Pensioni:ogni anno oltre 180 mila nuove reversibilità

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Il ddl delega sulla povertà appena arrivato in Commissione lavoro alla Camera prevede il riordino di diverse prestazioni sociali tra le quali l’Asdi, il sostegno all’inclusione attiva (Sia), l’assegno sociale (la pensione sociale) e la pensione di reversibilità e in generale le prestazioni “anche di natura previdenziale sottoposte alla prova dei mezzi”.

In pratica quindi si punta a riordinare le prestazioni legate al reddito. Le nuove regole – secondo quanto precisa il ddl – varranno per il futuro e le prestazioni in essere non saranno toccate. Ma per le pensioni di reversibilità il flusso annuo è consistente proprio perché sono legate alla morte del pensionato o del lavoratore che ha i requisiti per lasciare la pensione agli eredi.

Nel 2015 le nuove pensioni di reversibilità erogate sono state 183.085 (189.291 nel 2014), circa un terzo dei nuovi trattamenti complessivi (523.536 nel 2015).

L’importo medio è basso (650 euro) perché è legato alla presenza del coniuge (60 per cento della pensione del dante causa) o dei figli minori di 26 anni se universitari (100 per cento della pensione se oltre al coniuge ce ne sono almeno due). E già prevista una decurtazione a fronte di redditi oltre certi livelli (25 per cento in meno se l’erede ha un reddito superiore a tre volte la pensione minima, 50 per cento in meno con redditi oltre cinque volte il minimo) ma il ddl potrebbe intervenire proprio su queste decurtazioni amplificandole.

La razionalizzazione dovrà superare le ”differenze categoriali” introducendo in via generale ”principi di universalismo selettivo nell’accesso, secondo criteri unificati di valutazione della condizione economica in base all’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee), eventualmente adeguati alla specifica natura di talune prestazioni”. E’ probabile quindi che per definire la soglia per l’accesso si usi la componente reddituale dell’Isee ma non quella patrimoniale. In pratica la delega punta ”all’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale” e alla ”razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi, inclusi gli interventi rivolti a beneficiari residenti all’estero” fatta eccezione per le prestazioni legate alla disabilita’. 

Il ddl delega sulla povertà appena arrivato in Commissione lavoro alla Camera prevede il riordino di diverse prestazioni sociali tra le quali l’Asdi, il sostegno all’inclusione attiva (Sia), l’assegno sociale (la pensione sociale) e la pensione di reversibilità e in generale le prestazioni “anche di natura previdenziale sottoposte alla prova dei mezzi”.

In pratica quindi si punta a riordinare le prestazioni legate al reddito. Le nuove regole – secondo quanto precisa il ddl – varranno per il futuro e le prestazioni in essere non saranno toccate. Ma per le pensioni di reversibilità il flusso annuo è consistente proprio perché sono legate alla morte del pensionato o del lavoratore che ha i requisiti per lasciare la pensione agli eredi.

Nel 2015 le nuove pensioni di reversibilità erogate sono state 183.085 (189.291 nel 2014), circa un terzo dei nuovi trattamenti complessivi (523.536 nel 2015).

L’importo medio è basso (650 euro) perché è legato alla presenza del coniuge (60 per cento della pensione del dante causa) o dei figli minori di 26 anni se universitari (100 per cento della pensione se oltre al coniuge ce ne sono almeno due). E già prevista una decurtazione a fronte di redditi oltre certi livelli (25 per cento in meno se l’erede ha un reddito superiore a tre volte la pensione minima, 50 per cento in meno con redditi oltre cinque volte il minimo) ma il ddl potrebbe intervenire proprio su queste decurtazioni amplificandole.

La razionalizzazione dovrà superare le ”differenze categoriali” introducendo in via generale ”principi di universalismo selettivo nell’accesso, secondo criteri unificati di valutazione della condizione economica in base all’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee), eventualmente adeguati alla specifica natura di talune prestazioni”. E’ probabile quindi che per definire la soglia per l’accesso si usi la componente reddituale dell’Isee ma non quella patrimoniale. In pratica la delega punta ”all’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, individuata come livello essenziale delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale” e alla ”razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale, sottoposte alla prova dei mezzi, inclusi gli interventi rivolti a beneficiari residenti all’estero” fatta eccezione per le prestazioni legate alla disabilita’.