Sanità, in un anno tagliati 2.788 infermieri: in Campania -2%

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“In un solo anno – tra il 2014 e il 2015 – il Servizio sanitario nazionale perde in tutto 10.444 unità di personale (-1,6%). Tra questi, 2.788 (il 27% del calo totale) sono infermieri (-1%), seguiti ai primi posti dal personale del ruolo tecnico con -1.873 unità (-1,5%) tra cui assistenti sociali e operatori sociosanitari e quindi sempre con un danno diretto sull’assistenza alla persona e dai medici che perdono 1.797 professionisti (-1,7%).
Le retribuzioni sono pressoché in stallo. Quelle medie aumentano per tutto il Ssn di 51 euro in un anno, +0,1% (4,3 euro al mese), per gli infermieri di 93 euro, +0,3% (7,7 al mese): nemmeno il valore della vacanza contrattuale quindi. E questo contro una perdita di potere di acquisto dovuta alla mancanza di contratto ormai da sette anni che da sola ha eroso circa il 25% della busta paga”.
Questi i dati – riferisce Ipasvi – subito visibili da una prima analisi del Conto annuale della Ragioneria generale dello Stato 2015, appena pubblicato sul sito dell’Economia. “E per gli infermieri l’analisi diventa più preoccupante, al di là del dato nazionale, se si guarda alle singole Regioni. Le perdite maggiori infatti, sono quasi tutte nelle otto Regioni in piano di rientro, quelle con organici già al di sotto dei livelli accettabili per un’assistenza appropriata che da sole comprendono il 70% circa dell’intera perdita di professionisti e fanno registrare situazioni che, ad esempio, contro il calo medio dell’1% a livello nazionale, registrano il -3% in Molise e oltre il -2% nel Lazio e Campania”.
“Senza essere Cassandre – dichiara Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi – avevamo già da tempo ipotizzato un ulteriore possibile calo di personale. I servizi fanno fatica a essere erogati con la massima appropriatezza dovuta ai cittadini e sul territorio c’è il vuoto, come già sottolineato in occasione della nostra proposta per una revisione organica del Pronto soccorso che parte proprio dal potenziamento dell’assistenza extra ospedaliera. Ora i dati lo confermano. E se questi sono i numeri su cui si deve lavorare per il prossimo contratto, davvero non è il piede giusto per partire: un numero sempre più basso di professionisti e retribuzioni ancora più asciutte rispetto agli anni precedenti non sono una buona base su cui cercare un recupero di risorse, sia umane che economiche. E’ da tempo ormai che abbiamo formalizzato una carenza minima di almeno 47mila infermieri di cui 18mila sarebbero necessari solo per rispettare le regole Ue sugli orari di lavoro che, invece, ancora sembra siano in alto mare”.