Spazio andata e ritorno Cira, il futuro si chiama Pride

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A cura di Cristian Fuschetto

Una scommessa lunga dieci anni. Una scommessa vinta dall’ingegneria italiana che, con un volo di andata e ritorno di 100 minuti a oltre 400 chilometri di altezza per una velocità di 28mila chilometri all’ora, promette di scrivere una nuova pagina dell’aerospazio europeo. Una scommessa vinta innanzitutto dal Centro Italiano di Ricerche Spaziali di Capua, centro nevralgico di tutte le operazioni, dalla progettazione all’assistenza, che hanno accompagnato il test del mini shuttle IXV (Intermediate eXperimental Vehicle) lanciato mercoledì dalla base spaziale europea di Kourou, in Guyana francese. “Un grande giorno per lo spazio europeo e un grande giorno per l’Italia”, commenta il presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), Roberto Battiston. Ma Luigi Carrino, numero uno del Cira, va oltre e prefigura il prossimo passo da compiere: il trasporto dell’uomo nello spazio. La navicella è infatti un dimostratore tecnologico per studiare le problematiche del rientro in atmosfera dei veicoli spaziali riutilizzabili, con e senza equipaggio. “La riuscita del test del mini shuttle europeo IXV è il primo passo importante verso la realizzazione di un sistema di trasporto spaziale europeo che in futuro potrebbe essere in grado di trasportare uomini nello spazio”. E nel futuro gli ingegenri del Cira già sono piantati. Nemmeno il tempo di metabolizzare i successi di IXV che bisogna tornare al lavoro per tracciare con “Pride” i nuovi orizzonti del trasoporto spaziale europeo. Il prossimo passo: Pride L’iniziativa Pride (Program for a Reusable In-orbit Demonstrator for Europe) è la naturale evoluzione di IXV. Pride prevede lo sviluppo di una piattaforma unmanned (ovvero senza pilota) lanciata con il vettore Vega, in grado di offrire capacità operativa orbitale e di rientrare con volo autonomo fino all’atterraggio convenzionale su pista. “Si tratta di dotare l’Europa di una nuova capacità di accesso e rientro dallo spazio – spiega Carrino – che erediterà le conoscenze ed i risultati acquisiti finora per raggiungere un obiettivo ancora più ambizioso”. Come per il programma appena concluso, le aree di innovazione tecnologica coinvolte sono quelle relative ai materiali per protezioni termiche, guida navigazione e controllo, aerotermodinamica e propulsione. Il finanziamento del programma è stato sottoscritto da tutti i più importanti Paesi europei nel corso della Ministeriale Esa dello scorso 2 dicembre e, dato significativo, si tratta di un programma approvato su proposta dell’Italia che conferma la sua leadership nel settore. Anche in questo ambito il Cira gioca un ruolo decisivo soprattutto grazie agli studi effettuati su Usv 3, l’evoluzione degli Unmanned Space Vehicles), ovvero dei veicoli senza pilota. Un percorso lungo 10 anni La navicella lanciata mercoledì rappresenta dunque una sorta di anello di congiunzione tra il lavoro svolto negli ultimi dieci anni e quello della prossima decade. Il progetto IXV è stato concepito nel 2004 dall’Esa e immediatamente sviluppato dal Cira che nel giro di tre anni, nel febbraio 2007, effettua il primo test in volo con l’Usv Castore. Dopo altri tre anni, nel 2010, il secondo volo dell’Usv Polluce dimostra all’Europa il ruolo che la fabbrica “campana” dell’aerospazio può svolgere nello scenario europeo. Prima del test di mercoledì la capsula IXV aveva superato il test di discesa e recupero, progettato e condotto dai ricercatori del centro aerospaziale di Capua al largo della Sardegna nel giugno 2013. Nello svolgimento del progetto il Cira ha inoltre condotto gli studi di aerodinamica e termodinamica e ha qualificato il sistema di protezione termica.