Stare a- in casa

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In foto Casa bianca di Notte di Vincent Van Gogh

E la gente rimase a casa e lesse libri e ascoltò e si riposò e fece esercizi
e fece arte e giocò e imparò nuovi modi di essere e si fermò e ascoltò più in profondità
qualcuno meditava qualcuno pregava qualcuno ballava qualcuno incontrò la propria ombra e la gente cominciò a pensare in modo differente e la gente guarì.
E nell’assenza di gente che viveva in modi ignoranti pericolosi senza senso e senza cuore, anche la terra cominciò a guarire e quando il pericolo finì e la gente si ritrovò si addolorarono per i morti e fecero nuove scelte e sognarono nuove visioni e crearono nuovi modi di vivere e guarirono completamente la terra così come erano guariti loro
. (Kathleen O’Meara)

di Ugo Righi

Riflettiamo sul grande problema di come stiamo vivendo la vita in questo momento storico.
Il termine “problema” definisce una variazione che avviene rispetto ad un andamento, che viene considerato buono, o il migliore possibile, e viene chiamato norma.
Quindi problema è variazione dalla norma e in cui occorre trovare la causa che lo ha generato, e possibilmente eliminata, perché possa essere risolto.
Ad esempio se io normalmente non tossisco, e ad un certo momento lo faccio, questa è una variazione che è stata causata da qualcosa, ad esempio ho preso freddo.
La tosse è il problema il freddo la causa, occorre ripristinare la norma, ad esempio bevendo qualcosa di caldo, prendendo una aspirina, stando a casa.
Fin qui tutto bene perché la norma è corretta, in quanto consente di vivere meglio.
Ma come interpretare una situazione in cui la patologia consiste nella norma, una normalità dannosa e il ripristino è esattamente il grande problema che si presenta come soluzione?
Pensate alla burocrazia, alla “normalità” del sistema della giustizia, a come trattiamo il mondo in generale.
I disastri del nostro mondo, sono creati da quello che viene considerato “normale” e il ripristino a fronte di variazioni potenzialmente generative e migliorative, rappresenta, ha rappresentato sinora, il vero grande errore di una cecità (Saramago) che ci ha portato dove siamo.
Abbiamo protetto a livello macro, quindi micro, una “normalità” grottesca produttrice di bruttezza e dolore che insieme allo sviluppo tecnologico ha generato un processo di imbarbarimento e un mondo ingiusto, squilibrato, violento che stava preparando il cigno nero che in realtà nero non lo è affatto.
Tanti sono stati i segnali e le voci inascoltate da sistemi di potere abbaianti e pungenti tesi a proteggere lo status quo parlando di cambiamento, ma non volendo o non potendolo attuare in un mondo sempre più pericoloso.
Un mondo dove alla paura della morte si è sostituita la paura della vita.
Non si è capito, ma forse ora si, che alla fine l’intreccio velenoso degli errori ha fatto nascere una grande variazione, non più ripristinabile con i vecchi sistemi del potere negativo, incoronando un virus che ne è la causa.
La causa della causa è il nostro modo di governare il mondo e la vita del mondo, un virus che era (?) il nostro modo di pensare e lo ha avvelenato.
La grande variazione dalla norma ci costringe ora a casa, ci costringe a tornare ad aver paura della morte e a pensare con desiderio alla vita.
“Andrà tutto bene”, certo, dobbiamo dirlo e volerlo ma non possono più coloro che a Bergamo a Brescia, e un po’ dappertutto, se ne sono andati.
Si “andrà tutto bene”, (se) ma non andrà mai più come prima.
Sono a casa, luogo che mi accoglie e protegge e sono in casa, come luogo interiore che frequento diversamente:” io sono dentro la mia casa, ma la casa, percorrendola diversamente e più intensamente, è dentro me.”
Mi sento come un monaco del monte Athos che ha lasciato il rumore della città per entrare in un silenzio che gli consenta di capire meglio il mondo che ha abbandonato.
Ogni mattina all’alba aprendo cassetti, buttando via cose inutili trovo qualcosa che avevo dimenticato, una foto, uno scritto, un oggetto, luoghi e persone nel tempo.
Non li rimetto a posto tutti, cestino ma anche recupero.
Con il silenzio.
«Il silenzio parla”.
Solitudine e silenzio sono utili per un’igiene mentale, per un’ecologia dello spirito e per arricchire un dialogo interiore che la pressione di altre urgenze rallentava o impediva.
Stare a casa, dentro la propria casa che è dentro di se in una solitudine affollata ritrovando così nella memoria ma anche nel progetto di rapporti con gli altri, una diversa idea di equilibrio e armonia.
Stare a casa provando a viverla come una straordinaria opportunità e non solo come una dolorosa prescrizione.
Quello che si può fare di più è pensare al passato e al futuro dei rapporti.
Rapporti finiti che avevano avuto un senso, d’amore, d’amicizia, di scambio intellettuale o professionale.
Rapporti che sono finiti per traumi e errori compiuti, episodi che hanno annullato processi di valore.
Anche questo può far parte dell’andrà tutto bene, pensando a migliorare se stessi e la propria consapevolezza come forma base del potere personale.
Stare fermi a casa può essere una potenziale accelerazione.