Proust nel giardino di Babuk

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C’è un luogo a Napoli, tra i tanti che fanno di questa città un microcosmo culturale e antropologico, dove le barriere del tempo e dello spazio si dissolvono. Nessuna operazione esoterica o trascendentale ma una sinergia di sollecitazioni letterarie, storiche, ambientali, coordinate da Gennaro Oliviero, docente per diversi anni di Diritto del lavoro alla Federico II, attraverso l’associazione “Amici di Marcel Proust che dal 1998 organizza seminari, conferenze, incontri e letture, dedicati a una conoscenza più vasta e precisa dell’opera del grande scrittore francese.

Siamo alle spalle di via Foria, nel cortile del palazzo eretto sul finire del XVI secolo dalla famiglia Caracciolo del Sole. Su una superficie di oltre mille metri quadrati si estende un giardino dedicato a un gatto dal nome orientale. Évelyne Bloch-Dano descrive i giardini come il riflesso delle società e degli individui. Ognuno dà informazioni sui sogni, sull’ideale di felicità di chi lo crea e lo descrive, è uno specchio della cultura che lo ha prodotto. 

Fiori, girasoli, alberi di limoni, un antichissimo faggio e tante specie vegetali provenienti anche dal vicino Orto Botanico, fontane e dipinti, sussurri e cinguettii, un mondo di odori e rumori, di vita e riflessione. Tra le aiuole del giardino di Babuk le tracce delle sepolture dei feti delle suore del Convento dei Saponari, stuprate dai soldati francesi entrati a Napoli nel 1799 al seguito di Championnet, sul muro un affresco dell’600 e l’entrata all’ampio Ipogeo scavato nel tufo.

Proust non amava stare nei giardini e neppure in campagna a causa dell’asma lo affliggeva eppure li descrive con grande accuratezza, come un pittore. “Eppure quanti fiori, quanti giardini ci sono nei suoi libri! Giardini immaginari, certo, ma drenati di memoria, irrorati dai ricordi d’infanzia, dai soggiorni presso i suoi amici, dalle passeggiate in carrozza o in auto: giardini ormai vietati, contemplati nella mente dalla camera chiusa in cui scrive. Giardini ricreati”.

A quale dei giardini immaginari di Proust potrebbe somigliare il giardino di Babuk? A rispondere è lo stesso Oliviero. “A Illiers Combray, luogo d’infanzia di Proust, esiste un giardino, denominato “Pré Catelan”, un tempo di proprietà di uno zio di Proust, a qualche centinaio di metri dalla casa che oggi è un museo proustiano – dice – Si dà il caso che il Giardino di Babuk è situato a qualche centinaio di metri dal Museo Archeologico (nei pressi del quale io abito). Ecco dunque l’equazione o la suggestione”.

Proust non venne mai a Napoli. Non fu un grande viaggiatore come alcuni suoi contemporanei quali Rimbaud, Oscar Wilde, Gide. Arrivò fino a Padova, nel 1900, per ammirare gli affreschi della Cappella degli Scrovegni e bollò l’Italia come “terra inestetica” per la scarsa cura del patrimonio artistico e monumentale.

Di Napoli, dice Oliviero, Proust “avrebbe amato il clima, certamente, considerata la salute precaria di Proust, che lo costringeva a usare abbigliamenti invernali anche nella stagione. Di Napoli avrebbe apprezzato anche un certo côté omoerotico, che ha alimentato fino a pochi decenni fa un turismo…interessato, prima che il primato in materia si trasferisse nei paesi del Magreb (dove era presente fin dall’Ottocento, si pensi ai viaggi di Gide…). Naturalmente, essendo Proust amante di ogni forma d’arte, segnatamente di pittura e di musica, non avrebbe trascurato le tante opportunità che la nostra città offre al riguardo”.

È difficile resistere al bisogno di trovare prove tangibili dell’opera di un autore che si ama. Eppure anche a distanza un grande scrittore è capace di farci ritrovare intatte sensazioni e impressioni. Gennaro Oliviero le ha coltivate come le piante del suo giardino innestandovi un’intensa attività culturale. L’associazione Amici di Marcel Proust, infatti, rientra in una federazione europea di associazioni proustiane che fa capo all’IMPI (Institut Marcel Proust International), con sede a Illiers-Combray presso il Musée Marcel Proust – Maison de Tante Léonie.  Prestigiosi, sono i Quaderni Proustiani – che hanno ormai raggiunto una vasta notorietà con recensioni comparse su quotidiani e riviste nazionali e straniere. Nel 2013, in occasione del centenario della pubblicazione di “Dalla parte di Swann” è stato realizzato il volume celebrativo dell’autorevole rivista francese “EUROPE”, presentato alla Sorbonne a Parigi.

“Il prossimo numero della rivista (che è annuale) – spiega Oliviero parlando di Quaderni proustiani – sarà dedicato alla figura di Philippe Chardin, uno dei maggiori studiosi di Proust a livello mondiale, deceduto nel gennaio scorso. Philippe Chardin è stato il responsabile della sezione in francese (la rivista è bilingue, italiano/francese) a partire dal 2005. Ha tenuto diverse conferenze a Napoli (al Grenoble e all’Università Federico II ), a Milano, a Venezia e a Trieste negli ultimi anni. La direzione della sezione francese è stata affidata alla prof.ssa Geneviéve Henrot Sostero, titolare della cattedra di lingua francese nell’Università di Padova”.

Dalle pagine di Swann sulla lettura in giardino, Proust ci descrive il piacere che provava quando, nascosto nella sua nicchia di stuoie, guardava gli oggetti esterni. Immerso nella lettura, egli sentiva che, pur se guardava ciò che accadeva “fuori”, il suo pensiero era per lui come un’altra nicchia più segreta, in fondo alla quale era bello stare annidato” scrive Paola Musarra. 

Dal suo angolo di verde partenopeo Gennaro Oliviero guarda, con il contributo di esperti e studiosi, alla grande lezione de La Recherche, evidenziando quanto il nostro rapporto di lettori di un’opera letteraria sia “irripetibile”, quanto “il lettore di prima e quello di dopo non sono più la stessa persona”. Una sorta di “vertigine” in cui cadono spesso i lettori accaniti di Proust – scrive nella conclusione del suo saggio  “Proust e le Cattedrali” – che poi è il piacere di una struggente inoubliable lettura, quella suggerita da Stefano Agosti: La Recherche: un’opera incessantemente Futura”.