Scienza, l’impatto dei nanomateriali: studio italiano su animali e piante

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In che modo i nanomateriali agiscono su animali e piante? L’Universita’ di Parma, e in particolare il gruppo guidato dal Professore emerito Nelson Marmiroli, sta contribuendo in modo significativo a dare risposte in quest’ambito di ricerca.
I nanomateriali, materiali con dimensioni nell’ordine del nanometro, hanno assunto oggi notevole rilevanza, visto il loro impiego in moltissimi settori quali la medicina, la chimica, la cura della persona, l’elettronica, l’agricoltura. In tutti questi settori le norme relative al loro impiego in Europa sono ancora da definire nel dettaglio, proprio perche’ sono necessari regole e metodi che ne chiariscano gli effetti a livello fisiologico e molecolare, con particolare riguardo alle informazioni attinenti alle esigenze del loro utilizzo a livello cellulare e subcellulare. In specie per quanto riguarda cloroplasti e mitocondri, centro nevralgico della produzione energetica del metabolismo cellulare. I lavori presentati dal gruppo di ricerca Unipr hanno illustrato alcuni aspetti relativi al modo in cui nanomateriali, una volta penetrati all’interno delle cellule animali e vegetali, possono condizionarne la funzionalita’, interagendo con cloroplasti e mitocondri come principali target. Questi lavori nascono dalla stretta collaborazione tra i ricercatori del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilita’ Ambientale (Luca Pagano, Marta Marmiroli, Laura Paesano, Riccardo Rossi e Nelson Marmiroli) e del Dipartimento di Medicina e Chirurgia (Massimiliano Bianchi e Ovidio Bussolati) dell’Università di Parma, insieme ad Andrea Zappettini e Marco Villani dell’istituto IMEM-CNR di Parma e Jason C. White, Direttore del Centro di ricerca della Connecticut Agricultural Experiment Station di New Haven e docente alla University of Massachusetts.
L’articolo pubblicato su “ACS Nano” riporta come la replicazione di componenti di DNA contenuto in cloroplasti e mitocondri venga modificato nelle condizioni di stress generate dall’esposizione a nanomateriali, allo scopo di rimodulare il livello di sopravvivenza dell’organismo. Queste evidenze si sommano a quelle recentemente ottenute dagli stessi ricercatori studiando il “destino” a cui i nanomateriali vanno incontro una volta penetrati all’interno delle cellule. Utilizzando metodi analitici sulla spettroscopia a raggi X, in collaborazione con i Sincrotroni di Trieste e Grenoble, e’ stato dimostrato come le nanoparticelle subiscano vere e proprie “biotrasformazioni” una volta all’interno dell’ambiente cellulare, senza tuttavia perdere completamente le loro proprieta’.
Questi risultati sono stati pubblicati sulle riviste “Environmental Science and Technologies”, edita da American Chemistry Society, ed “Environmental Science: Nano”, edita da Royal Society of Chemistry. Le evidenze riportate dai ricercatori dell’Universita’ di Parma hanno chiarito come l’esposizione dei nanomateriali negli animali e nelle piante attivi meccanismi di risposta specifici per tali materiali. Queste evidenze hanno consentito di sviluppare metodi di monitoraggio dell’esposizione e degli effetti in organismi viventi, applicabili anche ai primi stadi di esposizione e funzionali alla valutazione del rischio ambientale connesso all’uso di nanomateriali. Queste ricerche aggiungono importanti tasselli necessari alla comprensione dei meccanismi vitali di animali e piante, mostrando come questi siano in grado di adattarsi alle mutate condizioni ambientali.