Nuovi frammenti di vita tornano alla luce a Pompei. Un disco di pietra lavorato che formava la base per un piccolo mortaio e un vaso di bronzo o di rame, un’olla, sono emersi in questi giorni dal cantiere di messa in sicurezza dell’Insula Occidentalis di Pompei a testimoniare i lavori in corso nel giorno dell’eruzione nella Casa della Biblioteca per la riparazione dei danni di uno sciame sismico precedente al terribile cataclisma che nel 79 d. c. distrusse i paesi del Vesuviano. “Oggetti semplici ma raffinati – si legge sulla pagina facebook del Parco archeologico di Pompei – con ogni evidenza abbandonati dall’artigiano fuggito per l’eruzione accanto alla soglia di un ambiente.
Il disco di pietra, perfettamente circolare e dalla superficie finemente levigata, conserva ancora un piccolo cumulo di frammenti di pasta vitrea pronti per la molitura che era necessaria alla produzione del famoso pigmento Blu Egizio, la cosiddetta Fritta egizia utilizzata per il blu/azzurro degli affreschi; dalla parte opposta della soglia dell’apertura che metteva in comunicazione il vasto ambiente voltato con la terrazza antistante –splendidamente affacciata sul Golfo di Napoli- un’olla in rame reca al suo interno un piccolo crogiuolo di ferro che probabilmente era utilizzato per la cottura degli ossidi nel processo di produzione dei pigmenti. Entrambi i reperti sono stati ora trasferiti ai laboratori del Parco per procedere alle analisi dei loro contenuti.
La Casa della Biblioteca fu scavata per la prima volta nel 1759 in una zona allora denominata Masseria Irace (nella topografia pompeiana individuata come Regio VI, Insula 17, Civico 41). La domus fu detta della Biblioteca dallo studioso Volker Michael Strocka, che identificò con quella funzione uno degli ambienti interni che ancora oggi reca uno splendido affresco della parete centrale con la raffigurazione del poeta ditirambico greco Filosseno di Citera, vissuto nella seconda metà del V secolo a.C..
Gli apparati decorativi della domus furono oggetto, negli anni, di numerose sottrazioni con lo stacco di affreschi e mosaici oggi custoditi al Museo Archeologico di Napoli; dopo il bombardamento del 1943 e il parziale reinterro, la casa fu di nuovo oggetto di scavi solo parziali negli anni Settanta del Novecento, durante i lavori di restauro dell’adiacente Casa del Bracciale D’oro”.