L’Italia è il Paese dell’Europa Occidentale con la più alta percentuale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale. Si tratta del 28,7% della popolazione, cioè più di un italiano su quattro e poco meno di un italiano su tre: nell’Europa Occidentale non c’è un Paese che fa peggio della Penisola, che viene battuta anche da due Paesi che hanno vissuto una crisi economica altrettanto dura, il Portogallo (25,1%; qui la situazione è anzi lievemente migliorata rispetto al 2008) e la Spagna (27,9%). Va notato, tuttavia, che il dato italiano è del 2015, gli altri del 2016. Rispetto al 2008, l’anno in cui la crisi economico-finanziaria è esplosa definitivamente, con il fallimento di Lehman Brothers (15 settembre 2008), la situazione in Italia è peggiorata di 3,2 punti percentuali: nove anni fa rischiava di cadere in miseria ‘solo’ il 25,5% della popolazione italiana. In cifre assolute, si tratta di 2,39 mln di persone in più che rischiano l’indigenza: da 15.080.000 nel 2008 a 17.470.000 nel 2015. Sempre in cifre assolute, essendo l’Italia uno dei Paesi più popolosi, è un record in tutta l’Ue; al secondo posto c’è la Germania con 16.040.000 (il 19,7%). Nell’Ue, per quanto possa essere significativa la media di realtà largamente divergenti, la situazione è lievemente migliorata, passando dal 23,7% del 2008 al 23,4% del 2016. Nell’Unione ci sono Paesi che fanno peggio dell’Italia quanto a povertà, ma sono tutti a Est: la Bulgaria (40,4%), la Grecia (35,6%), che fa parte dell’Occidente storicamente e politicamente ma non geograficamente, la Lituania (30,1%) e la Romania (38,8%). Anche a Est c’è chi fa meglio del nostro Paese: la Repubblica Ceca (13,3%), l’Estonia (24,4%), la Croazia (28,5%), Cipro (27,7%), la Lettonia (28,5%), l’Ungheria (26,3%), la Polonia (21,9%), la Slovenia (18,4%) e la Slovacchia (18,1%).
In tutta l’Ue, le persone a rischio di povertà o di esclusione sociale nel 2016 erano 117,5 mln, il 23,4% della popolazione. Si definisce a rischio di povertà o di esclusione sociale una persona che si trovi in almeno una delle seguenti tre condizioni: povertà dopo aver ricevuto i sussidi (povertà di reddito), in stato di seria deprivazione materiale o vivente in una famiglia a intensità di lavoro molto basso. Dopo tre anni consecutivi di incrementi tra il 2009 e il 2012, al picco della crisi, la percentuale ha iniziato a diminuire: nel 2016 è 0,1 punti percentuali al di sopra del minimo del 2009. La riduzione del numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale è uno degli obiettivi chiave della strategia Europa 2020. I tassi più alti si sono riscontrati in Bulgaria, Romania e Grecia, mentre i più bassi in Repubblica Ceca (13,3%), Finlandia (16,6%), Danimarca (16,7%) e Paesi Bassi (16,8%). Lo Stato che ha ridotto di più la povertà nel periodo considerato è la Polonia (-8,6 punti percentuali), quello che l’ha vista aumentare di più è la Grecia (+7,5 punti percentuali).
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