Sblocca cantieri: Genovesi (Fillea), ‘ne serve uno finanziario’

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Roma, 17 giu. (Labitalia) – “Noi proponiamo uno ‘sblocca cantieri finanziario’, nella possibile doppia veste di un Fondo nazionale Banche-Cdp che agisca anche tramite una specifica ‘società veicolo’, da un lato sostenendo le svalutazioni delle banche che trasformano i crediti in partecipazione azionaria, dall’altro ripatrimonializzando le imprese di costruzioni con risorse della Cdp, partecipando, di volta in volta e coinvolgendo sempre forti partner industriali, anche alla governance”. E’ la proposta lanciata oggi da Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, nel corso del suo intervento al convegno del sindacato ‘Per un vero Sblocca cantieri’, in corso al Centro Congresso Frentani a Roma.

Per Genovesi, “un fondo o società veicolo che, con tutte le garanzie, non ho problemi a dirlo possa in prospettiva vedere al proprio interno una partecipazione anche dei Fondi previdenziali contrattuali, e che magari possa anche, in aggiunta, essere soggetto anticipatore per le grandi stazioni pubbliche e per i pagamenti delle pubbliche amministrazioni”.

“Uno strumento che, quindi, possa agire direttamente o tramite garanzie ma a condizione che: sia un intervento di medio periodo, cioè non ‘one shot’; sia un intervento di sistema, cioè che non sia solo di sostegno a una singola operazione che sarebbe parziale e insufficiente; che sia ‘pluralista’, cioè in grado sia di guardare alla catena dei fornitori ove operano anche aziende di medie dimensione (non si possono liquidare i fornitori con meno cash del 50% dei crediti perché anche a loro le banche chiedono soldi freschi) e sia che non riproponga, magari guardando solo alla principale azienda del settore, forme di fatto ‘monopoliste’, ha aggiunto.

Secondo il dirigente sindacale, “sul mercato vi sono anche altri soggetti potenzialmente interessati e in grado di guardare non solo ad Astaldi ma anche a Condotte, Tecnis, Glf, Cmc, perché vi sono imprese di medie dimensioni ma con ancora molti operai che non possono, pregiudizialmente essere tagliate fuori, e ci sono diversi istituti bancari che potrebbero, anche oltre Intesa San Paolo, guardare con interesse e saggezza ad un’operazione industriale”.

“E anche che sia, infine, occasione per una ‘riorganizzazione’ interna delle grandi aziende, dei loro processi, delle loro articolazioni operative, della corretta valorizzazione delle professionalità, della riduzione delle sperequazioni che, inutile girarci intorno, vedono un rapporto anche salariale tra operai e impiegati da un lato, quadri e soprattutto dirigenti dall’altro molto alto, profondamente squilibrato, mortificante in diversi casi. Eredità malsana anche di una provenienza storica di alcune di queste aziende, tra familismo e ex pubblico, che oggi non ha ragione di essere. Perché ingiusta e perché, se riorganizzazioni vanno fatte, è da lì che per noi si deve partire. Su questo punto vogliamo essere chiari”, ha detto.

“L’operazione finanziaria che proponiamo -ha proseguito il dirigente sindacale- deve essere al servizio di un forte posizionamento industriale che vuol dire: che non stiamo sostenendo altre operazioni finanziarie o la mera remunerazione di dividendi futuri; che per essere credibili occorre definire con serietà e condivisione i target lavori e i target paesi, cioè dobbiamo dirci che non vi può essere la rincorsa a lavori in perdita o con margini tali da non coprire i costi fissi e che vi deve essere un equilibrio tra lavori nazionali e lavori esteri; che occorre avere il coraggio di investire sulle figure professionali necessarie alle attività core. Per troppo tempo abbiamo avuto e abbiamo -ha concluso- troppe figure dirigenziali e quadri che oltre ad essere pagati tanto, forse troppo, non c’entrano con le attività core di un’azienda di costruzioni. Per dirla con le parole di un delegato ‘troppi rimpallisti e pochi che vanno a canestro'”.