L’Italia a due velocità diventa questione europea. Gli squilibri territoriali tra Nord e Sud rischiano di minare alla base il Pnrr se non si fa in fretta a cambiare il paradigma della spesa pubblica (tempi e qualità) e se non si attuano parallelamente le riforme richieste dall’Europa. Il rischio è che vi siano serie ripercussioni sull’intera politica comunitaria dell’Ue, che si basa sulla riduzione dei divari tra gli stati membri e all’interno dei singoli paesi. Riflettori puntati sul Mezzogiorno, che preoccupa per gli standard di crescita (inferiori al resto del Paese) e al cui rilancio è legato lo sviluppo dell’intera Penisola e con essa quello del vecchio continente. Un aspetto su cui esperti di finanza, industriali, istituzioni e accademici si sono confrontati e trovati d’accordo oggi durante i lavori dell’incontro “Economia e Territorio della Campania: scenari per la ripresa”, organizzato dal Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. Al centro del convegno, moderato dal giornalista Nando Santonastaso, il rapporto Cresme, che si occupa di ricerche di mercato per chi opera nel mondo delle costruzioni e dell’edilizia. Evento in presenza, a Capua, ma anche in diretta streaming sui canali di Merita (https://www.youtube.com/watch?v=EyXxgekrYVg), l’associazione fondata dall’ex ministro Claudio De Vincenti e rappresentata per l’occasione da Maria Ludovica Agrò e Amedeo Lepore.
In apertura la relazione introduttiva di Maria Antonia Ciocia, direttore del Dipartimento di Economia della “Vanvitelli”, che dapprima ha evidenziato come l’iniezione di liquidità del Pnrr preveda il rilancio di un’economia “intelligente, sostenibile e inclusiva” e poi ha lanciato una provocazione: “Il rapporto Cresme ci consente di ipotizzare nuovi scenari di ripresa dopo il lento esaurimento dell’attuale crisi legata alla pandemia, ma cosa accadrà nei prossimi 80 anni? Dopo il 2026? Dopo il Pnrr? E’ importante porsi oggi queste domande per evitare il rischio di investimenti miopi. Occorre investire in maniera coerente con le caratteristiche demografiche, ambientali e infrastrutturali del territorio”. Di qui l’intervento di Vincenzo Maggioni, professore emerito di Economia e Gestione delle Imprese, che ha usato una metafora per esprimere i propri dubbi sulla macchina amministrativa italiana. “E’ un nuovo Piano Marshall, volendo dare la dimensione dell’impegno che ci troveremo a vivere. E’ come se fosse partito un treno veloce, non una locomotiva. E’ una Tav quella che è partita, per cui sono già definite stazioni, orari e composizione delle carrozze. Noi dobbiamo stare attenti solo a non essere buttati fuori come Paese”.
Bellicini (Cresme): In 20 anni Paese cresciuto soltanto quando cresceva il Sud
“La Campania è un territorio piccolo, con una popolazione molto densa, un piccolo territorio con tanta popolazione, con un Pil molto più basso della popolazione ma più alto del territorio. Una serie di contraddizioni che dal nostro studio sono emerse chiaramente”. Ha esordito Lorenzo Bellicini, direttore di Cresme (Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia). Un rapporto molto dettagliato che ripercorre tutte le tappe dell’economia della regione dell’ultimo secolo. “Dico solo, in estrema sintesi, che se noi ipotizzassimo un Mezzogiorno e una Campania con Prodotto interno lordo pro capite uguale al resto del Paese, ci troveremmo dinanzi ad un Pil dell’Italia che passerebbe da 1800 miliardi a 2000 miliardi, crescendo dell’11 per cento, con il debito che da 134 scenderebbe al 120 per cento. Insomma, stiamo discutendo di 200 miliardi di euro. Il problema del Mezzogiorno è un problema della capacità di crescita dell’intero Paese. A livello europeo non ci sono squilibri territoriali così grandi”, ha aggiunto.
Bellicini si è anche soffermato sul “crollo del mercato delle costruzioni”, che oggi vive un momento felice per gli investimenti legati agli incentivi nella nuova politica delle opere pubbliche, ma che “non ha più operai”, perché “i giovani guardano al settore come negli anni 50/60 si guardava all’agricoltura”. Il che solleciterà una serie di riflessioni anche da parte degli altri relatori circa l’importanza di puntare sull’edilizia per riattivare il Paese.
