Premio Napoli a Giorgio Falco, Francesco Merlo e Guido Mazzoni. Riconoscimenti speciali a Jhumpa Lahiri, Renato Carpentieri e Maurizio de Giovanni

331
Nella foto i vincitori del Premio Napoli mostrano i premi. Da sinistra Giorgio Falco, Guido Mazzoni, il presidente della Fondazione Premio Napoli, Domenico Ciruzzi, e Francesco Merlo

Il gran finale della 64esima edizione del Premio Napoli, lo storico riconoscimento alla letteratura italiana, si è svolto martedì 18 dicembre con la proclamazione dei vincitori in un Teatro Mercadante gremito. Una festa della cultura e dell’editoria, che ha confermato ancora una volta lo spirito colto e al contempo popolare dell’iniziativa. Il presidente della Fondazione Premio Napoli, Domenico Ciruzzi, ha consegnato i premi per le tre categorie principali, votate da più di 1300 giudici lettori.
Per la sezione “Narrativa” il premio è stato assegnato a Giorgio Falco con “Ipotesi di una sconfitta” (Einaudi). Nella stessa categoria erano candidati Michele Mari con “Leggenda privata” (Einaudi) e Davide Orecchio con “Mio padre la rivoluzione” (Minimum Fax).
Per la “Saggistica” il più votato dai giudici lettori è stato Francesco Merlo con “Sillabario dei malintesi” (Marsilio). In nomination figuravano Donatella Di Cesare con “Stranieri residenti” (Bollati Boringhieri) e Matteo Vegetti con “L’invenzione del globo” (Einaudi).
Per la “Poesia” ha vinto Guido Mazzoni con “La pura superficie” (Donzelli). Gli altri due finalisti nella stessa sezione erano Mariano Baino con “Prova d’inchiostro e altri sonetti” (Aragno) ed Elio Pecora con “Rifrazioni” (Mondadori).

Le motivazioni della giuria tecnica
GIORGIO FALCO (Narrativa). Giorgio Falco racconta la storia di un cambiamento umano ed esistenziale. Il suo romanzo presenta le forme di un processo, che ha cancellato il mondo dei padri e ha trascinato i figli in una realtà caotica e squilibrata. Il mondo dei padri coincide con la realtà italiana degli anni sessanta. Prevede il decoro di un lavoro e l’orgoglio di appartenere a una comunità dignitosa e utile. Nel suo spazio la vita individuale trova riconoscimento e acquista valore. Il mondo dei figli ha smarrito qualunque sicurezza. La sconfitta, di cui parla il titolo, designa la discesa nel caos di lavori improvvisati e provvisori, ognuno dei quali costituisce il passaggio verso un’alienazione più grande e artificiale. Inserendosi nel filone della letteratura del lavoro, che vanta modelli alti come Volponi e Ottieri, Falco restituisce la storia di una generazione senza sicurezza. Il romanzo ritrova con lui la grande vocazione al racconto, che unisce, in un solo nesso, la storia dei singoli e le dinamiche della società.

FRANCESCO MERLO (Saggistica). L’epoca in cui viviamo ha reso perlopiù opache, talvolta inutili, perfino equivoche o rabbiose le parole del nostro mondo. Come se la capacità di comunicare – complice la violenta accelerazione tecnologica – si sia spinta in una terra frastornata dove è arduo ricostruire una lingua condivisa. È su questo sfondo che si staglia Sillabario dei sentimenti di Francesco Merlo. Un libro che esamina lemmi, frasi, tic linguistici che hanno imperversato nella società italiana: quella alta e quella bassa; quella politica e quella liturgica; l’Italia corrotta e l’Italia per bene. Con l’abituale precisione e bravura letteraria Merlo ci consegna la personalissima visione di un paesaggio civile sconvolto e reso quasi irriconoscibile dagli eventi più recenti. Ne scaturisce un racconto che alterna il ricordo privato (la Sicilia, con la famiglia, i nonni, la madre e il padre) a un presente che ha smarrito ogni forma di memoria storica. Scrivere è per Merlo un esercizio di lenta purificazione, una bussola per uscire dal garbuglio dell’attuale demenza quotidiana e dal protagonismo che l’avvolge. La sua lingua indiziaria documenta e affascina. Come se le parole scelgano chi scrive. Tanto esse sono incise nel cuore e nella mente dell’autore. A noi lettori, tormentati dal sospetto che niente sarà più come prima, la resa ci sembrerà meno vicina e avvilente perché da un’altra lingua, da un altro lessico, da un altro libro è pur sempre possibile veder rinascere la speranza.

