“Questa spada simboleggia la forza. Simboleggia la mia anima e quella del nostro popolo che ti sostiene”. Era il 25 aprile del 2019 quando Kim Jong Un proferiva queste parole all’indirizzo di Vladimir Putin. Al termine del loro primo incontro in assoluto, a Vladivostok, il presidente nordcoreano regalò al suo omologo russo una spada coreana. Il capo del Cremlino ricambiò e offrì a sua volta un dono altrettanto emblematico: un set da tè, accompagnato da una sciabola russa e dalla promessa di visitare presto la Corea del Nord. La pandemia di Covid-19 avrebbe impedito a Putin di essere invitato a Pyongyang ma, in quell’occasione, i due capi si piacquero subito e si impegnarono a rafforzare i legami tra i loro Paesi, come evidenzia Federico Giuliani su it.insideover.com . Oggi Kim e Putin sono ancora più vicini. Un po’ perché russi e nordcoreani sono sempre stati storicamente in simbiosi, prima per motivi ideologici, ai tempi dell’Unione Sovietica, e quindi politici. E poi perché lo scoppio della guerra in Ucraina ha costretto la Russia a spostare il suo baricentro geopolitico verso l’Asia, a stringere nuove alleanze, rinsaldarne di vecchie e stringere preziose partnership commerciali. Lo scorso luglio la Corea del Nord riconosceva Donetsk e Lugansk. Immediata la reazione dell’Ucraina che, nel condannare la decisione di Pyongyang, annunciava la rottura delle relazioni diplomatiche con Pyongyang. Qualche giorno dopo Alexander Matsegora, ambasciatore russo a Pyongyang, nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano russo Izvestia, accreditava l’ipotesi dell’avvicinamento russo-nordcoreano. Matsegora, citato dal sito Nk News, parlava di “molte opportunità” di cooperazione tra il Donbass e la Corea del Nord, lasciando intendere che gli operai nordcoreani avrebbero potuto ricostruire i territori del Donbass conquistati dalle forze del Cremlino. “I nostri partner coreani sono interessati ad acquistare pezzi di ricambio e unità costruite in Donbass e nel ricostruire le loro strutture produttive”, spiegava l’ambasciatore. Un mese più tardi, in concomitanza con le crescenti difficoltà incontrate dai russi in Ucraina, non si parlava più di operai nordcoreani in Donbass, bensì di soldati. Lo scenario disegnato dall’esperto militare russo Igor Korotchenko su Channel One Russia era curioso: “Ci sono rapporti secondo cui 100.000 volontari nordcoreani sono pronti a venire e prendere parte al conflitto”. L’esperto passava quindi ad elogiare la “ricchezza di esperienza dell’esercito nordcoreano nella guerra contro la batteria”. Di queste due indiscrezioni non si è più saputo niente. In compenso, il 15 agosto, Kim Jong Un inviava un messaggio a Putin per celebrare l’anniversario della resa del Giappone nella Seconda guerra mondiale. Kim salutava la crescente “cooperazione strategica e tattica, il supporto e la solidarietà” tra Russia e Corea del Nord. Per non farsi mancare niente, due settimane prima, il primo agosto, mentre la Cina celebrava la fondazione dell’Esercito Popolare di Liberazione, la Corea del Nord incaricava il suo ministro della Difesa, Ri Yong Gil, di scrivere un messaggio al suo omologo cinese, Wei Fenghe. Secondo l’agenzia nordcoreana Kcna, “il messaggio sottolineava che l’esercito popolare coreano avrebbe condotto operazioni coordinate strategiche e tattiche con l’esercito cinese”. In entrambi i casi, e per la prima volta, Pyongyang utilizzava l’espressione “cooperazione strategica e tattica” per descrivere le sue relazioni di sicurezza con Mosca e Pechino. Arriviamo così all’inizio di settembre quando, l’AP, riferiva di un rapporto dell’intelligence statunitense secondo cui la Russia stava acquistando milioni di razzi e proiettili di artiglieria dalla Corea del Nord. Il Cremlino ha bollato la notizia come “falsa” e, in seguito, anche Pyongyang ha negato il fatto, dicendo di non aver esportato armi in Russia durante la guerra e di non avere intenzione di farlo. Dall’inizio della pandemia all’inizio del 2020, per più di due anni le relazioni tra la Russia e la Repubblica popolare democratica di Corea sono rimaste bloccate in un limbo, quasi congelate. Temendo la diffusione del coronavirus, Pyongyang si è isolata pesantemente. Di conseguenza, il commercio e ogni contatto umano tra Mosca e Pyongyang si sono fermati quasi del tutto. Allo stesso tempo si sono bloccati anche i processi diplomatici, ravvivati, come abbiamo ricostruito, negli ultimi mesi. Il Nord ha dichiarato la vittoria sul Covid e, come sottolinea il think tank 38North, ci sono buone ragioni per ritenere che almeno alcune delle restrizioni al confine sul lato nordcoreano inizieranno a essere presto revocate, consentendo al Nord di riprendere i contatti fisici con la Russia. In un incontro con il governatore della regione russa Primorsky, l’ambasciatore nordcoreano in Russia, Sin Hong Chol, ha annunciato che il Nord avrebbe ripreso il traffico ferroviario con la Russia – solo per le merci e non le persone – già a settembre. Tornando alla guerra in Ucraina, Il Pentagono sostiene che la Russia si sia avvicinata alla Corea del Nord per chiedere armi e munizioni. Del resto – è il ragionamento che potrebbe fare il Nord – se il Pakistan, come affermano alcuni report, invia munizioni all’Ucraina, e la Corea del Sud conclude importanti accordi di armi con la Polonia, perché la Corea del Nord non può vendere armi alla parte opposta del conflitto, e quindi alla Russia? Considerando, poi, che molte delle armi di Pyongyang sono basate su standard sovietici, le sue munizioni potrebbero essere compatibili con i sistemi d’arma utilizzati dall’esercito russo. In definitiva, Mosca e Pyongyang potrebbero essere sul punto di ristabilire l’alleanza che esisteva tra loro durante la Guerra Fredda, un’alleanza dissoltasi in seguito al crollo dell’Unione Sovietica. È però probabile che, a differenza del passato, il loro nuovo legame possa assumere i connotati di un allineamento strategico anziché di un’alleanza formale basata su un trattato vincolante. Kim Jong un, a ben vedere, ha già raggiunto una capacità di deterrenza nucleare e non ha più bisogno di impegni di difesa da parte di Putin. Come se non bastasse, l’intesa Mosca-Pyongyang dovrebbe essere inclusa nel più ampio allineamento trilaterale che potrebbe comprendere anche la Cina (in un allineamento che sarà guidato da Pechino). Resta da capire quale sarà il modus operandi di questo emergente allineamento trilaterale. Qualsiasi blocco sino-russo-nordcoreano avrà tuttavia profonde implicazioni per gli equilibri di potere in Asia e nel resto del mondo.