Sanità, Welfare e Crisi economica

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di Giovanni Savignano*

L’italia e i Paesi europei stanno vivendo una fase di grosso turbamento sulle problematiche economiche, che riguarda in particolare la riduzione del debito pubblico, col rischio di compromettere definitivamente l’attuale sistema di Welfare universalistico e, di conseguenza, quello socio-sanitario.
Alcuni Autori ritengono che la crisi del Welfare è dovuta all’invecchiamento demografico, alle trasformazioni del mercato del lavoro, alla crescita dell’occupazione femminile, alle trasformazioni nella struttura familiare, all’espansione dei servizi privati, alla globalizzazione e al processo di integrazione europea (cfr. Ferrera 1998, Greve 2012).
Nuove povertà, l’enorme costo delle innovazioni farmaceutiche e tecnologiche, l’invecchiamento della popolazione e le problematiche dei pazienti non-autosufficienti, il progressivo aumento delle patologie croniche e tumorali, la continua richiesta di prestazioni di servizi socio-sanitari, l’immigrazione, fanno crescere la spesa pubblica: si calcola che più della metà serve a sanità e pensioni. Si ipotizza che fra 10 anni la spesa annua prevista in Italia per il Welfare sanitario potrebbe essere di circa 200 miliardi di euro.
La propensione all’incremento numerico degli anziani, iniziato dagli anni Cinquanta, non da segnali di decrescita: le previsioni Oecd evidenziano che nell’Europa del 2030 il numero di soggetti in età avanzata aumenterà del 37 per cento rispetto a oggi, mentre la quota degli individui molto anziani avrà un aumento del 54 per cento rispetto al 2008 .
Si vive infatti sempre più a lungo: gli uomini in media 79,4 anni e le donne 84,5.
L’Eurostat stima che nel 2030 gli ultraottantenni in Italia costituiranno circa l’8 per cento della popolazione, contro una media europea del 6,5. E contemporaneamente aumentano sia le persone affette da malattie croniche che la richiesta di assistenza domiciliare integrata. Da sottolineare che i consumi sanitari di un settantenne sono circa il doppio di quelli di un quarantenne, e quelli di un novantenne perfino il triplo, ( nel 2025 in Italia avremo 2 milioni di anziani in più, e i soggetti non-autosufficienti avranno uno scatto percentuale dal 4 al 6 per cento circa; il tutto con problemi finanziari, organizzativi e sociali di grande portata).
Nel 2060, la speranza di vita alla nascita potrebbe essere di 84,6 per gli uomini e 89.1 per le donne, mentre il tasso di natalità in Europa crescerebbe di poco. Le nazioni europee dovranno fare i conti con la loro economia e i loro sistemi previdenziali e assistenziali. Pertanto, la spesa pubblica rapportata all’età (pensioni, sanità e assistenza ) sicuramente aumenterà .
La sanità in Italia è quotidianamente in vista, contribuendo ad alimentare nei cittadini la sensazione di un Sistema senza regole precise. Numerosi interventi legislativi così dispersivi non sembrano aver delineato percorsi chiari e logici. Se facciamo scorrere le varie Riforme sanitarie ci accorgiamo dell’errore di avere introdotto una burocratizzazione eccessiva.
Anche la valutazione delle azioni e dei progetti finalizzati è sempre stata immersa in una ottica numerica. Nella sanità occorre misurare i costi ma valutare anche i benefici.
E’ possibile curarsi oggi in una nazione come l’Italia che deve conciliare austerità e diritto alla salute? In tutta Europa è un susseguirsi di iniziative per comprendere quanto la crisi economica e finanziaria possa incidere sulla salute dei cittadini. Le fasce sociali più deboli e i malati non -autosufficienti sono angosciati dalla paura di non poter permettersi le cure e l’assistenza. Una recente indagine stima che circa 12 milioni di italiani non si curano per colpa della crisi economica. Nonostante che il nostro Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) sia universalistico, tante persone non riescono ad accedere a prestazioni diagnostiche specialistiche, potendosi impoverire ancor più, a fronte di spese impreviste. Attualmente, secondo dati Censis, il fabbisogno di salute degli italiani non trova sempre piena corrispondenza nell’offerta di servizi e prestazioni da parte del Ssn.
Anche in Italia la “spending review “si giustifica quale strumento di lavoro ma, per quanto riguarda l’assistenza socio- sanitaria, i margini di azione risultano molto limitati. Certo, non si possono tagliare solo i servizi e spostare, di conseguenza, una quota di spesa sui bilanci familiari ( il ceto sociale medio-alto, negli ultimi anni, mal sopporta la pressione fiscale in cambio di servizi non sempre efficienti). Nel mentre la spesa sanitaria in Italia è entrata in una fase molto critica: difatti è destinata ad aumentare, in una situazione politico-economica che esprime quantità limitate di risorse (difatti, il taglio della spesa sanitaria pubblica dal 2010 ad oggi, si aggira su un -1,9% annui) .
