Rossana Calbi, a curatore d’arte manca riconoscimento ruolo in gallerie

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Arezzo, 18 ott. (Labitalia) – “Il difetto maggiore della professione del ‘curatore d’arte’ è il mancato riconoscimento del suo ruolo soprattutto nelle gallerie di settore. Per me non c’è nulla da fare: una mostra senza curatore o con un curatore che non ha un’idea progettuale si nota subito e l’idea presentata perde di efficacia e di impatto. Questo lo notavo da quando facevo le recensioni alle mostre, forse è stata proprio questo a far sì che iniziassi a pensare a delle idee da realizzare”. Così, in un’intervista a Labitalia Rossana Calbi, curatrice d’arte d’arte di professione, ideatrice di tutte le mostre dell’associazione Strange Opera e curatrice della direzione artistica del Beu-Beu Art Festival nella provincia di Arezzo.

“Vedo molto interesse -spiega- per l’arte materica, quindi non più solo espressioni che rispondono a un’idea puramente estetica, ma dei costrutti più complessi che impegnano lo spazio e che possano far vivere al pubblico un’esperienza più complessa e vivida. L’impegno per questo tipo di progetti per curatori, gallerie ed enti pubblici e privati deve essere maggiore soprattutto negli allestimenti, ma quello che più è importante: è non avere un pubblico esclusivo ed elitario. L’arte non deve appartenere a dei circoli ristretti, non si deve svolgere in cene di gala”.

Inoltre “le gallerie private in Italia hanno bisogno di un aiuto, come lo fu per le piccole case editrici, come tutte le piccole aziende italiane e, forse di più, hanno bisogno di un supporto perché fanno un servizio sociale non si occupano solo di vendita: l’arte deve rientrare nella vita della gente tutti i giorni”.

“Per fare il mestiere del curatore di mostre e di artisti -sostiene Rossana Calbi- non so cosa sia utile, per me è stato fondamentale una madre che mi ha insegnato il buon gusto e un padre chimico amante della storia e dell’arte. Credo che adesso siamo tutti più facilitati perché grazie alle visite virtuali nei musei abbiamo modo di visionare allestimenti e imparare anche a distanza, ma poi bisogna fare. Quello è fondamentale: allestire e proporre idee nei luoghi più disparati e far vivere l’arte non solo in uno spazio preposto all’arte, ma dovunque”.

“Ho imparato molto -precisa- sul campo e ho seguito i consigli di Angela Noia, curatrice d’arte romana che ha seguito i passaggi dell’arte nel dopoguerra. Avevo delle idee confuse e l’entusiasmo per tutto ciò in cui individuavo un messaggio valido, Angela Noia mi ha indicato l’ordine da seguire, la materia su cui concentrarmi. Quello che più mi aiuta tutti i giorni è l’ordine organizzativo”.

“Il critico d’arte Gramiccia -ricorda- scrive nel suo libro Slot Art Machine: l’arte diventa una merce. Una forma particolare di merce, che possiede un unico valore: quello dello scambio. Un feticcio insomma. Una cosa che non corrisponde a nessuna funzione e ad alcuna utilità sociale ma che, come qualsiasi pacchetto azionario, serve a produrre nuovo profitto dentro un gorgo di un processo perverso di finanziarizzazione dell’attività dell’industria culturale, di cui il sistema dell’arte è parte costitutiva importante. Un curatore d’arte può e deve proporre qualcosa che va al di là degli schemi proposti, ha il dovere di guardare e di saper riportare, nonostante il mercato e nonostante i diktat del mercato e delle leggi di consumo, i margini di lavoro sono ampi, ma bisogna sdoganarsi dalle imposizioni dall’alto”.