Quante storie dietro quei pastori ritrovati

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Pastori che potrebbero raccontarne di belle, anzi di brutte. Bruttissime. Dopo essere stati esposti nelle case dei delinquenti che li avevano trafugati, dopo essere stati spettatori di infime e sporche trame di sangue, le piccole opere d’arte sono in attesa di essere riabbracciate dai legittimi proprietari. Eccoli tutti in mostra nella Basilica di San Domenico Maggiore in attesa di essere riconosciuti. Si potrebbe addirittura sperare di assistere, nella magica atmosfera natalizia, al riconoscimento insperato da parte di un visitatore. Tantissime le storie da raccontare, per far vivere ai visitatori una mostra dalla doppia valenza: il giusto riconoscimento ai Carabinieri per un risultato importantissimo che ancora una volta decreta il soccombere della delinquenza allo Stato, ed il segno della civiltà cristiana che è potente e desiderabile anche da chi proprio osservante o credente non è. Certamente il valore economico delle statuette ritrovate è innegabile, ma a parità di valore nel mondo ci sono tante cose da rubare. Perché mai rubare proprio statuette di presepe, specie se la propria vita non si può lontanamente avvicinare ai principi della fede che si attribuiscono al presepe?
Elementare ragazzi, elementare. Il presepe è il simbolo di una civiltà che da millenni sopravvive a sconfitte, brutture e corruzioni dell’ideale perchè è la nostra civiltà, quella di una parte di mondo che laica o religiosa, credente o atea comunque si riconosce nel culto della pace, della famiglia e della tradizione. Questa è l’identità culturale della civiltà occidentale. Il cristianesimo non è solo una fede, è una civiltà che si esprime con esempi letterari, artistici, musicali che hanno un valore universale. Non c’è da dire: il bambino tra mamma e papà, le scene di vita dall’osteria alla lavandaia, le donne al balcone, le scollacciate, i pastorelli e gli ubriaconi, i gaudenti, i curiosi ed il famoso pastore della meraviglia sono ritratti della nostra civiltà. I nostrl usi e costumi, quegli stessi che sono stati dipinti e scolpiti fin dagli albori della pittura occidentale. Benozzo Gozzoli, Gentile da Fabriano e tanti altri hanno dipinto quella festa speciale che è la natività. Il presepe la rappresenta in 3D. Tutto lì. Tutto in quell’assemblaggio di statuette colorate. Gli “Ante” e ”Post Christum Natum” usati anche da chi dalla religione è lontanissimo, potrebbero essere rappresentati con un immagine del presepe oppure dello stesso ma con una barra sopra. L’esposizione avrebbe potuto narrare tante storie, dal ritrovamento al misterioso e sconcertante cocktail tra efferrata delinquenza e immagini sacre. Il presepe non ha bisogno di molto per emozionare, ma in particolare le statuine frutto del ritrovamento hanno una storia in più che meritava un attenzione speciale. In fondo per vedere un infilata di presepi ci sono i cataloghi che si offrono al pubblico senza alcuna offerta interpretativa. Anche se solo fino alla restituzione dei pastori ai proprietari, sarebbe stato interessante sperimentare le tecniche dello story telling con l’interpretazione.