Di qui il focus sugli elementi strutturali che preoccupano di più, su tutti il calo della popolazione: “La Campania nei prossimi 20 anni rischia di perdere tra i 500 e i 700 mila abitanti”. E si tratta di tutti cervelli in fuga per Bellicini. “L’Italia è terzo tra i paesi con persone nazionali all’estero, dopo Polonia e Romania, ben distanti Francia e Germania. Esportiamo qualità e teste, perdiamo presenze nella fascia di persone in età da lavoro, registrando una contrazione nella capacità attrattiva dei territori, che sono in competizione gli uni con gli altri”. Ma anche le regole della competizione sono cambiate. “Se rifletto – aggiunge – su alcuni elementi vedo tre aspetti: la qualità della vita, il lavoro, il progetto di futuro basato della corresponsabilità dei principali attori del territorio”. Contano tanto anche la reputazione (le esperienze fatte) e il metodo con cui si portano avanti i processi. “Sul lavoro nel 2010 l’Europa ha dato un input chiaro: 75 per cento di tasso occupazione, 67 per l’Italia che partiva da più in basso. Nel 2019 è stato raggiunto il 63 per cento, un buon risultato perché nel range del 5 per cento di difetto. Se guardiamo però alle regioni, il Trentino è al 75 per cento, l’Emilia Romagna al 74, la Lombardia al 72 e la Campania al 44,5 per cento, con un tasso di occupazione femminile, con la Calabria, del 31 per cento”. Di qui Bellicini ha rilanciato: “Il tema è: come fa a reggere senza una rivolta sociale una situazione cosi? Vuol dire che ci sono delle componenti che sfuggono e che dovrebbero essere invece rintracciate se si sta progettando il futuro”. Prima di concludere un riferimento a Napoli (“La terza area metropolitana del Paese che ha al suo interno elementi di debolezza ed eccezionalità sorprendenti”) e al Pnrr (Porterà da noi risorse importanti per circa 309 md di euro ma occorre disegnare un nuovo modello di investimenti con una visione olistica in tempi stretti per farlo funzionare. Serve una capacità di spesa della macchina pubblica, il tema della qualità dell’allocazione delle risorse e della capacità di fare è veramente il tema di riferimento”).
Il punto di vista di Anci, Ace e Imprese
Per Carlo Marino, sindaco di Caserta e presidente Anci Campania, “la qualità della vita è l’altro punto fondamentale su cui bisognerà insistere insieme al tema del lavoro”. “La vivibilità, i sevizi, le occasioni per le famiglie dovranno guidare l’azione dei sindaci e delle città”. Il presidente dell’Ance, Luigi della Gatta, ha invece riportato il discorso sulla capacità di spesa della macchina pubblica. “Avremo una mole di risorse mai viste né con il Piano Marshall né nel post-terremoto, 20-25 miliardi da spendere in 4-5 anni, bene e velocemente. Serve nella pubblica amministrazione una rivoluzione copernicana oppure non saremo in grado di andare oltre il 20/30 per cento delle risorse assegnateci”. Sulla stessa linea Francesco Izzo, ordinario di Economia e gestione delle imprese, che ha rilanciato: “Negli enti locali ci sono persone con l’imprinting genetico della non spesa, come si fa ora a dire a queste persone di imparare a progettare in un tempo dei 100 mt ciò che si è sempre fatto con il passo della maratona?”. Poi c’è un’altro aspetto. “I dati delle performance delle impese del Mezzogiorno sono mediamente superiori a quelli dell’imprese del Centro Nord, malgrado fattori di contesto che pesano in termini di diseconomia, come la bassa qualità istituzionale , la criminalità, l’assenza di rete. Il problema è che sono poche e sono piccole, con una difficoltà ad innovare e a proiettarsi sui mercati internazionali. Su questo occorrerà lavorare”.
Agrò (Merita) e Bianchi (Svimez): Sud questione europea
Per Maria Ludovica Agrò, associazione Merita, già direttore generale dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, “sviluppo urbano ed elemento demografico sono temi centrali per il Mezzogiorno, anche se nel Pnrr non appaiono centrali. Manca una visione generale sistemica, le amministrazioni devono essere porose, attraversate dal contributo della società civile, che può offrire una sua idea di sviluppo. Le imprese devono anche pensare che non basta il profitto, perché è diventato un obbligo inquadrasi nella transizione digitale e verde. Oltre al Pnrr c’è la nuova programmazione europea, con 7 mld di Fesr e 1.8 mld di Fse”.
Luca Bianchi, direttore della SVIMEZ, ha invece sottolineato come “il tema non sia tanto dare il 40 per cento delle risorse al Sud, il vero obiettivo è conseguire risultati valutabili in termini di riduzione del divario”. Secondo Bianchi “questa è la ragione per cui l’Italia ha avuto più fondi. Se fallisce, fallirà anche la strategia dell’Europa”. Di qui un riferimento al coordinamento degli interventi tra Pnrr e fondi strutturali. “Il rischio è quello di una sovrapposizione. Se le due politiche, quella nazionali e quelle delle regioni, non si parlano, il rischio di una dispersione di fondi è alto, serve capacità progettuale e di attuazione. Un grande tavolo nazionale con le amministrazioni locali, regionali e nazionali”.
