Pompei necessita servizi.

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Una bella gita a Pompei, avendo un po’ di tempo a disposizione ed un paio di scarpe ultracomode, puo’ essere molto illuminante per chiarirsi le idee dopo il bombardamento di commenti, soluzioni, rampogne e ricette fornite a vario titolo da chiunque abbia negli ultimi due anni sentito pronunciare il nome di questa città. E’ l’Italia dei CT, allenatori, premier ed opinionisti saputi che borbotta, punta il dito, “detta dotti detti….” , ed è la Napoli dove i giovani, che abbiano visitato Pompei, non con una visita scolastica, sono un numero veramente esiguo. Ad affannarsi tra le strade della Pompei antica c’è sempre un discreto numero di ultrasessantenni, spesso in comitiva, piccoli nuclei familiari con l’assurda pretesa di far caracollare le ruotine dei passeggini degli infanti su una pavimentazione che oggi non sarebbe piu’ percorribile neanche dalle ruote dei carri per le quali furono create, un pubblico di coppie tra i 30-40 anni. Giovani? Ventenni a coppie, in gruppo, in esplorazione solitaria? Pochissimi. Il MIBAC quando raccoglie di dati sui visitatori bada ai numeri totali e non a quelli indicativi dell’età del visitatore. Sono quelli invece i migliori indicatori per la scelta della politica gestionale di un bene culturale. La domanda, la prima, è sempre la stessa, per un monumento come per un negozio o un altro tipo d’impresa: Qual è il pubblico cui mi voglio rivolgere? Quale quello da conservare? Quale quello da conquistare?. Bastano questi interrogativi ad indirizzare tantissime scelte. Una cosa è certa: la materia prima c’è. La sua fruizione è da migliorarsi. Pompei è un fenomeno unico al mondo, quindi ci sara’ sempre qualcuno che vorrà visitarla. Questa visita è pero’ difficoltosa, estenuante e senza possibilità di riposo. Una delle prime regole per la fruizione di un monumento è che la visita sia gradevole ed agevole. Non è in discussione il valore dell’oggetto della visita, ma se la visita risulti possibile e gradevole nelle sue modalità. Il tempo minimo di una visita a Pompei è di due ore. Due ore di cammino tra cose antichissime, bellissime, stupefacenti, con la sagoma incombente del Vesuvio che ricorda con indifferente crudeltà che tutto cio’ che stiamo vedendo o attraversando, altro non è che cio’ che lui Vesuvius ( e per carità non Vesevus!), signore e padrone del fuoco, delle ceneri e instancabile lanciatore di lapilli ci ha conservato. Gente di tutte le razze e linguaggi ascolta rapito le guide che raccontano la storia, qualche episodio e l’opera della soprintendenza. Due ore ( minimo) senza sedere, in precario equilibrio sui lastroni di pietra lavica che erano l’antico selciato, due ore, minimo, con 7 punti wc su 3000 mq di area, non un piccolo e nascosto punto di ristoro. I visitatori dovrebbero fare un check up prima di accedere. Basta questo per capire come il secondo tra monumenti piu’ visitati in Italia, debba questa onorevole posizione solo alla sua nuda e cruda costituzione, storia e al pregio dei reperti. Nessun merito per la gestione, e l’organizzazione. Sarebbe prima nel mondo. Si imputa la penalizzazione ai crolli, agli scioperi, alla cattiva manutenzione del sito. Certamente. Bisogna pero’ guardare piu’ in profondità: il crollo è una conseguenza. Il problema generatore è un altro. Gli scioperi sono una risposta ad una forma di gestione. Sono anch’essi una conseguenza. Si invoca allora la mancanza di fondi. ERRORE! Fondi per Pompei ce ne sono tanti e a diverso titolo. Ben 105 milioni di euro stanziati per il Grande Progetto Pompei, dei quali solo l’1% è stato utilizzato, un altro 24% è stato destinato a lavori in fase di completamento. Il restante 75% doveva essere speso entro la fine del 2015. Ci saranno riusciti? Non si sa. I soldi pero’ c’erano e ancora ce ne saranno. Cosa manca allora? Una corretta e proficua gestione. 105 milioni diviso i 3000 mq d’area sono circa 35000 euro a mq. Cosa significa? Un unico operatore non riuscirà mai a gestire una cosi’ grande cifra contemporaneamente su un territorio cosi’ esteso e densamente costruito, perché dovrà necessariamente spezzettare nel tempo gli interventi ( e si sa che cosi’ costano di più), impiegando anche 20 anni per completare le opere. Il risultato sarà che le strutture restaurate all’inizio del processo, nel frattempo, saranno di nuovo bisognose di interventi. Sembra il gatto che si morde la coda, un vicolo cieco dal quale non si puo’ uscire. E’ vero, con questo metodo non ci sono strade. Neanche il doppio dei soldi potrebbe garantire la riuscita dell’operazione. Pompei si puo’, perseverando in queste modalità, e senza ipocrisia, dichiarare persa, costretta nel tempo ai crolli, all’inagibilità ad un ruolo quasi mediocre, nonostante il supremo interesse culturale, turistico ed emozionale che le è proprio. Quando scrivo “ proprio” intendo esattamente il significato del termine: che gli appartiene, che fa parte della sua natura della sua essenza. Ciò che nulla e nessuno potrà mai toglierle o sminuire. Una dote che non è acquistabile, studiabile, inventabile. Pompei le possiede queste qualità. Microscopiche al cospetto, le capacità di chi fino ad ora ne ha deciso le sorti. Poco importano i se e i ma. I risultati parlano da soli e illustrano volgari trattorie che ricattano i turisti con la scusa del parcheggio “ se dopo mangiate qualcosina”, venditori fuori del tempio che più che fornire gadget rifilano patacche. Parlano di gente che a fronte di alcuni milioni di euro perde il controllo, ma non denuncia la propria incapacità e si lancia in imprese improbabili quanto la loro scadenza. STOP. Non si accettano più “de dolore”. Una proposta invece: affidare la gestione, ed attenzione ho detto gestione e non proprietà, non solo ad una ma a piu’ società. Gestire una domus è diverso dal gestirne 100. Piu’ facile. Se 10 società si dividessero non solo i soldi ma la responsabilità della manutenzione , non solo questa comincerebbe e finirebbe in tempi brevi, ma sicurezza, gradevolezza, introiti sarebbero solo nel segno del miglioramento. Pochi negozi e ristoranti di qualità, non solo d’alto prezzo ma di qualità. I grandi siti culturali nel mondo funzionano cosi’ . Possibile che solo da noi non sia possibile? E malignamente aggiungo: “ Cosa c’è dietro l’angolo, che noi cittadini senza gradi non dobbiamo vedere?”