Superbonus, una situazione sfuggita di mano

Tormentata storia quella del bonus legato al ripristino delle facciate. Partito con il piede sbagliato, quel mostro legislativo starebbe arrivando al traguardo in un modo che definire bizzarro è ancora un complimento. In effetti l’intera vicenda della sua attività ebbe inizio con il governo Conte, quando sia i costruttori che i malfattori esultarono come ormai non succedeva da tanto tempo. Qualcosa di paragonabile può essere ripreso dalla famigerata applicazione della legge 219, che avrebbe dovuto disciplinare la ricostruzione del dopo sisma in Irpinia del 1980.

All’ epoca arrivarono in Campania e dintorni fiumi di denaro elargito dallo Stato con mano larga e, in diversi casi, con superficialità. Anche allora magagne di ogni genere e specie non fecero avvertire di essere assenti. Al contrario, si assistette all’opera disinvolta di personaggi che affinarono ancor più la loro antica arte, mai completamente mancata dalle scene, quella del faccendiere. Nel sud del Bel Paese chi la esercita è definito “Strascinafazzenn”, figura con un piede dentro e uno fuori delle attività legali. Dal varo della legge che prevedeva un superbonus pari al 110% della spesa di tipo edilizio, quei figuri in versione aggiornata hanno ripreso a proporsi alla grande. Ciò stante la forte somiglianza di quello scherzo dell’attività legislativa con le proposte tutt’altro che lineari di taluni imbonitori delle cosiddette televendite. Più nei particolari, è accaduto che già la genesi di quel provvedimento avrebbe dovuto far aggrottare le sopracciglia a chi, in qualche modo, si fosse trovato a considerarne i punti salienti.
Il primo di essi che da già il la per interpretare il pasticcio che ne è derivato è  quello che segue. Il fulcro dello stesso è che il destinatario dei benefici realizza opere previste per un valore di 100 e lo Stato gli promette la restituzione di 110. Se lo Strascinafazzenn di turno, spesso coincidente con lo stesso appaltatore dell’ opera, individua la possibilità di battere cassa senza realizzare alcunché, allora ottiene qualcosa di simile all’ en plein del gioco d’azzardo e la vicenda è chiusa li. Senonchè il governo, accortosi che oramai quella legge aveva creato dei veri e propri bancomat personalizzati, ha stretto i freni a quelle che in concreto erano diventate vere e proprie elargizioni a titolo grazioso, poche volte qualificabili contributi nel giusto senso del termine. È comprensibile che di conseguenza la situazione sia sfuggita dalle mani, sia del governo e dei suoi controllori, che di quelli che hanno fatto uso e abuso del  provvedimento di cui in alto.

Poiché il credito nei confronti dello Stato che si è venuto a creare, corrisposto in pagamento al costruttore, poteva all’origine essere ceduto alle banche, senza particolari formalità, ricevendone in cambio euro, molti costruttori seri avevano accettato di buon grado di fare quel genere di lavori. Erano convinti che, alla fine, tra le molte storture che si sono materializzate in tutti questi anni, qualcosa di positivo pure era venuta fuori. Al contrario, quando il sistema bancario ha avvertito che, non lontano, stava bruciando qualcosa che poteva estendersi fino a esso, ha chiuso i rubinetti di quel tipo di credito. Ha deciso di conseguenza di non accettarli più dai detentori, lasciando che il cerino acceso continuasse a ardere nelle loro mani. L’ incaglio che si è venuto così a creare è di proporzioni considerevoli, per cui le aziende sane che al momento stanno soffrendo del mal del bonus, corrono il serio rischio di finire male e con esse un numero importante di lavoratori dipendenti in maniera diretta o indiretta, comunque legati alle stesse a doppio giro, potrebbe trovarsi in mezzo alla strada.

La politica, attività un tempo nobilissima, a quel punto ha preso la palla al balzo e ha pensato di mettere in piedi una struttura, l’ennesima, avente come scopo quello di rilevare a titolo oneroso quei crediti incagliati, meglio sarebbe definirli di dubbia esigibilità. Una specie di Bad Bank, per fare un paragone con qualcosa di già esistente, che fungerebbe da prestatore di ultima istanza. Il suo scopo dovrebbe essere quello di togliere le castagne dal fuoco al sistema creditizio e, una volta raffreddate, convogliarle verso l’erario. Esso dovrebbe quindi, per il tramite del fisco, tentare di tornare in possesso, anche solo in parte, del valore nominale di quei crediti.

In confronto quanto fatto dalle banche, in prevalenza negli USA, all’ epoca della crisi dei subprime, sembra un gioco del genere di quelli che fanno i seminaristi la domenica pomeriggio. Si dirà che la finanza può essere anche creativa e contro tale qualifica non è il caso di mettersi in posizione di contrasto. Dopotutto lo stesso sarebbe basato solo sul preconcetto. Quando però si arriva a proporre all’erario di rifarsi dei danni subiti con operazioni taroccate, allora si passa la palla a quanti seguono l’esoterismo, in particolare quello da baraccone. Lo stesso, come si sa, afferma di essere in grado di far  vedere a costoro, ignari spettatori, la luna nel pozzo… Continueranno nel frattempo quegli scappati di casa a ripetere che, nel loro operare, non c’è trucco e non c’è inganno. A quel punto i più sagaci risponderanno che tanto non fa la differenza, in quanto a monte c’è stata una grande truffa, non diversa da quelle che facevano e tutt’ora fanno, i ciarlatani, non solo quelli ambulanti, quanto quelli stabilizzati, la gran parte, basati nella capitale.