Gli aiuti elargiti ad Atene sono stati inefficaci perché si è agito dall’alto e non dal basso
Molti studi dimostrano che circa la metà dei fondi che la Grecia ha ricevuto negli ultimi cinque anni sono stati utilizzati per ripagare il debito precedentemente contratto. Buona parte è andata alla ricapitalizzazione del sistema bancario, mentre solo un decimo di quei fondi ha alimentato la spesa pubblica dei Greci. In buona sostanza i miliardi ricevuti sono stati per lo più indirizzati verso creditori privati e istituti di credito greci, tedeschi o francesi. Ma siamo sicuri che questa sia stata o sia la ricetta giusta per consentire il recupero della economia della Grecia, al di là della evidente e scontata necessità di far realizzare le riforme per rendere più competitivo il Paese? O, piuttosto, si tratta di una ricetta solo a favorire il vecchio creditore e poco a vantaggio del debitore? Tali considerazioni muovono dal fatto che le risorse immesse sotto forma di spesa pubblica, già molto limitate nella quantità come si è visto, probabilmente hanno scontato anche le inefficienze interne tipiche di una Pubblica Amministrazione non moderna e distratta in cui si genera spreco di risorse solo semplicemente nella gestione quotidiana. Ma non si tratta solo di ciò. Infatti, per il fatto stesso di essere vincolato alla moneta unica, il sistema di aiuti a favore della Grecia manca, giocoforza, di una componente importante che è costituita dal miglioramento del rapporto qualità/prezzo verso l’esterno del mercato nazionale generato dal vantaggio dei suoi produttori di beni e servizi ottenibile attraverso una svalutazione della moneta. Non dimentichiamo che la leva del cambio può risultare fondamentale per recuperare la capacità di esportazione perduta a seguito delle inefficienze produttive subentrate nel sistema e, pertanto, per favorire nuovi equilibri più favorevoli negli scambi commerciali del Paese. Cosa peraltro amplificata quando i consumi interni sono ai minimi storici. Ad aggravare le cose vi è il fatto che la moneta unica tende a rafforzare chi è già forte – perché nel lungo periodo sottrae quote di mercato agli altri Paesi meno competitivi – ed a indebolire chi è debole. In merito, credo che noi italiani dalla moneta unica abbiamo avuto più svantaggi che vantaggi, ma una stima precisa di ciò non è agevole perché andrebbe misurata con un’Analisi Costi Benefici che presupporrebbe molte approssimazioni; per cui hanno torto sia chi dice che sicuramente ci abbiamo guadagnato, sia chi sostiene che sicuramente ci abbiamo perso. Una cosa è certa, però, nel lunghissimo periodo non avremo vantaggi perchè il sistema accrescerà le differenze con chi è più forte di noi, a meno di essere tutti soddisfatti, tra alcuni anni, in Europa, di divenire colonie tedesche, più o meno sviluppate, in competizione tra loro. Tornando alla situazione greca, per risolvere il problema dentro l’area euro in realtà una soluzione ci sarebbe, anche se un po’ articolata. Si potrebbe agire, infatti, concedendo aiuti alla Grecia riconoscendo una deduzione o detrazione fiscale a favore dei contribuenti degli altri Paesi della UE che comprano particolari beni e servizi dai greci. Ad esempio una vacanza in Grecia potrebbe costare di meno se ci fosse una deducibilità fiscale nel Paese dell’acquirente (ad es. in Germania, in Italia, in Francia, etc). In tal senso una parte della domanda europea si sposterebbe rapidamente sulla Grecia creando le condizioni per la crescita. Appare evidente che il vantaggio greco sarebbe limitato alla sola eurozona, e quindi meno efficace di una svalutazione vera e propria, ma si tratterebbe sempre di una grande quantità di potenziali consumatori. In questo modo una parte degli aiuti seguirebbe una strada diversa, dal basso piuttosto che dall’alto, ed, a mio parere, molto più efficace. All’opposto si perderebbe un po’ nella domanda all’interno dei Paesi che forniscono gli aiuti, ma non molto considerando che i Greci rappresentano solo una piccolissima quota della UE; ciò, però, in nome di una giusta solidarietà europea. Si tratterebbe comunque di una misura temporanea e, magari, per mantenere un rigoroso rispetto della regola a livello europeo denominata “de minimis”, si potrebbe stabilire anche una soglia massima nell’importo di vantaggio del produttore del bene o del servizio. Tale nuovo sistema di aiuti consentirebbe tra l’altro alle autorità greche, a cui verrebbero fornite le informazioni di deducibilità/ detraibilità fiscale, di poter anche verificare che non vi sia evasione fiscale da parte del produttore greco di beni e servizi; infatti, il tema dell’evasione fiscale appare questione particolarmente delicata in Grecia, anche se bisogna tener conto delle condizioni di disagio economico in cui si trova il Paese. Tutto ciò segnerebbe l’inizio di una politica economica europea veramente integrata. Agire come in passato porterebbe solo a favorire la sostituzione di un debito con un altro, mettendo il debitore certamente nella condizione di poter corrispondere gli interessi e parte del debito al creditore, ma senza che tuttavia si possa immettere nel sistema economico greco un volume di risorse sufficiente per avviare un recupero economico. L’ipotesi di un aumento dei fondi strutturali avanzata da qualche economista in questi giorni, pur corretta per puntare ad un ammodernamento infrastrutturale e complessivo della Grecia, non può che essere un soluzione di lungo periodo. Come anche sembra ormai necessario dovere procedere ad una ristrutturazione di un debito divenuto enorme rispetto ad un Paese sostanzialmente piccolo. Pertanto, in pochi mesi, non avendo realizzato soluzioni che nel breve possano modificare lo stato dell’economia greca, ci ritroveremmo al punto di partenza, com’è accaduto negli ultimi anni. In alternativa, l’unica soluzione disponibile sarà quella di vedere, con dispiacere, la Grecia fuori dall’eurozona; ciò sarà forse più dura per gli amici greci, ma almeno avranno a disposizione uno strumento in più, quello monetario, per poter cercare di ripartire.