Referendum sulla giustizia, esito scontato. Italiani brava gente? Aveva ragione Draghi, non è un dogma

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Chi dicesse di essere rimasto meravigliato dell’esito del referendum, o negli ultimi mesi è vissuto in una di quelle isole agli antipodi del Paese, neppure riportate sul mappamondo o, più probabilmente, pur se informato, avendo ben altro a cui pensare al momento, ritiene che da solo tanto basti e avanzi. Certo è che una popolazione che (non) si è recata alle urne per manifestare direttamente il suo pensiero su un problema così importante quale è la riforma della giustizia, in ragione di meno della quinta parte degli ammessi al voto, non ha dato certo prova di grande senso civico, inteso quest’ultimo con forte rigore etimologico. Probabilmente chi crocifisse all’epoca il premier Draghi che sosteneva che “italiani brava gente” non era un dogma, oggi dovrà correggere il tiro. Sarà opportuno che aggiunga, a seconda dell’ importanza che intende dare all’ accaduto, a scelta, o talvolta o non sempre. Tanto è esaltato da quanto è accaduto per la notevole diserzione dei presidenti di seggio a Messina. Essa è sembrata ai più la prova del nove di quanto sia diventata limitata la partecipazione di molti italiani agli impegni di transizione del Paese in una nuova era. Quella che sarebbe dovuta cominciare in coincidenza dell’inizio dello scorrere dei primi anni di questo secolo, il primo del terzo millennio. Non è il caso di approfondire questa parte non esaltante del vivere sociale degli italiani, ma anche procedendo a spanne nella disamina del problema, si è costretti a trarre conclusioni non edificanti sul prosieguo dell’evoluzione socioeconomica di questa non più giovane repubblica. Intanto una prima riflessione ha fatto convenire su una triste conclusione, condivisa unanimemente, gli avventori del Bar dello Sport di prima mattina. Sono gli stessi che durante la stagione calcistica il lunedì già di buon’ora vestono i panni un pò stretti di commissari tecnici. Aggiungendo di avere alle spalle un lungo vissuto sportivo domenicale, sui divani davanti alla TV , giammai a bordo campo. Questa mattina si sono rivelati anche cinefili, ripetendo il commento che Totò fece in un film, in merito a una situazione non molto diversa da quella del flop referendario: “E io pago!”
Ancora una volta, da dove si trovano, i padri costituenti avranno arricciato il naso se non singhiozzato, prendendo atto di come sia interpretato da un pò di tempo il risultato del loro lavoro, l’ordinamento repubblicano della nazione. Hanno concluso che, a tutto quanto stava già andando a fuoco in un momento in generale così sfavorevole, in particolare per l’Italia si stesse aggiungendo altra negatività di cui non si avvertiva minimamente la mancanza. Valga il vero. Dalla composizione sociale a tutto tondo della nazione, è venuto fuori tutto, probabilmente anche di più, lo scollamento che da tempo esiste tra il Paese reale e la sua rappresentanza politica. Tanto soprattutto nei luoghi e nelle espressioni in cui dovrebbe venir fuori tutta la sua funzione di indirizzo. In qualche modo l’esecutivo sta cercando quando di contenere, riferito alle manifestazioni di piazza, quando di dribblare, pro bono pacis, nel caso di eventi come la convocazione referendaria con quanto è accaduto in Sicilia, il malessere diffuso. In tal modo, rimandano al ritorno in bonis un approccio radicale alla sistemazione di tale distorsione. Intanto la nave va, non una di quelle cariche di grano e altri cereali che non riescono a salpare l’ancora dai porti dell’Ucraina. È invece quella della ordinaria amministrazione, cioè l’attività, corrente e straordinaria, di buon governo, che il settore pubblico deve continuare. Cosi andando le cose, molti sono i punti in comune dei preposti a tanto con Pagliaccio, il personaggio dell’opera lirica omonima di Leoncavallo. Così il Premier è partito insieme a alcuni componenti del suo staff per un tour de force in Medio Oriente, che lo vedrà colloquiare con il diavolo per poi bagnarsi la fronte subito dopo con l’acquasanta. L’ordine appena indicato è casuale, perchè Draghi incontrerà, tra gli altri, anche il premier israeliano e quello palestinese. Per rimanere in sintonia con quel territorio, va aggiunto che in campagna questi leaders sarebbero entrambi definiti legno non adatto per fare crocefissi. Sempre nel Vicinato di fuori, sottinteso le mura, come un tempo era indicato burocraticamente la zona agricola di un insediamento umano, si usa dire che quando si vuole ottenere a ogni costo qualcosa, ci si deve recare di persona la dove essa possa essere disponibile. Se la mancanza di quel bene o quel servizio non è avvertita in modo particolare, allora è possibile delegare altri. Vale a dire che il Primo Ministro italiano sta andando in quei luoghi come in altri sempre ricadenti a est, non proprio sicuri, in visita ufficiale come le stesse sono definite in gergo diplomatico. In realtà, scaturite dall’esigenza di consentire, al più presto e nella maniera più ampia possibile, il distacco del Paese dai rubinetti del gas della rete Gazprom, quindi dalla dipendenza dalla Russia. È stata talmente forte la spinta ricevuta da quell’economista italiano e internazionale, che è partito senza nemmeno attendere i risultati della tornata elettorale appena terminata per il rinnovo di alcune cariche amministrative. Del resto il Professore non è un politico e, alla carducciana maniera si contenta della soddisfazione per il dovere compiuto. Per quanto ciò possa sembrare bizzarro, molto spesso di tanta competenza scientifica e tecnica gliene viene fatto, più o meno gratuitamente, addebito. Fosse solo per l’insegnamento a sopportare, ricevuto negli anni del liceo dai Gesuiti, lo stesso può essere più che contento per la scelta fatta all’epoca. Per dirla con Snoopy: ” è una lunga, lunga strada”. Con l’augurio che l’ umanità ne abbia giá percorso un bel tratto verso una dimensione più vivibile.