Scienza, da Enea un fascio di elettroni per eliminare i PFAS dalle acque potabili

147
(foto da Imagoeconomica)

Un team di ricercatori del Centro Enea di Bologna sta lavorando a una nuova applicazione della tecnologia basata su un fascio di elettroni di energia controllata, per rimuovere i PFAS dalle acque per uso civile. L’azione chimico-fisica del fascio di elettroni permetterebbe di degradare questi inquinanti, altamente persistenti nell’ambiente, in sostanze piu’ facili da rimuovere e di trattare, allo stesso tempo, grandi volumi di acqua in tempi molto brevi. “In pratica, il fascio di elettroni spezza il legame carbonio-fluoro dei PFAS, che e’ uno tra i piu’ forti nella chimica organica. Il risultato e’ la formazione di fluoruri, che sono comunque inquinanti ma decisamente piu’ facili da trattare e da abbattere. Tecnologie analoghe sono già in uso, in varie parti del mondo, per il trattamento di acque reflue con svariati tipi di inquinanti e permettono di abbattere sensibilmente i costi di gestione degli impianti. Nel caso dei PFAS, questa tecnica potrebbe essere l’unica realmente efficace per ottenere risultati soddisfacenti”, spiega Antonietta Rizzo, responsabile del Laboratorio Enea “Metodi e Tecniche nucleari per la sicurezza, il monitoraggio e la tracciabilita’”, che fa parte della rete dell’Alta Tecnologia dell’Emilia-Romagna. I PFAS sono molto diffusi: vengono utilizzati, ad esempio, negli indumenti impermeabili e anti-macchia, nelle schiume antincendio e nei tessuti ignifughi, nei rivestimenti antiaderenti di pentole e padelle, in imballaggi come le buste di popcorn da microonde e in numerosi incarti di cibi da fast-food, nei cosmetici, nei tessuti d’arredamento, nelle vernici, nelle cromature, nelle pellicole che rivestono i pannelli solari ma anche nei materiali edili come i rivestimenti per metalli e le piastrelle. Nella banca dati dell’OCSE sono elencati oltre 4.700 tipi di molecole PFAS e tutti hanno in comune una persistenza estremamente elevata. “Queste sostanze chimiche sono altamente solubili in acqua e non si degradano nell’ambiente a causa della loro stabilita’ chimica, andando a contaminare acqua potabile, alimenti e mangimi, dovunque vengano utilizzati. Anche se smettessimo subito di produrli, rimarrebbero in circolazione per generazioni, considerando che nessun’altra sostanza chimica artificiale permane nell’ambiente tanto a lungo quanto i PFAS, con un impatto importante sugli acquiferi superficiali e profondi”, aggiunge la ricercatrice dello stesso laboratorio Enea, Chiara Telloli.