Sussurri, ma soprattutto grida, dal mondo: e la situazione continua peggiorare

La settimana è partita in quarta, con un Consiglio dei Ministri in prima linea. All’ordine del giorno, prima per importanza tra gli altri argomenti, la questione ormai ben conosciuta come sospensione della possibilità della Corte dei Conti di eseguire controlli concomitanti sulle opere in corso di realizzazione rientranti nel Pnrr. Il vespaio sollevato è più che ben articolato, tanto che la stessa Eu si è sentita come minimo coinvolta nella vicenda. Alla fine, seppure in nome e per conto dei paesi che la compongono, il soggetto che ha predisposto e che sta erogando la provvista finanziaria necessaria alla realizzazione del Pnrr, è proprio quell’ente che ha sede e opera a Bruxelles. Intanto il vero dominus della situazione, il tempo, scorre veloce e non utilizzato in maniera appropriata. Lo si può affermare con cognizione di causa, essendo i lavori finanziati da quel programma realizzati solo intorno al 10% della loro dimensione effettiva. Se non bastasse questo dato, c’è la dichiarazione che conforta la tesi di limitare il più possibile la creazione di rallentamenti espressa da una parte della magistratura. È evidente che all’interno del Potere Giudiziario esista una diversità di vedute sull’ argomento, in quanto dall’ interno della magistratura arriva l’ invito a tener presente che da soli I tempi tecnici dell’attività di richiesta di documentazione e invio al mittente del relativo carteggio, il cosiddetto report, sarebbero nell’ ordine di mesi, che certamente non sono disponibili. Il Governo ha dovuto chiedere il voto di fiducia, in verità scontata. Questa volta il dibattito tra esecutivo e giudiziario è stato corredato da un intervento non richiesto, quella della EU. Sono note sia le botte che le risposte dell’ accaduto, ma l’episodio non può essere archiviato a cuor leggero, in quanto creerebbe inevitabilmente un precedente di rilievo. In effetti è accaduto che si sia verificata una entrata della EU a gamba tesa nella diatriba del momento, discutibile anche nella forma con cui è stata eseguita.
L’ argomento ha suscitato commenti anche nell’ ambiente dei Coltivatori Diretti. Domenica, a metà pomeriggio, uno di loro più avanti negli anni, ha tirato fuori un esempio di una situazione che in passato si verificava non di rado in campagna. Vigenti i contratti di mezzadria, il proprietario terriero di solito non metteva lingua quando arrivava il tempo della vendita dei prodotti raccolti. Se però il “particolare”- da particulière, francesismo, uno dei tanti retaggi lasciati dalla presenza al Sud dei cugini d’ oltralpe- cioè chi si fosse proposto all’ acquisto dei prodotti avesse offerto un prezzo vile, l’agrario si sarebbe fatto avanti perchè vedeva in quella trattativa la possibilità che si verificasse un danno anche per sé stesso. A pensarci bene, il parallelo non è del tutto fuori luogo se si riflette che l’assegnazione di quella somma importante accordata dalla EU al Paese con buona prodigalità, solo in parte è a fondo perduto, il resto è un prestito che deve essere restituito comunque.
Seppure a condizioni di favore, rappresenterà un impegno di spesa non comune per gli anni a venire. Al di là del rispetto delle regole del gioco che vanno sempre e comunque osservate una volta che sono state accettate ( i vincoli di bilancio entro I quali quello italiano, insieme al medesimo degli altri paesi della EU, dovrà rimanere dopo la loro reintroduzione ), ciò che non dovrebbe distogliere minimamente l’attenzione di chi governa è proprio la rata periodica di quel finanziamento. La logica del solco successivo che copre il precedente tracciato nel campo, va del tutto abbandonata. Per maggior precisione essa non potrà più essere presa in considerazione nemmeno come eventualità. La motivazione non è astrusa: nel rispetto delle nuove norme che dal prossimo anno disciplirneranno l’ evoluzione del debito pubblico, sarà molto difficile, se non impossibile, estinguere un vecchio debito, peraltro straordinario, attingendo a un nuovo finanziamento. Un particolare lascia attoniti gli italiani e chi fa affari con loro: quanta buona fede sia contenuta nelle dichiarazioni dei ministri addetti a questa problematica e della stessa Premier, quando dichiarano apertis verbis che per quanto riguarda i lavori previsti da quel mega piano, stia andando tutto bene e i ritardi sono minimi. Si potrebbe aggiungere “Madama la Marchesa”e provare a dormire sonni tranquilli. Il risveglio però sarebbe un incubo al contrario, in quanto nè piacevole nè sostenibile. Se gli Usa si sono salvati a un passo dal default grazie al meccanismo previsto dalla Costituzione che permette al governo di stabilire il limite del debito pubblico con una legge, di qua dell’oceano non esiste un solo paese che possa usufruire di quella procedura. Quindi l’ Italia deve più che mai misurare le proprie forze e non lanciarsi allo sbaraglio. La filosofia che fa da apripista per buona parte degli italiani, anche se quasi sempre mal interpretata, è imperniata sull’ assioma che vuole che per morire e per pagare ci sia sempre tempo., Per molti non é da intendersi come un augurio di lunga vita e di merito creditizio, quanto che non c’è fretta di morire e che dopo ci sarà sempre qualcuno che pagherà i conti lasciati in sospeso. Il vecchio detto diffuso nel villaggio vuole che il lato negativo dell’ andare all’altro mondo riguardi solo chi affronta quel viaggio di sola andata, perché chi resta, bene o male, continua a andare avanti. Se le cose dovessero continuare a andare come accade ora, sarà inevitabile che, dall’ ultima frase, bisognerà senz’altro togliere la parola bene.
In campagna sostengono che, scambiandosi opinioni sull’andamento del mondo, un rospo comunicasse a un suo simile: “salta chi può” e l’altro avesse annuito con piena convinzione.