di Fiorella Franchini
Arriva al Museo Archeologico di Napoli, ultima tappa di un tour tra i prestigiosi istituti museali di Berlino, San Pietroburgo, Salonicco, una mostra dal fascino ancestrale. “Sardegna Isola Megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo”. Disseminati su tutto il territorio, nuraghi, betili, menhir, tombe gigantesche, immersi in una natura ricca e incontaminata, costituiscono un vero e proprio museo a cielo aperto, evocano una cultura sorprendente e ancora in gran parte sconosciuta.
In mostra, nella Sala della Meridiana, oltre 200 reperti collane, bracciali, vasi, oggetti legati alla vita quotidiana, all’ambito funerario e ai luoghi di culto, bronzetti che riproducono figure umane, maschili e femminili nei diversi ruoli della società, animali e riproduzioni di “dee madri” sono stati selezionati dalle collezioni dei musei di Cagliari, Nuoro e Sassari, accompagnati da un supporto didattico e multimediale. Un’esposizione dall’immenso valore scientifico e di grande rilievo culturale perché espande le collaborazioni internazionali, rinsalda i legami tra le istituzioni europee, ribadisce il ruolo aggregante e dinamico della cultura e della scienza.
Ad aggiungere prestigio e carisma all’esposizione, l’eccezionale presenza di uno dei monumentali guerrieri di Mont’e Prama: una statua di 300 kg alta 190 cm, che mai prima d’ora aveva lasciato la Sardegna e che fa parte di un complesso scultoreo ritrovato in una vasta necropoli scoperta nel territorio di Cabras nella parte centrale della penisola del Sinis. Qualcuno ostenta le armi della guerra: la corazza finemente lavorata, lo scudo e la spada, oppure l’arco e la faretra piena di frecce. Altri mostrano, su un corpo vestito solo di un corto gonnellino a punta, le armi del pugilato rituale: il guantone provvisto di una punta e lo scudo leggero e flessibile. Accanto, le pietre sacre e i modelli delle alte torri di pietra che esprimono l’identità culturale del popolo nuragico. Tutti risalgono all’ultimo periodo nuragico e un tempo stavano in piedi, allineate lungo la strada alle pendici della collina, simbolo di appartenenza e predominanza territoriale, rivolto sia alle comunità locali, sia a quelle straniere di origine orientale che in quegli anni arrivavano dal mare. Un segno di potere e di forza in un momento storico di trapasso caratterizzato da profonde tensioni e trasformazioni.
La mostra partenopea dialoga con le collezioni permanenti del MANN, con la sezione Preistoria e Protostoria, e mette in risalto oggetti nuragici rinvenuti in corredi funerari di alcune tombe a Cuma e con alcuni reperti, bottoni, pendagli, una cesta miniaturistica dell’Età del Ferro e provenienti dal Museo archeologico di Pontecagnano, non un caso, ma un’ulteriore testimonianza, insieme con alcuni oggetti ritrovati in tombe etrusche, degli stretti rapporti dei popoli sardi con le popolazioni italiche. Non poteva mancare il rapporto con i nuovi linguaggi della comunicazione attraverso il mezzo multimediale, prospettiva cara al Direttore Paolo Giulierini. Negli ambienti limitrofi alla mostra è stato allestito il percorso di “Nuragica”, un format multisensoriale che conduce il visitatore, attraverso la riproduzione in scala1:1 di alcuni monumenti, nella tomba dei giganti, in un nuraghe, presso una fonte sacra, in una capanna delle riunioni, fino al cospetto dei guerrieri di Cabras, e lo immerge, infine, in una sorprendente realtà virtuale dove, indossando appositi occhiali, può camminare in un antico insediamento megalitico, incontrare guerrieri e vestali. Tantissimi gli eventi collaterali previsti fino all’11 settembre: convegni, approfondimenti, laboratori didattici per i più piccoli e la pubblicazione di un eccezionale catalogo.
Il progetto espositivo è anche una grande operazione di marketing culturale, ha sottolineato l’assessore del turismo della Regione Sardegna Giovanni Chessa, che mira a proporre un’immagine collettiva diversa dell’isola al fine di valorizzare l’intero territorio e non solo la costa. Lo sviluppo di un turismo archeologico presente durante tutto l’anno può diventare una grande risorsa economica capace di combattere spopolamento, emigrazione, disoccupazione e bassi redditi. C’è un grande tesoro sepolto tra le querce e i mirti della Sardegna, tra quel silenzio immenso e odoroso, nel “…regno ininterrotto del lentisco, – come cantava Grazia Deledda – delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell’immensità del mare…”, basta solo guardarlo con occhi attenti e incantati.