Schifano a Napoli: l’impronta del Puma regala ancora emozione

239

Quando Schifano chiama il pubblico risponde. Opere realizzate tra il 1960 ed il 1990, raccolte ed offerte al pubblico per illustrare la crescita di un nuovo immaginario. Un iter artistico speciale, quello esposto alle Gallerie d’Italia, che si snoda tra le opere monocrome, l’esperienza americana e la ricerca dell’artista attraverso le insegne, i paesaggi tv, il Futurismo rivisitato ed anche le opere dedicate al paesaggio. Wow. Una rassegna completa. Schifano finalmente patrimonio di tutti, non solo dei cultori dell’arte. Una rassegna che promette grandi emozioni. Il pubblico accorre, si mette diligentemente in fila ed entra. Grandi tabelloni illustrano le sfaccettature creative dell’artista ed introducono il visitatore a ciò che sta per osservare. Tema formalmente corretto, scriverebbe la prof di lettere al liceo correggendo il compito del diligente allievo. Informazioni e indirizzi, atti a guidare il visitatore alla visione di opere altrimenti poco comprensibili, sono serviti.  Schifano come rock star, oppure come l’Andy Warhol italiano, più sinteticamente: il genio geniale. Le innumerevoli definizioni che tentano d’incasellare l’artista sono però  sempre poco soddisfacenti perché la sua vita colorata, la sua vita sociale, giudiziaria perfino, lo rendono unico e difficilmente ripetibile. Il campo energetico reso da un unico colore, il monocromo, ad un certo punto è accantonato per lasciare il posto alle serie in cui rielabora e adatta i loghi aziendali. Facile l’accostamento a Warhol. Però. Mai avere certezze con Schifano: Candy Andy” (come lo chiamavano a casa per la sua passione verso le caramelle) rappresentava un bene di consumo quotidiano trasformandolo in Icona Pop-Art di massa. Parafrasando lo slogan pubblicitario di un noto istituto bancario: Schifano, il nostro artista, è differente. Tende a isolare sezioni di ciascun logo piuttosto che rappresentarlo per intero, usa vortici pittorici sciolti invece di copiare la perfetta esecuzione meccanica dei segni originali. Decostruisce e mina la commercializzazione della cultura italiana. Decisamente differente. Il passaggio importantissimo, l’antologica di palazzo della Pilotta a Parma nel 1974, è una pietra miliare nel suo processo creativo. Gli esperti lo considerano il momento spartiacque della sua produzione artistica. Schifano girava Roma in Rolls Royce, aveva tante fidanzate, in casa usava la bicicletta. Gli esperti sanno, e trovano il proprio aggancio emotivo con l’artista. Il fruitore non strutturato sul tema, ha bisogno di alcuni spunti che sollecitino la sua curiosità, l’emotività, per comprendere e farsi trascinare nel vortice dell’arte di Schifano. Il filmato di un’intervista, svoltasi durante un suo momento creativo, permetterebbe di osservare il modo con cui Schifano interviene a scatti velocissimi sulla tela, il suo passo non sempre sicuro, la sua autoironia nel parlare di se. Sono momenti di coinvolgimento importanti, che, se esposti insieme alle opere, provocherebbero emozioni e, senza sovrastrutture, parlerebbero all’emotività dell’osservatore, alla pancia, direbbe qualche noto comunicatore. Nella gestione di un bene culturale, di una esposizione, di un sito, la prima domanda da porsi è sempre e solo quella volta ad identificare la tipologia di pubblico cui l’evento deve rivolgersi. Il secondo passaggio è l’adozione, attraverso le tecniche interpretative, di soluzioni che possano colpire il pubblico a qualsiasi livello. Per questo i cinque sensi devono essere tutti allertati. Odore di pittura, prove di sensibilità tattile, suoni. La voce di Schifano, in questo caso, che risponde alle domande dei suoi intervistatori. Schifano ha una fortissima definizione artistica ed umana, il suo carattere emerge prepotente dalla sua produzione, ma essa deve essere supportata da una tecnica espositiva che sia adeguata al suo calibro.