La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 5642 ottobre scorso, ci riporta all’attenzione le difficoltà legate all’argomento fidejussioni per quanto attiene lo strumento del Project Financing. Sulla sentenza della suprema corte torneremo in seguito. Giova illustrare brevemente i tratti dello strumento in parola, che nel corso degli anni è stato vieppiù attenzionato dal legislatore che lo ha blindato con delle garanzie piuttosto difficili da gestire. Il project financing è un dispositivo che rientra nei cosiddetti – PPP Partenariati Pubblico e Privato – regolato ab initio con la legge 415/1998 (c.d. Merloni ter), che ha visto varie evoluzioni fino a giungere alla situazione odierna che lo vede disciplinato dagli articoli 183 – 186 del codice degli appalti. Le modalità innovative che rendono questo strumento molto interessante sono molteplici ed arrivano fino alla possibilità di emettere bond (art. 185) e avere una tutela privilegiata dei crediti (art. 186). Questo innovativo percorso consente la realizzazione di progetti infrastrutturali di ampia portata con l’apporto di capitale privato. Un sistema che permetterebbe investimenti privati, senza impegni per la finanza pubblica, per colmare le lacune nel sistema infrastrutturale di uso pubblico. Le potenzialità sono enormi e tutt’ora poco sviluppate per alcune criticità oggetto di continua attenzione da parte del legislatore. Descriviamo brevemente il procedimento che si articola in quattro fasi. Nella prima fase il PROMOTORE deposita un progetto preliminare inerente un’opera pubblica inserita nel programma triennale, da parte dell’amministrazione competente. A quest’ultima è demandata la valutazione ammissibilità tecnica e dell’opportunità amministrativa proposta. Riconosciuta l’ammissibilità, inizia la seconda fase con la quale l‘Amministrazione pone a gara la proposta del promotore.
Successivamente all’aggiudicazione inizia terza fase, quella della realizzazione dell’opera progettata e della sua gestione, da parte del privato, fino a soddisfare la remunerazione del capitale investito dal promotore e di una parte di remunerazione capitale di rischio coerente con l’impegno profuso. Veniamo adesso alla parte che più interessa il fronte delle fidejussioni.
Come novellato dal nuovo codice, vi è una prima garanzia – conforme all’articolo 93 del Codice – fissata nel 2% del valore dell’investimento, che deve essere presentata dal concorrente a corredo dell’offerta per coprire la mancata sottoscrizione del contratto per fatto imputabile all’aggiudicatario. La presente garanzia è determinante perché, con effetto a catena, impegna la fidejubente a rilasciare tutte le garanzie successive, tra cui quella per la partecipazione alla gara. Questo assunto è confermato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5642/2018 sopra citata, che ha confermato per intero tale l’obbligo validando il diritto della stazione appaltante ad incamerare la garanzia anche a seguito della mancata partecipazione alla gara indetta, da parte del soggetto proponente. Nello specifico il soggetto proponente, dopo aver formalizzato la proposta progettuale ha ritenuto di non partecipare alla successiva gara di appalto. La gara, ancorché svoltasi con regolare aggiudicazione, ha determinato il diritto della Stazione Appaltante all’escussione della garanzia. Ritorniamo alla procedura. Valutata la fattibilità delle proposte avanzate sotto il profilo costruttivo, urbanistico ed ambientale e verificata l’assenza di elementi ostativi, l’Amministrazione indice gara d’appalto alla quale i partecipanti sono tenuti a presentare una garanzia fissata nella misura pari al 2,5% del valore dell’intero investimento, volta a ricoprire le spese di predisposizione della proposta, nel caso in cui l’aggiudicatario rinunci. Anche in questo caso la garanzia impegna il fidejubente a rilasciare tutte le garanzie previste per la terza e quarta fase. La terza fase è quella della realizzazione dell’opera, che prevede il rilascio di una garanzia definitiva di cui all’articolo 103 del Codice degli appalti con la quale si copre la fase di realizzazione dell’opera.
Siamo alla quarta fase, quella più delicata. A questo punto l’aggiudicatario deve costituire una cauzione con la quale si garantisce il 10% del costo annuo operativo di esercizio a copertura delle penali per il mancato o l’inesatto adempimento di tutti gli obblighi concernenti la gestione. Tale forma di garanzia è fondamentale in quanto – per espressa previsione normativa – la mancata presentazione costituisce grave inadempimento contrattuale. Questo il punto dolente per i “cauzionisti” professionisti del settore, che trovano molte difficoltà a trovare soluzioni: non vi è mercato assicurativo per queste garanzie la cui durata, collegata al progetto, di norma è ben superiore a 20 anni. Per un intermediario affiancare un imprenditore, fornendo supporto per le garanzie fideiussorie in un project financing, è un onere molto gravoso. Fin dal rilascio della prima garanzia, il fidejubente rimane impegnato nel rilascio d tutte le garanzie successive, inclusa quella per la gestione che trova poche soluzioni sul mercato. Una rivisitazione degli schemi di garanzia, che preveda un vincolo meno gravoso dal punto di vista della durata – magari con delle rivisitazioni e adeguamenti quinquennali – renderebbe più agile questo strumento che potrebbe rappresentare un concreto espediente per il rilancio degli investimenti e delle infrastrutture.
Salvatore Magliocca