L’anno in corso era iniziato in modo incoraggiante per il settore lattiero caseario in Italia, che si prevedeva potesse crescere in modo sostanzioso vista la richiesta da parte degli Stati Uniti. Nei primi mesi del 2020 era stata rilevato un forte incremento della domanda di burro e, in misura minore, dei formaggi come riportato dall’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), che aveva fatto pensare ad un contesto favorevole per il ritorno ad una certa vivacità di import export in clima più disteso dopo le note tensioni sui dazi doganali.
Il buon umore però è durato poco, poiché l’arrivo dell’emergenza da nuovo Coronavirus ha scombussolato tutti i settori produttivi su scala globale. Dopo il trend già negativo sul finire del 2019, si può affermare che la maggior sofferenza dovuta al lockdown è per il latte fresco: benché il consumo di latte a lunga conservazione sia nettamente aumentato durante il periodo di quarantena, non è bastato per sopperire alla mancata domanda da parte di bar, ristoranti, pasticcerie ecc…
Quasi nella stessa situazione la domanda di formaggi, sia freschi che stagionati, per il quale si è registrata una contrazione dei consumi di circa un terzo per via del fermo delle attività di ristorazione. Il surplus del prodotto stagionato ha portato ad un rapido crollo dei prezzi all’ingrosso, in doppia cifra per i prodotti italiani di punta che sono il Parmigiano Reggiano e Grana Padano.
I tempi sono sempre più difficili anche per gli allevatori, che continuano a combattere contro un’inarrestabile discesa della quotazione del latte alla stalla. Tuttavia alcune società lungimiranti stanno rafforzando sempre di più la differenziazione di prodotto, seguendo le tendenze del mercato e le necessità della salute umana. Ad esempio le aziende più grosse del settore latte propongono kefir, formaggi a bassa concentrazione di grassi, yogurt e probiotici: quei probiotici tanto utili all’equilibrio del fisico perché, riequilibrando il microbiota intestinale, sono capaci di migliorare lo stato di salute generale a partire dalle difese immunitarie deteriorate dalla vita contemporanea.
I prossimi mesi potrebbero essere davvero decisivi per valutare se investire nelle aziende quotate del settore Milk & Dairy, visto che la categoria sta chiedendo alle istituzioni di prolungare la durata attribuita al latte fresco. Oltre a ciò sarà importante che i governanti muovano i giusti passi per il rilancio del Made in Italy, un marchio apprezzato da tutto il mondo che vale oltre 100 miliardi di dollari.
Il nostro Paese racchiude una delle più antiche e variegate tradizioni del lattiero caseario a livello internazionale, con oltre 400 tipi di formaggi e una filiera che garantisce una qualità e sicurezza di prim’ordine. Non c’è dubbio che all’interno di un giardinetto di investimenti una porzione possa essere destinata al settore agroalimentare italiano, indiscusso elemento di traino del nostro export, che accompagna la vita quotidiana di miliardi di persone di ogni continente; una forma di investimenti tematici, nel quale si può andare a selezionare anche in base alla sostenibilità ambientale e la responsabilità sociale d’impresa.