Sussurri e grida, ovvero come, talvolta, una notizia importante possa essere oscurata da eventi tragici

90
in foto Luca Bianchi, direttore di Svimez (dalla bacheca Facebook della Svimez)

Lunedì la Svimez ha presentato a Roma il consueto rapporto annuale sullo stato del Meridione, anche raffrontato a quello dell’intero Paese. L’informazione non ha dato al contenuto dell’evento il giusto risalto, molto probabilmente perché concentrata sugli aggornamenti della tragedia di Ischia. Quell’ente, che pur si occupa di un’ importante quanto annnosa questione, quella meridionale, ha un’ impostazione che la differenzia sostanzialmente da altre più o meno assimilabili: è privato, quindi indipendente da collegamenti e condizionamenti esterni. Di conseguenza i risultati delle ricerche che produce possono essere considerati attendibili. La Svimez fu fondata nell’immediato dopoguerra da un gruppo di aziende private su proposta di Donato Menichella, governatore della Banca d’Italia. Questi fu mosso da una constatazione che ancora oggi è valida. L’ inquilino di Palazzo Koch pensava a ragione che, se non si fosse colmato, almeno in buona parte, il divario economico che esisteva e ancora oggi esiste tra il nord e il sud del Paese, un processo di riequilibrio sociale valido non sarebbe potuto mai essere realizzato. In effetti il Sud della penisola è considerato non da ieri un freno allo sviluppo dell’Italia intera. Basti pensare che Giustino Fortunato, senatore del Regno, meridionale (era lucano ) e meridionalista, ebbe a definire, per il suo marcato pessimismo sull’argomento, il Sud della Penisola con l’espressione “sfasciume pendulo”. I dati comunicati ieri da quell’istituto confermano l’ ampiezza del divario socio economico delle due grandi aree in cui è diviso idealmente lo Stivale. Aggiungono anche considerazioni motivate su quanto ci sarà da attendersi almeno per il prossimo anno. Partendo dal presupposto che il dato condizioni buona parte di quel rapporto, cioè la formazione del Pil (Prodotto Interno Lordo) al Sud, è già possibile intravedere la prima discrepanza tra le due realtà. Mentre nel 2021 quella grandezza aveva dato per il Sud tiepidi segnali di ripresa e quindi di avvicinamento del tasso di crescita di quell’indicatore rispetto all’ analogo del Nord, per quest’ anno il divario torna a accentuarsi. Se fosse vivo Don Giustino, come chiamavano con rispetto il Senatore Fortunato i suoi compaesani – era nato a Rionero in Vulture – constaterebbe che il suo pessimismo era ben motivato. Ciò che è più spiacevole accettare è che, quando si osservano i grafici di tali variazioni, balza subito agli occhi che le cifre significative vengano tutte dopo zero virgola. Significando ciò che si tratta di variazioni decimali su scala percentuale. Espresso il concetto ancor più terra terra, vale a dire che quegli scostamenti sono costituiti da “quisquilie e pinzillacchere”, per dirla con Totò. In tempi normali, probabilmente, grandezze, meglio piccolezze, di quel genere non verrebbero prese nemmeno in considerazione, mentre oggi possono essere di notevole aiuto nella comprensione delle variazioni di altri, tanti, indicatori economici. Da sole le stesse non bastano per ricavare un’ immagine verosimile del sentiero su cui è incamminata l’ Italia. Per sapere quindi, con buona approssimazione, se la stessa stia andando verso lo sviluppo o la recessione. Il pensiero dei più che si occupano di tali problematiche è che abbia imboccato il secondo dei due. Più precisamente, che si stia andando spediti verso la recessione e qualcuno di quegli studiosi aggiunge che il Paese sia già con un piede nello spazio ideale in cui essa produce i suoi sgradevoli effetti. C’è un’altra rilevazione che, seppure indirettamente, fa propendere per la seconda ipotesi: il numero dei nuovi poveri nel Meridione. Secondo la Svimez esso ha raggiunto quota 500.000 o mezzo milione che indicare la si voglia e tale dato deve essere considerato come il segnale che una bomba sociale a scoppio ritardato è pronta a esplodere. Rispetto alle altre persone riposizionate nelle stesse condizioni dalla pandemia e dalla guerra residenti nelle altre regioni, essi sono numericamente il doppio, dislocati cioè per due terzi al sud e un terzo nel resto del Paese. La sintesi di quanto riportato innanzi è che la forbice nord sud in Italia è tornata a riaprirsi. Ciò che è più allarmante è che la mancanza di risorse disponibili per poter intervenire in merito al problema Sud si sono assottigliate per gli imprevisti più che noti sia a livello nazionale che della EU. Volendo immaginare un termine al quale far riferimento per ipotizzare il riavvio di interventi consistenti nel meridione d’ Italia, è da considerarlo sine die per evitare facili e non opportuni entusiasmi. Intanto lo “sfasciume” è vicino a degenerare allo stato di cancrena. Tale inopportuno degrado coinvolge tutte le espressioni del vivere quotidiano, comprendendo in esse anche il malaffare. Quel flagello, in un pantano del genere, già sguazza in mille modi. Un ottimismo fuori luogo da parte degli italiani potrebbe essere dannoso al pari del rimettersi ai poteri del tradizionale Stellone. Meglio dedicarsi all lavoro, per chi lo ha, con il massimo impegno: almeno non si avranno scrupoli quando tutto sarà finito.