Plastic Village, al Plart il limite imperfetto tra architettura e design

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Tra le più importanti al mondo per la sua organicità in materia di polimeri, non poteva che attecchire dal Plart quiil progetto Plastic Village – Il limite imperfetto tra architettura e design, in cui con il coordinamento e la curatela di Cherubino Gambardella si affronta una delle questioni più complesse e attuali del nostro tempo: quella dell’immigrazione. Organizzato nel contesto di PROGETTO XXI (ed. 2015) in collaborazione con la Fondazione Plart di Napoli. Il progetto si articola in un workshop (tenutosi nei giorni 16-17-18 novembre 2015) e in una mostra (3 dicembre 2015-9 gennaio 2016).
La Fondazione di Maria Pia Incutti ha trovato in Cherubino Gambardella una mente affine al proprio profilo istituzionale nell’affrontare questo tema: la visione utopica della creazione di un nuovo tessuto urbano che traspariva nella mostra di Gambardella intitolata Supernapolie presentata nel 2014 alla Triennale di Milano, è il fondamento per affrontare un compito così multiforme come quello di ideare una soluzione abitativa di prima ospitalità in plastica, che non solo risponda alle esigenze tecniche, ma dia anche importanza a quei valori architettonici, etici e sociali che anche la Fondazione Plart si propone di sottolineare attraverso la sua ricerca. Affine con questa ricerca, Gambardella afferma l’esigenza di creare dei Plastic Village che non abbiano un’utilità puramente tecnica, ma che servano a dare “all’accoglienza un carattere gradevole sin dalla prima fase, che è quella più difficile, dell’ospitalità immediata, che va risolta in modo sorridente e architettonicamente plausibile, nell’attesa o di una implementazione definitiva della struttura di prima accoglienza o, ancor meglio, di una più solida politica di integrazione stabile“. L’architettura tessile si propone come la risposta al tema della temporaneità, divenendo non più isolamento del diverso ma un mezzo di integrazione degli individui, che in quest’ottica divengono ospiti e non più stranieri.

Durante il workshop iniziale di tre giorni, gli allievi della Seconda Università di Napoli sono stati chiamati ad esplorare, analizzare e proporre soluzioni al tema dell’abitare nomade e dell’ospitalità. L’innovativo metodo di lavoro, che prevede l’utilizzo di un tavolo a piani sfalsati, ha permesso agli studenti di fornire, affacciandosi sul lavoro dei diversi partecipanti, una risposta non più solo individuale ma, al tempo stesso, corale. Lo scopo del workshop è stato l’ideazione di uno spazio abitativo minimo pensato in plastica che non rappresenti solo una soluzione funzionale, quindi, ma che rispetti anche i principi alla base del progetto stesso.

La sfida architettonica, etica e culturale, non si è esaurisce all’interno del workshop ma diventa la base per creare una mostra che serve da spunto per coinvolgere e far riflettere tutti i partecipanti. Verranno esposte sul tavolo di lavoro, presentato così come gli studenti lo hanno lasciato dopo il workshop, tutte le loro idee sul tema. Ad esse si aggiunge il prototipo vero e proprio di una unità abitativa in legno e plastica realizzata da Gambardella