Seguire l’evoluzione del tumore al cervello più diffuso e aggressivo, il glioblastoma, fin dalla comparsa delle prime cellule maligne, per aprire la strada a nuove possibilità di cura grazie a informazioni sullo sviluppo della malattia finora inaccessibili con le tecniche di indagine sperimentale convenzionali. Tutto questo oggi è possibile grazie a un “codice a barre” genetico, che rende ogni cellula tumorale tracciabile e identificabile nel tempo e nello spazio, così da poter seguire passo passo la crescita della massa tumorale in un modello sperimentale nel topo. Grazie a tecniche di biologia molecolare avanzate, come l’analisi del trascrittoma, e a modelli computazionali che hanno consentito di simulare al computer l’evoluzione del tumore, è stato possibile studiare i fattori che ne influenzano la crescita, come le dinamiche di diversificazione e selezione che si instaurano fra i diversi cloni di cellule neoplastiche. L’innovativo approccio, che apre la strada a nuove scoperte e possibilità nella ricerca e nella cura del glioblastoma, è stato messo a punto da un team di ricercatori dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova e del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università di Genova, guidato dal Prof Paolo Malatesta con il principale contributo di Davide Ceresa. I risultati ottenuti sono stati appena pubblicati su Cancer Cell, una delle riviste più importanti del settore. Il glioblastoma, con circa 1.500 nuovi casi all’anno in Italia, è il tumore cerebrale più diffuso ma anche il più aggressivo e ancora oggi poco conosciuto nelle fasi iniziali. Più frequente negli uomini che nelle donne (1.6 a 1) e nella fascia d’età fra i 45 e i 75 anni, rappresenta il 45% di tutti i tumori che si sviluppano nel cervello. Le radiazioni ionizzanti, come raggi X e gamma, sono riconosciute come fattore di rischio per la comparsa del glioblastoma, che dà sintomi quando la massa tumorale, espandendosi, aumenta la pressione e dilata i vasi sanguigni provocando disturbi come mal di testa a intensità crescente, vomito, attacchi epilettici. “La terapia è estremamente complessa e, sfortunatamente, non offre ancora una soluzione definitiva – osserva Paolo Malatesta, coautore dello studio, responsabile del Programma di NeuroOncologia Sperimentale del Irccs San Martino di Genova e professore di Biologia Molecolare presso l’Università di Genova – Attualmente, l’aspettativa di vita per i pazienti affetti da glioblastoma rimane inferiore a tre anni; il miglioramento delle cure potrebbe passare tuttavia da una maggiore comprensione dello sviluppo del tumore, che è molto eterogeneo dal punto di vista cellulare ed è poco conosciuto nelle sue fasi iniziali”.