Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 8 ottobre all’interno della rubrica Spigolature
di Ermanno Corsi
Il ribellismo “nero” ha scelto il pratone di Pontida, prealpi bergamasche, per ufficializzare i diversi volti degli Stati e degli esponenti che lo rappresentano: dall’Austria (poche settimane fa l’estremismo nazionalista ha vinto le elezioni ma non trova alleati per formare il nuovo Governo) all’Ungheria con Victor Orban, dalla Francia con Marine Le Pen e il suo pupillo Jordan Bardella, dall’Olanda e al Portogallo, dalla Spagna alla Germania. Un’alternanza di presenze reali e di videomessaggi. Pontida ha così cambiato definitivamente “pelle”. La prima “mutazione” l’aveva determinata Umberto Bossi. La sua Lega si ribellava al giogo di “Roma ladrona” e invocava un federalismo “ad personam” per il territorio lombardo-veneto. Sempre più confinata nella memoria storica, ormai, la data del 7 aprile 1167 quando nacque il “Carroccio”, l’unione dei Comuni per proclamare solennemente “nessuna pace, tregua o trattato” con l’imperatore Federico Barbarossa.
DIFESA DEI CONFINI. Sembra riassunto così il principale impegno della nuova alleanza “sovranista” che punta all’autosufficienza nazionale pretendendo ognuno di trarre, dalla Comunità europea, soltanto vantaggi per sé a dispetto degli altri Stati partecipanti. La presenza più marcatamente equivoca e ambigua è proprio quella di Matteo Salvini, vicepremier di Giorgia Meloni e ministro di Infrastrutture e Trasporti. Infelice il suo slogan “più Italia in Europa, meno Europa in Italia”. Un “illuminato pensiero” che, forse per un autocritico ripensamento, è stato un po’ accantonato. Ora il leghista post bossiano si vanta, dopo che al processo Open Arm di Palermo è stata chiesta per lui una condanna a sei anni, di aver difeso i “confini della patria Italia”. Ma se è giusto difendere i confini, perché il nazionalista Salvini non ha mai solidarizzato con l’Ucraina che si sta dissanguando nella coraggiosa ed eroica difesa contro il criminale aggressore Putin? Un caso se, sul pratone, sventolava una bandiera russa?
PRENDERSI IN GIRO DA SOLI. Salvini ama sentirsi definire da Orban “eroe dei patrioti europei” e si sbraccia nel ripetere, quasi ossessivamente, che “difendere l’integrità del proprio territorio non è reato”. Di rincalzo il generale eurodeputato Vannacci, ”uomo al contrario”, per il quale “la prima lotta che facciamo è quella di difendere la patria”. Tutto bene, ovviamente, se non fosse per questo modo tutto singolare e “personalizzato” di concepire patria e patriottismo: bene forse, per il vicepremier leghista se può scansarsi, così, i sei anni di condanna richiesti al processo di Palermo. Molto male se non si considera meritevole di solidarietà e apprezzamento la straordinaria prova di eroica difesa dei propri confini quella fornita dall’Ucraina invasa e devastata dalla Russia. Questo doppio e opportunistico volto di Salvini e Vannacci somiglierebbe tanto ad una comica auto caricatura. Varrebbe la pena che l’ineffabile duo rileggesse, proprio sul pratone di Pontida, il brano di Giovanni Berchet (cantore della rivolta contro il Barbarossa) quando scrive “maledetto colui che viene a prendersi una cosa non sua e chi si lascia rapire il proprio dono senza combattere”. Agghiacciante sentire gridare a squarciagola, nella Pontida salviniana, che “l’Italia non è più una”.
UNA LEZIONE DA AVELLINO. Espressioni di apprezzamento per il Comune di Mirabella Eclano, nell’Irpinia, dove si sono sentite le voci dei ministri G7 responsabili dell’Interno e della Sicurezza. Unanimità nel sostenere “con tutti i mezzi” l’Ucraina che difende libertà, sovranità, integrità territoriale nei confini “riconosciuti a livello internazionale”. A sua volta la premier Meloni accoglie con grande amicizia il nuovo Segretario generale della Nato Mark Rutte, olandese per 14 anni a capo di 4 Governi. Appena insediatosi chiarisce che “il costo del sostegno all’Ucraina è molto inferiore a quello che si dovrebbe affrontare se si permettesse a Putin di farsi strada”. Da qui il sì all’uso delle armi europee e americane per colpire, in territorio russo, siti e depositi del micidiale armamentario bellico con cui si pretenderebbe di radere al suolo un Paese patriotticamente orgoglioso della propria libertà.
IL DEPUTATO PISTOLERO. Dopo tanto negazionismo, Emanuele Pozzolo, parlamentare piemontese FdI, ha dovuto riconoscere che ha sparato lui, con la sua rivoltella, il colpo (era la notte di Capodanno nella biellese Rosazza) che ha ferito a una gamba uno degli invitati. La querela, che avrebbe dato avvio al processo, è stata rimessa in cambio di un (pare molto “sostanzioso” ) accordo economico.