Mentre il disordine organizzato pervade la società italiana ripartono i confronti internazionali

Si fanno sempre più diffusi i tentativi di applicare esoscheletri alla struttura decisionale del Paese, in senso lato alla politica. Non costituiscono una novità, anzi! Sono la conferma di un andazzo che si vorrebbe dare per scontato, ma che tale non è, almeno per il momento. Aggiungendo l’augurio che in qualche modo il fenomeno retroceda, fino a ritornare nell’oceano delle chiacchiere on demand che nulla hanno a che fare con l’informazione in senso stretto. Senza confondere la portata e la opportunità che hanno ripreso, finalmente in presenza, attività di confronto divenute pressoché istituzionali. Ultima di esse è stato il meeting di Davos, mentre il disordine generalizzato che sempre più sta pervadendo la società italiana la rende oggetto di pressioni a prendere nota dall’esterno a ameni quanto improbabili giochi di società in salsa bucolica. Da anni si subisce anche inconsciamente la propagazione di un verbo che trae le sue origini da conversazioni da dopocena. Esse maturano in quella che è stata definita, a buon titolo, la terza camera o camera ombra. Quindi, andata la stessa in trasferta nei campi, i personaggi che la animano vorrebbero stupire con effetti speciali green, adottati grottescamente per la bisogna. Affrontando così il dibattito sull’attuale situazione economica e politica a ampio raggio, con la stessa coerenza di chi indossa un cappotto all’equatore o un paio di bermuda ai poli. Sia ben chiaro, queste considerazioni da di di festa sono lontane millanta miglia dal voler mettere in discussione la validità e la sagacia dei “parlamenti”, così nei campi sono definite le conversazioni a tema, veri e genuini brain storming. Peraltro esse sono decisamente spontanee e senza condizionamenti ideologici, in quanto nelle masserie, quelle originali, sono messi in discussione anche i contenuti dei vari telegiornali. Poche e monotematiche le fonti di informazione di quei lavoratori dei campi, seppure seguite fideisticamente: L’ Informatore Agrario, Terra e Vita e Il Giornale dell’ Agricoltura. Il culto della lettura delle stesse, concentrata per lo più nella giornata festiva, si tramanda di padre in figlio. Senza pretese e, soprattutto, senza secondi fini, i villici quando si esprimono, soprattutto se in precedenza non si sono risparmiati qualche bicchiere di vino, non la mandano a dire. Al di là di un comportamento quanto meno fuori luogo, in particolare in un momento più che delicato come quello attuale, sulla opportunità di tali convention villane- absit injuria verbis -la domanda che si può mutuare da Cicerone, che da sola vale un manuale di buon senso, è: “cui bono?” Solo dei protagonisti, può essere una risposta, che sottolinea così una loro caduta di stile e di professionalità di notevole portatata. Nè vale come attenuante generica di tale peccato de hubrys che negli USA, tanti anni fa, Ed Sullivan ospitò nel suo show, tra gli altri, l’allora presidente degli USA Richard Nixon.L’ Agricoltura, proprio con la A maiuscola, sta richiamando su di sé l’attenzione che le è dovuta in quanto settore primario dell’economia. Lo è universalmente, quindi non solo per la classificazione statistica che, or volge il secolo, ne fece uso nel Paese il Professor Einaudi. Sulla colpevole incuria che ha portato all’abbandono nel mondo, seppure a macchia di leopardo, di milioni di ettari, solo da poco l’informazione ha cominciato a dare notizie particolareggiate. E pensare che, negli anni ’60, la ricerca scientifica in agronomia, condotta in maniera particolarmente brillante in California e in Israele, riuscì a individuare tecniche particolari di fertilizzazione del deserto dissalando l’acqua del mare. Fece scalpore l’affermazione di un gruppo di ricercatori dell’Università di Gerusalemme che erano arrivati alla conclusione scientifica che, per rendere fertile per la profondità di un metro un terreno incolto, occorressero cento anni, mentre per il processo inverso ne fossero sufficienti dieci. Non sarà sfuggita all’opinione pubblica l’osservazione che il fantasma della crisi alimentare mondiale, nell’ultimo mese abbia sorpassato per appeal lo spettro della crisi energetica ormai in piena corsa. Il teorema formulato in campagna molti anni fa, che afferma categoricamente che dalla zappa viene la pappa, con il passare degli anni si è arricchito del corollario che rafforza il concetto. Esso sostiene che senza zappa, niente pappa. Al riguardo non ci sono stati finora tentativi di smentita e neppure di correzione. Anche se terra terra, sono verità inconfutabili. Si comincerà presto a andare in vacanza sulla luna e ben venga, sempreche si resti con i piedi ben piantati per terra e sulla terra. Diversamente non si andrebbe da nessuna parte.