Saldi a rilento, solo 43% degli italiani fa shopping

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Roma, 27 lug. (AdnKronos) – di Francesca Filippi

I numeri sulle vendite, a tre settimane dall’inizio dei saldi estivi, confermano quello che si vede per le strade: negozi semivuoti, pochi curiosi e nessuna coda davanti alle saracinesche. Non solo nelle grandi città. Il calo dell’interesse degli italiani è stato sensibile: il 43% ha approfittato delle vendite di fine stagione e ha comprato almeno un prodotto. Ma lo scontrino è più leggero: 146 euro il valore medio della spesa, da Nord a Sud, isole comprese. È quanto emerge da uno studio Confesercenti-Swg realizzato dal 6 al 24 luglio anticipato dall’Adnkronos, secondo il quale il 57 per cento degli italiani non ha ancora fatto acquisti, il 48 per cento (1 consumatore su 2) ha investito per i saldi meno di 100 euro, il 31 per cento (uno su tre) tra i 101 e i 250 euro mentre solo l’8 per cento ha speso tra i 250 e i 500 euro per portarsi a casa l’occasione.

“Se solo un italiano su 10 finora ha fatto acquisti per più di 250 euro, e appena il 2% ha investito oltre 500 euro per una spesa importante, magari decisa e ponderata da tempo, conferma che le famiglie sono in sofferenza, soprattutto il ceto medio”, afferma Roberto Manzoni, presidente Fismo Confesercenti Moda, per il quale i saldi comunque sono andati un po’ meglio dello scorso anno.

“Abbiamo registrato un buon afflusso ma non basta – ammette Manzoni –. Parliamoci chiaro, con questi dati è impossibile raddrizzare una stagione che era partita male a causa del maltempo primaverile e che non ha fatto registrare numeri importanti. A maggio e giugno, in periodo pre-saldi, avevamo già registrato un calo delle vendite (-5 per cento) per abbigliamento e calzature. Risultato? Una botta terribile per i titolari di negozi, che non hanno sufficiente liquidità per fronteggiare scadenze, pagare affitti, stipendi e tasse anche perché i saldi di fine estate sono in realtà partiti all’inizio della bella stagione. Il caldo vero è arrivato in concomitanza con i primi di luglio”.

Il 40 per cento dei consumatori si è affidato al negozio di vicinato – in base alla ricerca Confesercenti Swg – il 38 per cento ha preferito il centro commerciale mentre il 22 per cento ha fatto acquisti online (lo scorso anno era il 15 per cento). “I negozi storici e quelli di vicinato subiscono la concorrenza dell’e-commerce e delle grandi catene che fanno sconti tutto l’anno. Per fronteggiare la situazione serve l’aiuto della politica – avverte il presidente Fismo Confesercenti Moda –. Le Regioni devono rivedere le date, posticipare l’inizio dei saldi, altrimenti sarà un bagno di sangue. Per colpa della crisi, ogni giorno in Italia chiudono 14 negozi. E chiudono battenti anche i fornitori. Ma così non vedo prospettiva, dovremmo dire addio al Made in Italy. Per questo motivo, Confesercenti ha chiesto al governo Conte un tavolo speciale per il rilancio del commercio. Dal 2011 ad oggi sono spariti 32mila negozi, non solo di moda, e abbiamo perso 60 miliardi di spesa delle famiglie”.

Anche per il presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Renato Borghi, “il 2018 si è chiuso ancora una volta in calo e i dati delle vendite nel fashion retail italiano di questo inizio d’anno sono state altalenanti. Rimane troppa incertezza e sappiamo bene che se manca la fiducia nel futuro e soprattutto le disponibilità economiche, anche i consumi rimangono al palo”.

“A queste si aggiunge – prosegue Borghi – un clima meteorologico che ci ha fatto saltare la stagione, con un calo medio delle vendite nei negozi di moda italiani del 7 per cento in aprile e dell’8 per cento in maggio, con punte del 20/30 per cento in meno rispetto all’anno precedente. Una circostanza che, ahinoi, si ripete sempre più spesso in questi ultimi anni provocando ingenti danni economici e marginalità sempre più risicate al punto che, lavorando su collezioni stagionali, chiediamo che il settore venga assimilato a quello dell’agricoltura e di poter invocare lo stato di calamità del dettaglio moda”.

E ancora: “Nonostante qualche segnale positivo delle vendite a giugno – conclude Borghi – con i saldi estivi non c’è molto tempo per recuperare anche se è ancora presto per tirare le conclusioni sul 2019. In base alle prime rilevazioni, a 20 giorni dall’avvio dei saldi, si evidenza un calo medio delle vendite del 3 per cento. Il 52 per cento delle aziende che hanno risposto ai questionari ha riscontrato in questo primo periodo un incremento o una stabilità degli incassi rispetto allo stesso periodo del 2018. Occorre comunque evitare l’aumento dell’Iva che comporterebbe un ulteriore crollo dei consumi e dare una bella sforbiciata, con un’auspicata riforma fiscale, alle tasse di famiglie e imprese per rilanciare i consumi interni. Le nostre aziende chiedono inoltre di lavorare almeno a parità di condizioni con quelle che si arricchiscono sul web senza versare un equo contributo al Paese”.