Sud, soldi buttati: manca un sogno vero su cui investire

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Il nuovo inganno ai danni del Sud, si nasconde dietro termini dal suono armonioso, ricchi di suggestioni ed in grado di suscitare speranze ed aspettative: “bonus investimenti”, “decontribuzione” e “credito d’imposta”. Sull’onda delle polemiche scatenate dal rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno, il premier Matteo Renzi, aveva trionfalmente annunciato : “Abbiamo fatto un masterplan diviso per 15 territori. Ne parleremo con i presidenti. Siamo pronti a firmare un patto, tu mi dici cosa stai facendo come regione, io ti dico cosa facciamo come governo”. Messa così, in verità, fa pensare più ad un “masterblabla”, che ad un piano di per lo sviluppo. Un pieno di chiacchiere, insomma, magari, arricchito da una spruzzatina di risorse. Lunedì scorso, poi, intervenendo alla puntata inaugurale della nuova stagione del salotto televisivo di Bruno Vespa, ha promesso che la nuova legge di stabilità in via di definizione, garantirà, al solo Mezzogiorno, un credito d’imposta per gli investimenti di circa 2 miliardi ed una misura di decontribuzione per le nuove assunzioni a cominciare dal 2016, valida per i prossimi tre anni. A questo, dovrebbe (il condizionale, qui, è più d’obbligo che mai, visto che nulla se ne sa) aggiungersi la realizzazione sul territorio meridionale di alcuni interventi, forse anche importanti, ma assolutamente scollegati l’uno dall’altro. Un “deja vu”, quindi, degno del peggior momento della prima repubblica. Il cui unico risultato sarà quello di sprecare altre risorse, liberandosi la coscienza, con la scusante di spenderle per aiutare l’Italia del tacco a crescere. Certo, in questo modo, offrirà un minimo d’ossigeno ad un’economia asfittica come quella meridionale e farà felici le imprese, che queste misure le vanno chiedendo da sempre, senza, però, che il Sud ne tragga alcun beneficio, reale e duraturo. Perché, da sole, insufficienti – in un’area, come quella meridionale, a crescita “stabilmente” negativa – a produrre quel +2 di sviluppo “stabile”, al di sotto del quale – come insegna la teoria economica – non nascono – anzi, si distruggono quelle esistenti – nuove opportunità di lavoro, dal momento che basta l’aumento di produttività dei lavoratori già occupati a soddisfare l’aumento della domanda. Al massimo si trasformano quelli a termine, in contratti a tutele crescenti. Così l’impresa, al momento, può trarne vantaggi economici e se, in futuro le cose non dovessero migliorare potrà sempre licenziare. Di conseguenza – come già successo nel passato, quello recente, ma anche quello lontano – seppure le promesse di oggi, si trasformeranno in fatti concreti, il che è ancora tutto da verificare, da qui a tre anni, saremo punto e a capo. Finiti i bonus, esaurite le risorse a disposizione, senza sviluppo, preda del degrado ed ancora privo delle infrastrutture socio-economiche necessarie ad avvicinarlo all’Europa ed a renderne competitive le aziende, il Meridione si ritroverà sempre più simile ai Paesi sottosviluppati che a quelli avanzati. Perché – come il sottoscritto va ripetendo da tempo ed il presidente dell’autorità anticorruzione, Raffaele Cantone: “Sud non vedo un piano strutturato”, ha ribadito nell’intervista a “Il Mattino”, martedì scorso, – manca quel progetto complessivo di crescita che stabilisca, sulla scorta delle sue potenzialità effettive, quello che si vuole che il Sud sia: un’area a vocazione turistica, piuttosto che industriale od agricola o, magari, per i servizi; un mercato di vendita di prodotti provenienti da altre zone del Paese, piuttosto che un polo d’interscambio fra beni acquistati al di là del Garigliano e quelli di sua esclusiva pertinenza o una piattaforma logistica per il Mediterraneo. Ma, non uno dei soliti piani fumosi, che ogni tanto sgocciolano dall’alto e scritti nell’austere stanze ministeriali da gente che conosce il Mezzogiorno, peggio di come il sottoscritto parla il cinese, bensì da chi quest’area la vive quotidianamente ed ha la consapevolezza effettiva dei suoi ritardi, ma anche delle sue potenzialità. Il Sud, per crescere, non ha bisogno di soldi da spendere “tanto per…”, bensì di un “sogno vero” su cui investire.