Lepore (Merita): Tema risorse importante ma parallelamente servono riforme
“I dati sono drammatici ma ci consentono anche di ragionare”, ha sottolineato nel suo intervento Amedeo Lepore dell’Associazione Merita e ordinario di Storia Economica. “Emerge un divario che si inserisce in un contesto che però è globale. La Cassa del Mezzogiorno è stato l’unico vero periodo di convergenza tra Nord e Sud dell’Italia, dopo quel periodo c’è stata l’età della crisi. Soltanto tra il 2015 e il 2018 un risveglio del Sud che è cresciuto più del resto del Paese con performance del 5 per cento del Pil cumulato, più del doppio delle regioni del nord”. Per il professor Lepore occorre analizzare i dati su serie lunghe, “in un quadro dinamico, evolutivo e non soltanto puntualmente”. “Il Mezzogiorno ha delle potenzialità, la Campania ha delle potenzialità, bisogna passare dalla transizione a un nuovo paradigma”, ha aggiunto. Ci sono anche dei mutamenti strutturali. “L’andamento dell’inflazione e le catene globali di approvvigionamento delle materie prime e dell’energia”. Lepore ha poi sottolineato come ci sia stato un “risveglio dell’Europa” in questa fase, mentre non è stato cosi “davanti alla crisi dei debiti sovrani”. “Adesso c’è una spinta forte verso lo sviluppo”, con delle direttrici chiare che sono “innovazione digitale, economia circolare, investimenti che non siano spese assistenziali”. Sulla capacità di spesa, il professor Lepore ha ricordato che molti progetti “appartengono al passato, erano già pronti e sono stati perfezionati”, mentre rispetto alla gestione precedente “ora si punta di più a programmi che abbiano ricadute concrete sul territori”. Un riferimento forte alle riforme, “che rappresentano insieme ai divari l’altra traccia che gli stati europei dovranno seguire per uscire dalla crisi”. “Produttività e occupazione durevole è ciò che serve al Mezzogiorno e quindi a tutto il Paese e all’Europa”, ha concluso.
Mustilli: Dopo il basket bond, lanceremo il basket equity
Mario Mustilli, ordinario di Finanza Aziendale e presidente di Sviluppo Campania, ha focalizzato il suo intervento sulla burocrazia. “Che è un ostacolo enorme per chi fa innovazione. Abbiamo lanciato il basket bond con risultati importanti e ora stiamo pensando ad un prodotto per rafforzare il capitale delle imprese: un basket equity”. Per rilanciare l’economia campana secondo Mustilli servono “competenze, molto coraggio ed essere parte di una coalizione di persone che vogliono fare”. “Non ricordo che il Mezzogiorno abbia mai avuto uno sviluppo autonomo in questo Paese, ora l’occasione c’è, anche se la burocrazia farà di tutto per ostacolare questo processo. L’unico elemento che mi rende ottimista è che se la questione Mezzogiorno non prende la piega giusta sarà l’Italia a risolverla nell’ambito del rapporto con l’Europa”.
Traettino (Confindustria):Risorse su automatismi, non in meccanismi autorizzativi
“Cuneo fiscale e decontribuzione sono le priorità. Le risorse devono essere investite sugli automatismi e non in meccanismi autorizzativi. Solo così si svolta”. A sostenerlo è Gianluigi Traettino, presidente di Confindustria Campania. “Il Mezzogiorno e la Campania se non modificano culturalmente il proprio modo di guadare all’attore chiave che è l’impresa non riusciranno mai a colmare i propri gap”, ha continuato. “Purtroppo la classe degli imprenditori è molestata, inceppata, scoraggiata da tutti gli stakeholder del territorio”, ha aggiunto.
L’assessore Discepolo: Serve coesione sociale, territoriale, istituzionale
Bruno Discepolo, assessore al Governo del Territorio della Regione Campania, ha concluso l’incontro di Capua sottolineando come il territorio regga nonostante tutto sugli indicatori più significativi. “A leggere bene la ricerca si notano elementi di forza e potenzialità – ha spiegato -, basti pensare alla dotazione infrastrutturale della Campania, all’indice di accessibilità, al Pil letto per chilometro quadrato. Solide basi da cui ripartire per modernizzare il Paese andando oltre la burocrazia”. Per l’assessore serve una “governance unitaria di tutto questo processo, con risorse ed azioni che non devono viaggiare su due binari paralleli e sovrapporsi tra Pnrr e fondi europei della nuova programmazione”. Per il responsabile dell’Assessorato al Governo del Territorio serve “coesione sociale, territoriale ed istituzionale” per uscire dalla crisi e ripartire.