di Maria Carla Tartarone Realfonzo
Procida, divenuta Capitale italiana della cultura 2022, mi invita a scrivere della sua storia, a ricordare i suoi preziosi luoghi. Nel nostro golfo, con Ischia e Capri, Procida è sempre apparsa l’isola più misteriosa per la sua storia: la abitarono Giovanni da Procida, signore dell’isola nel XIII secolo, il pirata Barbarossa che prese anche Capri, i feudatari Marchesi d’Avalos del Vasto, cui l’isola venne donata da Ferdinando II d’Aragona nel 1500. Nota per i suoi siti antichi, le chiese, le sue tradizionali feste, sempre seguite da tutta la popolazione, fu l’attrazione di letterati eminenti quali Lamartine, e più recentemente Morante, Salvatore Di Giacomo, Dacia Maraini: gli echi dei loro scritti, conosciuti dalla cultura contemporanea, si sentono non solo nei luoghi dell’isola, ma si ripercuotono nella letteratura internazionale che ha rivissuto le storie di Procida nei loro scritti. La storia dell’isola parte da tempi antichissimi, della quale percorrerò qualche stralcio, necessario per comprendere come sia diventato questo luogo capitale della cultura. Secondo quanto ci tramanda il geografo Strabone le terre di Ischia, Procida e Vivara, per due sconvolgimenti tellurici, furono separate dai Campi Flegrei e dal Golfo di Napoli e poi separate fra loro. Queste tre isole sembra fossero già abitate fin dal terzo millennio, considerati i reperti archeologici rinvenuti, conservati in parte nel Museo di Ischia e nei Musei di Capri. Quando gli Elleni giunsero nel golfo, fondarono alcuni siti come Pitecusa, nell’isola d’Ischia e, attorno al 750 a.C., si spinsero sulla terra ferma. In queste plaghe furono immaginati l’Ade, i fiumi infernali ed i Campi Elisi. Qui confluirono le imbarcazioni dei grandi eroi greci; ma anche i Romani, anche gli Imperatori amarono raggiungere queste coste, fino a Pausilipon ed al più antico insediamento di Megaride. Capri ebbe la preminenza, come si è visto nei reperti archeologici e storici molto evidenti nella Villa di Tiberio. Sulla cima del colle di Prokita invece i greci innalzarono un tempio dedicato a Dioniso, in quel luogo dove nel X secolo poi sorse l’Abbazia, oggi anche luogo di convegni . Tra gli attracchi, le banchine e le spiagge, la più antica ad essere abitata è la Marina delle Corricelle con la sua Chiesa di santa Maria delle Grazie. Dalla Marina si snodano le scalinate che portano in alto le strade e si aprono gli slarghi delle numerose chiese costruite nel tempo (San Cattolico della Marina Grande, San Leonardo, Sant’Antonio, San Rocco, San Giacomo Apostolo, elevata dopo la peste del 1656 e Santa Margherita) che giungono in alto, fino alla Terra Murata, all’Abbazia di san Michele Arcangelo e al Palazzo d’Avalos, a 500 metri sul livello del mare, dove pure si svolgono convegni. Il verde si insinua dappertutto sull’isola, nei siti delle “caccette”, (già le abbiamo con Giovanni da Procida, poi incrementate da Alfonso d’Avalos d’Aragona nel 1505 e dai Borbone, Carlo che amava molto la caccia), attorno alle torri quasi nascoste, tra le ville e nelle strade alberate popolate dalle abitazioni caratteristiche ricche ancora dei colori che Ischia e Capri vanno perdendo. Tre furono le torri di guardia costruite a Procida da Pedro da Toledo, che nel 1537 ne impose trecento lungo tutte le coste del Regno, per avvistare i pirati per poi chiamare nelle chiese la popolazione atterrita. Le peripezie maggiori le sofferse la Chiesa di Santa Margherita Vecchia, sempre sede recente di avvenimenti culturali, sul promontorio della Chiaiolella accanto alla torre di guardia, col suo Convento dei Padri Basiliani là radunati dopo essere sfuggiti nel Quattrocento alle persecuzioni religiose in Oriente. Il Monastero ebbe vita assai difficile finché non trovò l’ultima posizione, spostato in alto sotto i bastioni della Rocca. Lo spostamento avvenne nel 1585 e la costruzione si realizzò con molte interruzioni, alta su uno sperone di roccia instabile, che provocava frane fino a che il Convento non precipitò a valle. Recentemente, nel 2012, la Chiese di Santa Margherita è stata nuovamente restaurata e inaugurata, nel rispetto della sua costruzione antica e dei suoi reperti conservati e reinseriti, solitaria sul terrazzamento spinto sul mare. L’isola, da questi cenni, si percepisce dunque ricca di storia e di cultura conservata con rispetto e amore dalla popolazione, anche dei villeggianti che soffrono oggi di non potersi spostare nei loro luoghi amati, dalle coste morbide e sinuose, ridenti. Abitanti felici e orgogliosi del premio loro elargito.