GUIDO MAZZONI (Poesia). Questo libro, che alterna i versi alla prosa, la prima persona alla terza, dichiara le ascendenze kafkiane già dalle insegne che porta in epigrafe; e pare accompagnarle, tali insegne, nel cuore di una contemporaneità che ci tocca di vivere come un intrico di nervi scoperti. Le figurazioni del perturbante vengono individuate e raccontate crudamente – ma non senza pietà – sui due fronti, parimenti enigmatici e imperscrutabili, del confronto con l’interiorità e col mondo esteriore, tra i quali incessantemente si muove l’occhio del poeta: paesaggi entrambi insostenibili. Tra queste narrazioni desolate campeggiano, a contraltare e salutare interludio, le riscritture e i rifacimenti di poesie di Wallace Stevens, posti ad esempio della praticabilità dell’umano discorso e dell’atteggiamento dialogico con il mondo ai quali soltanto la veritiera oltranza della poesia, che è cocciuta fatica di risignificazione della “pura superficie” del reale, può attingere.

I premi speciali e la giuria tecnica
Alle sezioni votate dai giudici lettori si sono affiancate tre categorie speciali: il premio “Internazionale” è stato assegnato a Jhumpa Lahiri, scrittrice di origini bengalesi e premio Pulitzer nel 2000 per “L’interprete dei malanni”, la sua prima raccolta di racconti brevi; premio “Cultura” all’attore e regista Renato Carpentieri, vincitore del David di Donatello 2018 come migliore interprete protagonista per il film “La tenerezza” di Gianni Amelio; infine, premio “Napoletani illustri” a Maurizio de Giovanni, autore della saga letteraria di successo “I bastardi di Pizzofalcone”.
In questi casi a indicare i vincitori è la giuria tecnica presieduta da Domenico Ciruzzi e formata da quindici membri: lo scrittore e “paesologo” Franco Arminio, l’autore e produttore televisivo Stefano Balassone, lo sceneggiatore e regista Maurizio Braucci, il giornalista del quotidiano “la Repubblica” Antonio Gnoli, i giuristi Alfredo Guardiano e Sergio Moccia, il medico, poeta ed editore Eugenio Lucrezi. Diversi i docenti universitari in giuria: Chiara Ghidini (Università L’Orientale di Napoli), Massimo Fusillo (Università degli Studi dell’Aquila), Bruno Moroncini (Università degli Studi di Salerno), Ermanno Paccagnini (Università cattolica del Sacro Cuore di Milano), Matteo Palumbo (Università di Napoli Federico II), Monica Ruocco (Università L’Orientale di Napoli), Pasquale Sabbatino (Università di Napoli Federico II) e Paola Villani (Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa).

La storia e le attività social del Premio Napoli
Nato nel 1954, il Premio Napoli ha insignito prestigiosi autori della storia culturale contemporanea. Costituisce un unicum nel panorama culturale italiano, sia perché, a differenza di altri riconoscimenti promossi da privati, è promosso da una Fondazione costituita da soggetti pubblici (Comune di Napoli, Regione Campania, Città metropolitana, Camera di Commercio), sia perché animato da migliaia di “giudici lettori”.
Per coinvolgere un pubblico sempre più social, la Fondazione ha attivato i canali Facebook (che conta 6mila iscritti), Twitter (gli hashtag ufficiali sono #PremioNapoli e #PN18), Instagram, Telegram, LinkedIn e Goodreads, il social network dedicato ai libri. La Fondazione si avvale anche della collaborazione di una vasta rete di bookblogger e booktuber con progetti quali “Blogger leggono il Premio Napoli”.

Poeti da Secondigliano
La Fondazione da anni profonde il suo impegno affinché chi è “dentro” non sia escluso. Animata da questa convinzione, ha avviato nel 2016 un laboratorio di poesia e scrittura creativa, che ha coinvolto 25 detenuti del penitenziario di Secondigliano. In un lungo lavoro sulla lingua e in un serrato confronto con i classici, da Palazzeschi a Sanguineti, da Dante a Dylan Thomas, i detenuti si sono infine misurati con la stesura dei versi. Versi come riscatto, libertà, sfogo dell’anima, segnale di esistenza dal “mondo di dentro”. Versi raccolti nella silloge “Poeti da Secondigliano” (Ad Est dell’Equatore, 2018), che rappresenta, appunto, l’ultimo tassello di un percorso iniziato dalla Fondazione da più di quindici anni con il coinvolgimento dei detenuti dei penitenziari napoletani nei “Gruppi di lettura”.

Jhumpa Lahiri. vincitrice del premio speciale internazionale