Per un regime carcerario un po’ diverso

172
Foto di Marcello Rabozzi da Pixabay

di Franco Fronzoni

La privazione totale della libertà per chi commette reati è una condanna che anche i più civili intendimenti debbono accettare per rendere regolari, i regolati comportamenti individuali ed il convivere civile.
Tuttavia, la dignità dell’essere umano va sempre rispettata e difesa, anche quella del recluso, anche quando egli stesso dimostrasse di non possederne alcuna e, quando l’avesse con le sue stesse azioni oltraggiata.
Il regime carcerario deve essere il più umano possibile, nella considerazione che, già di per sé, la privazione della libertà possa costituire la giusta punizione; immedesimiamoci nello stato di inedia del recluso che deve accettare la restrizione con l’impossibilità di poter fare qualcosa, seppur minima, per alleviare la mostruosità di un tempo che scorre senza far niente, salvo ……. girarsi i pollici fra le mani.
Pertanto, debbono essere evitati e condannati trattamenti cattivi (voluti, ma anche quelli casuali) oltretutto non rieducativi, così come invece dovrebbero risultare gli scopi delle le condanne inflitte.
Esiste comunque, il problema del trattamento dei detenuti che resta affidato al buon senso degli addetti, anche nelle occasioni di variatissimi casi di difficoltà e di provocazioni difficilmente accettabili.

Il problema dell’affollamento: perché non usare le caserme?
Una qualche sorveglianza esterna va, forse, aumentata e, se ne auspica l’effettuazione.
Esistono, però anche altri problemi, fra i quali quelli dell’affollamento e dei costi delle carceri.
L’affollamento carcerario incide fortemente sui comportamenti individuali dei reclusi (mischiando buoni e cattivi, violenti e miti etc.), peggiorando la situazione di tutti (reclusi e guardiani), ingigantendone i problemi ordinari, diuturnamente ricorrenti. Appare necessario affrontarlo alla base e, non già in termini episodici, anche perché continuativo e molto incidente nell’ordinarietà della conduzione del sistema carcerario.
Una soluzione potrebbe, ad esempio, essere quella di cui alla seguente proposta, concepita con l’esclusivo scopo di assecondare giuste critiche e di lenire lamentele e sofferenze.
Si dice che esistano 10/20mila persone in più del disponibile nelle carceri italiane, ma si dice anche che in Italia esistono 1500 caserme abbandonate, che per il nostro Stato costituiscono un altro problema per la custodia e la tutela, certamente notevolmente onerose.
Ed allora, perché non utilizzare tali strutture per diradare l’affollamento carcerario? Specialmente se destinandole ad ospitare alcune categorie di reclusi, le più meritevoli di un miglioramento del loro stato? Ad esempio, per quelli che avessero residui limitati di pena ed avessero manifestato buona condotta.
Si tratterebbe di organizzare il tutto – da parte dello Stato e/o, affidandolo ad organizzazioni umanitarie – magari anche introducendo la collaborazione operativa dei soggetti futuri fruitori del beneficio. I destinatari del beneficio potrebbero anche essere gratificati con una riduzione della pena, detrminandosi, così, un diverso, più libero e collaborativo rapporto con i detenuti, magari anche con la possibilità di contatti con i familiari. In definitiva un diverso rapporto fra custodi e reclusi, quale buon auspicio al ritrovando stato di libertà; potremmo denominarle “luoghi di fine pena”, tanto per un avvio alla totale liberazione.
Dal punto di vista della sicurezza e preoccupazioni di eventuale fuga, è da ritenersi che un insieme così organizzato sconsiglierebbe chiunque dal fuggire, per evitare il rischio di dover rientrare nel precedente regime, peggiorato dagli esiti di una ulteriore aggiuntiva condanna.
Il tutto potrebbe, verosimilmente, determinare le condizioni per miglioramento dei comportamenti dei detenuti nelle carceri ordinarie, in vista di poter raggiungere con la buona condotta, i risultati di passare al diverso regime delle nuove strutture.

Costo eccessivo a carico della collettività
Costi delle carceri. Il condannato viene mantenuto in prigione a spese dello Stato; sembra infatti, che al recluso venga addebitato un costo di 3 euro per ogni giorno di reclusione, spesso, molto spesso, neppure ottenuto. Perché così poco?
Appare più giusto che chi sbaglia paghi e non con la sola reclusione, ma anche al completo, per il costo del suo sostentamento e, almeno parzialmente per i costi dell’organizzazione, in quanto è il malfattore a determinare l’insorgere dei relativi costi per la Comunità per sua propria responsabilità. Risulta che il costo del sistema carcerario comporti una spesa per la Collettività di oltre 130 euro al giorno per ciascun detenuto; costi che non è giusto che siano pagati dai cittadini osservanti; quindi, pagamento del soggiorno obbligato a carico del recluso.
Se ne propone l’istituzione.
La proposta nasce dalla…volgare considerazione che, spesso, si teme più un esborso di denaro che non il rischio della detenzione, ne scaturirebbe, quindi, anche più attenzione da parte dei cittadini, ad evitare tale rischio.
Una legge dovrebbe stabilirne modalità ed entità, tra cui, ad esempio, la sostituzione del pagamento con lavoro civile, oppure le eventuali esenzioni (reati fortuiti, non intenzionali etc.). Al Giudice spetterebbe la determinazione delle entità secondo ciascun caso specifico e a seconda delle possibilità economiche personali, etc.
Una tale innovazione potrebbe influire significativamente nella vita carceraria e, costituire una generalizzata deterrenza a compiere reati e a migliorare i comportamenti dei detenuti in corso di sconto della pena.
Ricordiamo, senza dimenticarlo mai, che lo stato di reclusione, specie per come svolto adesso e di più in caso di sovraffollamento, induce soltanto abbrutimenti personali e risentimenti permanenti, mentre scopo della Giustizia non è la punizione, bensì l’obbiettivo di una società umana, la più ossequiente possibile alle Leggi.
Contribuiamo a migliorarlo, quanto più possibile e, al più presto possibile.