di Fiorella Franchini
La Storia come una grande tela, è intessuta di trame ricercate, quelle dei grandi eventi e dei fili sottili delle piccole, molteplici storie che hanno segnato la vita di intere famiglie come quella dei protagonisti dell’ultimo romanzo di Nunzia Gionfriddo “Sopravvissuti -Sogni e illusioni nei vicoli di Napoli” pubblicato da Kairòs edizioni. L’autrice riprende la narrazione del precedente racconto, Gli angeli del rione Sanità edito nel 2017 incentrata sulle vicende di Beppe Esposito, il postino che nel 1943 combatté, insieme a tanti napoletani, contro i Tedeschi che presidiavano la città, riuscendo a cacciarli prima dell’arrivo degli Alleati. Beppe è sopravvissuto alle Quattro Giornate, ma è rimasto gravemente ferito dagli scontri, simbolo di una Napoli ribelle e orgogliosa che cerca di riscattarsi dal dolore con la forza degli ideali. Sopravvissuti sono la moglie Assuntina, il figlio maggiore costretto per fame a fare il contrabbandiere e il minore che studia per diventare medico, e poi Maria, Enzina e Rosetta, Totonno, costretto a emigrare per sfuggire alla camorra che stende le proprie mani su affari e bisogni di tutti coloro che, scampati alla guerra devono fare i conti con una società da ricostruire. Ognuno, nel proprio piccolo mondo, come ha scritto Tomasi di Lampedusa, è “il sale della terra”, perché la Storia è composta dei fatti che accadono ogni giorno nella vita di ciascuno. “Credo che non ci siano personaggi principali né secondari. – ammette l’autrice – La stessa Mimina, la perpetua di don Antonio ha un ruolo insostituibile. Non ho voluto che ci fosse un protagonista. Non so se ci sono riuscita”. L’autrice ci guida alla scoperta di una Napoli devastata che vuole rimettersi in piedi, dentro gli affanni del dopoguerra, tra mafia, miseria, malattie. La vita scorre con tutto il suo impeto nelle vicende delle persone comuni che lottano non solo per la sopravvivenza ma per rinascere dalle rovine. Piccoli ritratti che ci raccontano sensazioni, emozioni, desideri che nel corso del tempo si rinnovano e ritornano nel ciclo continuo della vita. Lo sguardo della scrittrice si allunga verso gli anni del boom economico e delle contestazioni, quando le utopie si scontreranno con la realtà del conformismo e del consumismo. Alle aspettative di chi ambiva, dopo le battaglie della Resistenza, ad una società veramente democratica e non classista, si sostituirà la delusione di una politica affarista, di un’idea di vita frenetica e superficiale. Una contrapposizione ideologica e generazionale che produrrà le lotte del’68, le rivendicazioni femministe e gli anni di piombo.
Nunzia Gionfriddo quale eredità ci ha lasciato questo passato lontano e, al tempo stesso vicino?
Bella domanda! Nell’esergo del libro ho messo una poesia di Salvatore Palomba musicata da Sergio Bruni dal titolo “Napule non T’ ‘o scurdà” che racchiude in sé il messaggio di chi è vissuto dopo la barbarie di una guerra demolitrice di uomini e cose. Cacciati i tedeschi con una rivolta voluta, studiata, organizzata da un popolo schiacciato dalla violenza e la rabbia di tiranni, è stata messa a dura prova quella “dignità” invocata dal poeta napoletano. La fame, il tifo, l’arrivo degli americani, che secondo me ha ancora di più esasperato la popolazione alla fine degli anni Quaranta e il Laurismo durante il cosiddetto “boom economico” ha completato un quadro negativo e il ritorno dei vecchi stereotipi ha peggiorato il messaggio di coraggio dei partigiani delle quattro giornate. Ma sta proprio qui il miracolo. Il lavoro della scuola, dei partiti più evoluti, la spinta iniziale dei sindacati ha fatto crescere la seconda generazione indicando ai giovani la nascita di un nuovo mondo di sogni e speranze. Ancora illusioni! Anche questa rinascita ha portato al disincantamento degli ideali. Questa “ferita a morte” sanguina anche oggi. Abbiamo sperato nella rinascita, ma dobbiamo accettare la legge darwiniana che il più forte mangia il più debole. “Homo homini lupus”!
Quanto è stato importante il ruolo delle donne e quali istanze incarnano i personaggi femminili?
Le mie donne sono tutte delle guerriere, da Assuntina e Addolorata che prendono la vita di petto e con coraggio, a Ninetta e Rafelina, coraggiose combattenti delle Quattro giornate, a Maria, Enzina e Rosetta che, ognuna a modo proprio, cercano di perpetuare gli ideali per consegnarli a figli e nipoti, liberando, anzi, tentando di liberare il mondo che sta per affidarsi alla globalizzazione, dalle ipocrisie e falsità di una parte della vecchia generazione. Nonostante le loro rivendicazioni e i molti successi legislativi, c’è ancora molto da fare.
Il romanzo si trasforma, dunque, in un grande affresco di attese, inganni e contraddizioni, di sconfitte e di vittorie che s’incarnano e prendono nomi e caratteri, un espediente efficace per tramandare la memoria del tempo passato, quel quotidiano e quella coscienza intima che danno consistenza al complicato ordito della vicenda umana.