Ma razionalizzare un Ssnè estremamente difficile: salute e spesa. La lotta agli sprechi è una risposta importante e necessaria, ma anche quella alla burocrazia e alla demotivazione degli Addetti.
La soluzione del problema non può essere affidata soltanto ai Lea (livelli essenziali di assistenza) o ai Drg ( rimborso prestazione alle strutture pubbliche e private) in vigore. I Lea sono diventati di fatto i livelli minimi di assistenza, per patologie che non sono le principali fonti di spesa. I DRG non considerano il disease staging ( classificazione gravità clinica dei pazienti ricoverati) e trasformano in ricoveri inappropriati le fasi di aggravamento delle patologie.
Tuttavia, qualsiasi revisione della spesa non dovrebbe essere prioritaria al rispetto del diritto alla salute; nel contempo la tutela di questi diritti necessita, specie nell’attuale situazione, di un urgente riordino delle inefficienze e degli sprechi dell’amministrazione pubblica. Va sottolineato, comunque, che “ l’etica dei tagli e l’etica di evitare gli sprechi siano fra loro complementari e non competitive “. La condizione dell’uomo in rapporto alla scienza applicata, cosiddetta “invasione tecnologica” in Medicina, tra l’altro, alla qualità e alla durata della vita, impone sul piano socio-politico l’assunzione di responsabilità tali da definire assetti giuridico-comportamentali che saranno a fondamento delle nuove legislazioni in molti campi.
La sanità italiana è, negli ultimi tempi, guidata dall’economia. E’ ora di decidere sullo Stato Sociale: è una risorsa o rappresenta un grande peso? Si dovrebbe richiamare l’attenzione sull’importanza della protezione sociale di base per tutti i cittadini e sull’organizzazione ed efficienza dei servizi. In Italia, si è forse perso quel senso di solidarietà a favore di interessi individuali. Bisogna trovare risposte politiche per far ripartire lo spirito sociale. La sostenibilità dell’attuale Sistema sanitario può essere salvaguardata dalla solidarietà nazionale, nella misura in cui si realizzi una proficua collaborazione tra pubblico e privato conservando le basi della universalità ed equità come previsto dai principi costituzionali ancora vigenti.
Certo non è questa la sede per potersi dilungare ed approfondire. I problemi socio-sanitari potrebbero diventare una propria e vera emergenza nazionale. Il futuro del Welfare sanitario non appare per niente roseo. Non è più concesso restare inerti e rassicuranti che poi, in fondo, tutto si risolve. Occorre che la politica metta al centro dell’attenzione il Welfare, in special modo da parte dei candidati alla guida del Governo. La prossima legislatura, quale che sia l’esito delle elezioni, sarà con tutta probabilità segnata da diverse tematiche tra le quali: la riforma del Welfare State e delle politiche socio- sanitarie ( energetiche, ambientali, lavorative ), e la costruzione di una etica condivisa relativamente a ciò che viene indicato come bio-politica.
Ecco alcuni settori dove intervenire per creare un modello di Welfare sanitario moderno, con un corretto rapporto pubblico–privato ridefinendo ruoli e confini; magari un Welfare solidale, con protezioni sociali più estese, reso possibile dalla collaborazione tra impegno pubblico, della società civile ed anche dell’imprenditoria privata. Nel caso, il procedimento dovrà essere sotto la guida e direzione della parte pubblica, ossia con la regia dello Stato.
–Ridefinire l’assetto organizzativo e rivedere il riparto dei finanziamenti pubblici, anche in rapporto all’anomala eterogeneità dei servizi sanitari regionali.
–Considerare i Lea (livelli essenziali di assistenza) quali priorità della salute dei cittadini in rapporto alla Medicina della Evidenza e le indicazioni della Health Tecnology Assessment: appropriatezza della domanda di prestazioni diagnostiche e terapeutiche e razionalizzazione del parco tecnologico sanitario in dotazione.
–Riordinare i Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (Ptda) meglio adatti sia clinicamente che economicamente sulla gestione dei pazienti affetti da malattie croniche.
–Contenere i conflitti stato-regioni, come ad esempio sulla valutazione dei farmaci da inserire nei prontuari terapeutici.
–Rendere la disponibilità delle risorse del servizio socio-sanitario più elastica, legiferando sulla Sanità integrativa con una ragionevole revisione strutturale e normativa: progettare sistemi misti di Welfare più idonei alla realtà italiana, per sostenere il Servizio sanitario nazionale, relativamente a nuove ed emergenti necessità socio-sanitarie dei cittadini-utenti; occorre attribuire a previdenza e assistenza un ruolo nuovo.

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AORN SG Moscati Avellino, città ospedaliera
Polo Didattico Seconda Università di Napoli