Sanità, Cimo-Fesmed “Serve strategia nazionale ben delineata”

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ROMA (ITALPRESS) – Ultima chiamata per recuperare il nostro servizio sanitario. Lo sosatiene la federazione dei medici ospedalieri Cimo-Fesmed, secondo cui “il vero problema non è il ricorso o meno al Mes, quanto la necessità urgente, discriminante e univoca di affrontare la situazione con una strategia nazionale ben delineata, in cui partire dalla riorganizzazione del lavoro e delle strutture, non da finanziamenti a pioggia spesso avulsi dal sistema e utili solo ai fini propagandistici. La federazione dei medici ospedalieri – si legge in un comunicato – ha da sempre stigmatizzato l’inadeguatezza del finanziamento del Ssn, ma oggi è fortemente preoccupata che l’utilizzo delle future risorse non siano funzionali ad un sistema che necessita di profondi cambiamenti e che il possibile ricorso al Mes si trasformi nel solito ‘assalto alla diligenzà con sperpero disordinato di fondi pubblici”. Per il presidente Cimo-Fesmed, Guido Quici, “di cattedrali nel deserto siamo fin troppo pieni ed è questo il motivo per il quale il ricorso al Mes preoccupa non poco perchè, alla lunga, potrebbe rilevarsi strumento utile a pochi ma non certo ai cittadini e ai professionisti. Per valutare il rischio, basta osservare come politica e Istituzioni, ben consapevoli dei tagli lineari di questi anni e della fragilità del nostro servizio sanitario nazionale, hanno affrontato questa emergenza sanitaria con interventi non coordinati, affidandosi spesso alle indicazioni dei numerosi virologi, quelli autonomi e quelli di partito, quelli improvvisati e quelli dell’ultima ora. Abbiamo visto il blocco delle attività ordinarie, la trasformazione di settori o padiglioni ospedalieri in aree Covid e, poi, ingenti risorse per allestire, in fretta e furia, posti letto di terapie intensive. Ma non ha alcun senso prevedere una ‘esplosionè delle terapie intensive senza avere medici, o un manipolo di infermieri di quartiere senza ‘quartierè”. Cimo Fesmed, prosegue la nota, “richiama dunque Governo, ministro della Salute e governatori delle Regioni ad avere prima un’idea di quale sarà la sanità del futuro, intesa come serio impegno nella prevenzione e nella tutela della salute dei lavoratori, valorizzando la sanità del territorio finanziando i Lea, il Piano delle cronicità ed implementando un servizio sanitario proattivo e non di attesa; modernizzando le strutture ospedaliere a partire dall’edilizia, fino alle tecnologie proiettate verso l’intelligenza artificiale, rivedendo la governance dei processi a partire dal ruolo dei professionisti”. Quindi “una vera riforma della sanità italiana – sottolinea Quici – deve passare inevitabilmente attraverso una riforma del lavoro e ritengo che negli ultimi 40 anni la professione medica è stata prigioniera della burocrazia e della medicina amministrata, mentre la perdita del diritto ad una propria autonomia e specificità ha portato a un livellamento tra i ruoli con inevitabili conflitti di competenze consentendo alla politica di turno di cavalcare l’una o l’altra professione a seconda delle convenienze”. Per non perdere “l’ultima occasione” di riforma del servizio sanitario, Cimo-Fesme “ritiene urgente uscire dalle gabbie della burocrazia, lavorare affinchè i contratti di lavoro diano non solo valore retributivo ma anche professionale, nell’ottica di una vera autonomia e specificità dei ruoli, e prevedere una nuova governance nella rappresentanza e rappresentatività, che veda assegnati al Ministero della Salute e alle Regioni un ruolo di assoluta centralità nella definizione dei futuri contratti di lavoro sia per la sanità pubblica che convenzionata”.
(ITALPRESS).