Pensioni: Mosi, senso lavoro sia valutato indipendentemente da età

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Roma, 30 ott. (Labitalia) – “Si è completamente perso il senso del lavoro, che deve essere valutato indipendentemente dall’età. In effetti, i quarantunisti chiedono di poter accedere indipendentemente dall’età anagrafica alla pensione dopo 41 anni di lavoro. Chi ha versato 41 anni di contributi alle casse dell’Inps rischia di essere posto in standby perché troppo giovane, under 62, per accedere alla pensione anticipata con quota 100 ideata dal governo giallo-verde; noi, giovani-adulti, chiediamo di eliminare le discriminazioni per età dall’ingresso del mondo del lavoro”. A dirlo, in un’intervista a Labitalia, Christian Mosi, presidente dell’Associazione Lavoro Over 30.

“Ho dimostrato – sottolinea – come i contributi assistenziali e previdenziali per un part time a 16 ore di un adulto siano maggiori di quasi 2.000 euro per un imprenditore rispetto a un apprendista assunto col limite di 30 ore. L’imprenditore, tassato all’inverosimile, decide così di dichiarare meno ore e i contratti part time in aumento ne sono la dimostrazione. Una riduzione degli orari dichiarati porta all’aumento del lavoro nero e di tutte le relative problematiche concernenti la futura pensione del giovane adulto, meno contributi verso oggi più si allontana la mia pensione un domani. Per chi volesse sostenere la causa, è possibile firmare su www.change.org/over30 e iscriversi, oppure sostenere l’associazione su www.lavoro-over30.it/iscriviti/”.

“Chiediamo al governo – afferma – di creare un provvedimento a costo zero per le casse dello Stato. Creare una proposta che tuteli il lavoratore adulto, con uno sconto sul contributo del contratto a termine per l’imprenditore che dichiarerà, attraverso il proprio consulente, di avere alle dipendenze non solo persone con agevolazioni, ma persone di tutte le età in misura equa”.

“Visto l’enorme costo – chiarisce – che l’imprenditore deve sostenere per tenere una risorsa adulta rispetto a una giovane, riteniamo per le pari opportunità che sia doveroso garantire maggiore tutela alle generazioni over 30, sia dal punto di vista pensionistico (le ore non sono dichiarate) che lavorativo, inserendo un rimborso del costo del contribuito addizionale sul tempo determinato per le aziende virtuose che con il centro servizi o i consulenti del lavoro dimostrino di impiegare adulti e giovani senza voler solo usufruire esclusivamente delle uniche decontribuzioni, ma e soprattutto della competenza che un lavoratore over 30 ha rispetto a un under 30, che si è appena affacciato al mondo del lavoro”.

“L’interesse a risolvere tale assurdità – avverte – esiste, anche da parlamentari europei del Movimento 5 Stelle che hanno fatto presente questa situazione all’Unione europea, sottolineando che è ‘un tema caldo e di cui occuparsi’. Al momento, il ministero di Economia e finanza si è dimostrato l’ostacolo più grande alla risoluzione del nostro problema, ha infatti bocciato una proposta Lega-5 Stelle che poteva servire a questa situazione”.

“Adesso – continua Christian Mosi – confidiamo che la questione pari opportunità, di competenza del ministero, si risolva, perché l’Istat ha fornito dati inappuntabili. E perché abbiamo anche ricevuto consulenza da noti giuslavoristi che sarebbero disponibili ad affiancarci per una possibile ‘class action’ a cui speriamo di non dover arrivare, dato che in effetti questo governo ci sta dimostrando una importante apertura. Anche se i giornali ne parlano poco, se confermato, ci sarà, ad esempio, un taglio Ires del 15% su chi assumerà in pianta stabile. Questo provvedimento ci dimostra l’impegno del governo, almeno in parte, contro la precarietà, visti i piccoli passi in avanti confidiamo di essere ricevuti quanto prima e che l’esecutivo comprenda la necessità di mettere in atto, fin da subito, la nostra proposta”.

“Ripetiamo, dunque, che – precisa – per garantire una pari opportunità e una giusta dichiarazione fiscale degli imprenditori è necessaria una proposta immediata che tuteli il lavoratore adulto, con uno sconto sul contributo del contratto a termine per chi assumerà non per semplici ragioni decontributive e di mera furbizia fiscale, ma per il valore del lavoratore in sé”.

“L’associazione – ricorda – composta da un comitato scientifico di professionisti del lavoro è nata per dimostrare che successivamente alle decontribuzioni giovanili vi è stato un calo di occupati, documentato recentemente dall’Istat che, nel caso decidessimo di procedere giuridicamente, potrà servirci per avvalorare una mancanza di pari opportunità alla corte di giustizia”.

“Questa situazione di discriminazione – spiega – è causata da un lavoratore adulto mal tutelato e preda della convenienza del più giovane, agevolato a cui spettano decontribuzioni. L’Associazione, che non ha scopo di lucro, è nata da una petizione su www.change.org/over30 e persegue la finalità principale di tutelare e promuovere il lavoro, in ogni sua forma, tra coloro che abbiano già compiuto il trentesimo anno di età, tanto che si trovino alla ricerca di un primo impiego, quanto nella necessità di essere reinseriti nel mondo del lavoro”.

Tutela e sostiene, altresì, prosegue, “i disoccupati e coloro che cerchino un’occupazione lavorativa, anche di natura temporanea e/o stagionale, affacciandosi nel mercato del lavoro, per la prima volta, dopo aver compiuto i trent’anni”.

“In tema di diritto al lavoro, essa si propone quale strumento propositivo e attuativo di giustizia sociale, affinché siano progressivamente abbattute tutte quelle barriere suscettibili di creare discriminazione tra lavoratori appartenenti a fasce di età diverse, a discapito di coloro che abbiano già raggiunto il trentesimo anno di età, in conformità e in attuazione del più generale principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione”, aggiunge.

Al riguardo, conclude, “l’Associazione persegue anche lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e la classe dirigente politica sulle questioni più rilevanti e/o problematiche inerenti le opportunità di lavoro e l’accesso al lavoro di coloro che abbiano superato i trent’anni d’età, nell’intento di rimuovere quegli ostacoli che impediscano il libero sviluppo della persona umana, in ossequio agli ulteriori principi di cui agli articoli 3 comma 2 e 4 comma 1 della Costituzione”.