosy Bindi, la “pasionaria”, Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, in visita a Napoli. Uno schiaffo in pieno viso per la “povera” Bindi, una spinta ad avere fiducia in sé stessi, nella capacità dei Napoletani di invertire la rotta, forti di questa rinnovata consapevolezza: “Napoli ha un DNA anticamorra”. Naturalmente a patto che questa “consapevolezza” sia attiva, energica, operosa in tutti i campi nei quali i Napoletani si misurano e si confrontano. E comunque questa tragedia in atto non si affronta a furia di dichiarazioni, perché, se è inammissibile ritenere che la “camorra è un dato costitutivo della città”, è altrettanto vero che la criminalità organizzata ha innervato molti dei gangli di questo tessuto, come testimonanio gli innumerevoli successi di Forze dell’Ordine e Magistratura. E poi, sul piano sociale, è innegabile che la disoccupazione ed il degrado, soprattutto delle periferie costituiscono un “humus” nel quale soffrono migliaia di giovani attratti, quindi, dal miraggio del denaro, del potere, del successo che “garantisce” la camorra. Non mi addentro sulla funzione che svolge la fiction Gomorra, con la sua serie di “eroi”. Certo è che dalle mode adottate da troppi giovani si capisce che si fa presto a prendere a modello, anche di vita, quei personaggi. In definitiva c’è bisogno di una presa di coscienza, finalmente concreta, di questa autentico tarlo della società, che presenta aspetti complessi. Non è solo una questione di ordine pubblico! Le parole d’ordine, i messaggi, la presenza autorevole del Capo dello Stato devono essere lo stimolo per un’azione penetrante e diuturna, che veda impegnate tutte le Istituzioni a cominciare dalla Chiesa e dalla Scuola! Continuo a pensare, anche più concretamente, che una funzione speciale la debba svolgere la Formazione Professionale per cominciare ad incidere sulla tragedia della disoccupazione giovanile.

Ci accingiamo a vivere un tormentone lungo sei mesi: il ritorno di Bassolino, le primarie del PD. È chiaro che il solo pensare ad una candidatura di Antonio Bassolino fa balzare una constatazione evidente: dopo di lui, il nulla. Magari, anche per sua responsabilità: fece poco o niente per costruire una classe dirigente, degna di questo nome, pensando a se stesso, e pare ci abbia “azzeccato”!, in chiave di … eternizzazione. Anzi, fece di più e di peggio: “distrusse” o “omologò” – vedi “Diametro” – i centri del dissenso, facendo venire meno uno dei punti fondamentali di un sistema democratico, costituito dai “contrappesi” senza i quali la democrazia non funziona. Come che sia, ora siamo alla considerazione che per il PD, molti dicono anche per la Città, è lui l’uomo della speranza, al quale non si contrappone un’altra leadership, ma solo, la vaga cantilena del “nuovo” della “svolta”. Intanto prepariamoci a questo tormentone, tutto interno al PD, mentre il Sindaco ha già scelto la sua strategia di …contrasto, vedi la dura contestazione al Commissario per Bagnoli ed a Renzi, che lo ha nominato! Il Movimento Cinque Stelle è pronto ad infilarsi fra i due con buona probabilità di raccogliere meglio l’ansia di tanti di voltare veramente pagina. Il Centro Destra, al momento, non mi pare sia in partita! Chi vivrà, vedrà!

Tempo di vendemmia! Ambrogio, l’enologo di famiglia, mi dice che è una buonissima vendemmia! Sia per i bianchi, che per i rossi! C’è una bella squadra che raccoglie l’uva e c’è una buona allegria, condita da un innocente pane caldo con mortadella: Franchino, amichevolmente chiamato Mezzone per la sua… statura, antico e bravo giocatore del Forio che fu, “ordina” questa prelibata colazione e, come ai vecchi tempi, fa ancora… “squadra!” Ma il saggio del gruppo è mio cognato Francesco Salemmo, già squisito patron del Ristorante Il Capanaccio, mentre Vito ‘e Malvsiello è il contadino antico, grande lavoratore, attento ad ogni dettaglio e a non disperdere neppure un chicco d’uva. Poi ci sono i giovani come Leonardo, Gerardo, Mario e Diego, mentre Natale Sessa, con il fido Giuseppe Caruso, aspetta l’uva alla pressa. Ambrogio sovraintende al tutto, attento, insieme a Natale, a che il procedimento della vinificazione vada per il meglio. Un patrimonio di umanità dal sapore antico, del cui valore, anche per riqualificare l’offerta turistica!, spesso molti hanno perso contezza. Eppure quest’Isola una volta si chiamava Aenaria – l’Isola del Vino!