(Iniziativa legislativa, referendum propositivi ed il voto a data certa)
Premessa: questo è il terzo di una serie di articoli sulla riforma costituzionale che saranno pubblicati sulla rubrica Ius in itinere. L’intento è quello di provare a spiegare la materia anche a coloro che non sono pratici, nella maniera più chiara ed obiettiva possibile. Precedentemente e’ stata illustrata la parte del testo normativo riguardante la fine del bicameralismo perfetto, questo ed il prossimo articolo tratteranno, invece, le restanti modifiche apportate alla Carta Costituzionale.
La nuova riforma costituzionale, oltre a modificare la composizione e le modalita’ di elezione del Senato della Repubblica apporta ulteriori cambiamenti alle procedure legislative che vale la pena, seppure in maniera rapida e sommaria, esaminare.
Innanzittuto e’ necessario rispondere alla seguente domanda: con un sistema bicamerale “imperfetto”, a chi spettera’ l’iniziativa legislativa?
In realta’ la prima parte dell’art. 71 della Costituzione resta immutata e, pertanto, rimane prerogativa del Governo e di ciascun membro delle Camere la possibilita’ di presentare un disegno di legge.
E’ stato, poi, aggiunto un secondo comma in base al quale il Senato della Repubblica, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, puo’ richiedere alla Camera di procedere all’esame di un ddl nel termine massimo di sei mesi. In questo modo e’ possibile, per una maggioranza qualificata di senatori, incidere sui lavori parlamentari della Camera dei deputati.
Anche i cittadini italiani possono partecipare ai processi legislativi: la riforma aumenta il numero di firme necessario per presentare un disegno di legge al Parlamento da cinquantamila a centocinquatamila elettori, ma, nello stesso assicura tempi certi di discussione, dato che, allo stato attuale, raramente arrivano ad essere presi in considerazione i progetti di iniziativa popolare.
L’art. 71 contiene anche un’altra importante novita’, ovvero la possibilita’ di indire referendum propositivi e consultivi, con l’obiettivo di rafforzare gli strumenti di “democrazia diretta” ed invitare i cittadini ad essere parte attiva della comunita’. Grazie al primo sara’, appunto, possibile proporre nuove leggi, mentre con il referendum consultivo sara’ possibile testare la volonta’ popolare in merito ad un tema specifico.
Attualmente la nostra Costituzione prevede soltanto il referendum abrogativo, regolato dall’art. 75, tramite il quale si puo’ procedere all’abrogazione totale o parziale di un testo normativo. Da segnalare, a tal proposito, la modifica del quorum necessario affinche’ il referendum abrogativo sia valido: se la proposta referendaria e’ avanzata da ottocentomila elettori, sara’ sufficiente che la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati eserciti il proprio diritto/dovere di voto. Grazie a questo cambiamento sara’ piu’ facile – o almeno questa e’ la speranza!- il raggiungimento del quorum e, quindi, l’eventuale abrogazione delle norme oggetto dei quesiti referendari; per avere un’idea: in Italia dal 1974 si sono svolti 66 consultazioni e soltanto in 23 casi e’ stata raggiunto sia il quorum, sia la maggioranza per il ‘si’.
Infine, sempre restando nell’ambito procedimenti legislativi, la riforma introduce il c.d. voto a data certa. L’ultimo comma del nuovo art. 72 stabilisce, infatti, che, escluse le leggi approvate secondo il procedimento di cui all’art. 70, primo comma (ovvero le c.d. leggi bicamerali), il Governo puo’ chiedere alla Camera dei deputati di deliberare che un ddl, indicato come essenziale per l’attuazione del programma di governo, sia iscritto come priorita’ nell’ordine del giorno e sia sottoposto alla votazione finale nel termine di settanta giorni dalla deliberazione. Un’aggiunta che trova il suo fondamento nella volonta’ di velocizzare i tempi di approvazione delle leggi, ridurre l’uso/abuso dei decreti-legge e, soprattutto, di garantire a chi governa la possibilita’ di concretizzare quanto previsto nella propria agenda.