Storia diplomatica: Palazzo di Spagna

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Un apparato «effimero» ad animare una parte della facciata, strizzando l’occhio a un’antica tradizione, molto romana, che dal Barocco giunse almeno fino a tutto il XIX secolo. Con questo intervento — simbolico, ma in grado di attirare l’attenzione del numeroso pubblico dei passanti — il Palazzo di Spagna celebra il IV Centenario della sede dell’ambasciata presso la Santa Sede, la delegazione diplomatica più antica al mondo. A svelare la mattina del 7 giugno l’intervento d’artista, firmato da Roberto Lucifero, l’ambasciatrice Isabel Celaá: «Un’iniziativa che ha suscitato grande curiosità — ha detto — e un divertimento di cui avevamo bisogno, visto le tragedie che stiamo attraversando». Balli, canti ed esibizioni di performer hanno preceduto l’inaugurazione della struttura, che resterà visibile fino al termine dell’anno e che è composta da grandi stendardi stampati su pvc microforato, con citazioni e richiami — alcuni filologici, altri fantasiosi trattandosi di una elaborazione contemporanea — alla storia di un edificio che la Storia (con la maiuscola) la attraversa da quattro secoli. Un Palazzo che dato il nome a una delle piazze più famose del mondo, caso unico con piazza Venezia, dove ebbe sede la diplomazia della repubblica lagunare. Questa, però, installatasi qui senza interruzioni, è la legazione diplomatica permanente più antica di sempre, affittata nel 1622, comprata nel 1647 e a tutt’oggi di proprietà della Spagna, che una rappresentanza diplomatica a Roma la ebbe già dalla fine XV secolo con l’unificazione del Paese da parte de los Reyes Católicos, Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona. Il parziale rivestimento della facciata echeggia i rapporti tra Spagna e Roma papale nel corso degli ultimi 400 anni, con particolare riferimento al XVII secolo. Una storia percorribile grazie al Qr code disponibile all’esterno: «E stiamo anche pensando ad alcune aperture dell’edificio al pubblico — ha detto il ministro consigliere — Felix Costales — da realizzare dopo l’estate».