Svuotare il vaso per ampliare il campo della conoscenza

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La natura dei decisori politici del Bazar delle Follie è tale da rifuggire dal vuoto che essi intendono riempire a tutti i costi usando argilla (misure di politica economica) per modellare il vaso dell’economia senza però rendersi conto che, come diceva Lao Tzu, il suo uso dipende dal vuoto interno che si riesce a creare. Dal canto suo, il genero umano ondeggia tra la paura del vuoto e la voglia di muoversi – ciò che richiede spazio vuoto. Se i policy maker appaiono essere seguaci di Aristotele che affermava che la natura rifugge dal vuoto, tutti noi – chi più, chi meno – siamo vicini agli atomisti nella nostra veste di particelle elementari il cui movimento avviene nel vuoto. Una crescente panoplia di tecnologie digitali e macchine intelligenti tende a prendere il nostro posto. Tuttavia, esse non possono batterci quando a farci muovere nel vuoto è il pensiero consapevole in uno ampio spettro che va dal creare affetti, sviluppare gusti e costruire legami affettivi allo sperimentare innovazioni che frantumano il corrente stato dell’arte.
 
Ebbene, è nostra opinione che il compito da assegnare all’intervento pubblico sia di consentire ai protagonisti emergenti di fare esperimenti nel vuoto creato appositamente dall’inazione istruttiva rispetto all’abbondanza della legislazione messa in campo per colmare il vuoto lasciato dall’età industriale del XX secolo che ha esaurito la sua spinta propulsiva. Molti si chiedono se non sia meglio che tutto sia vuoto di policy maker le cui prestazioni in questi anni di Grande Trasformazione sono apparse ben lontane da quelle dell’esperto pilota. Sul Financial Times dello scorso 28 novembre, Wolfgang Münchau nel suo editoriale “The elite’s Marie Antoinette moment” s’interroga se davvero la gente debba ascoltare gli esperti. La sua risposta è negativa per quanto riguarda i macroeconomisti le cui previsioni si sono rivelate infondate. È preferibile, scrive l’editorialista, il vuoto del “non so”.
 
Creare un vuoto vuol dire ampliare il campo della conoscenza. Come sosteneva lo scrittore italiano Alberto Savinio, “Più cose si conoscono, meno importanza si dà a ciascuna cosa: meno fede, meno fede assoluta. Conoscere molte cose significa giudicarle più liberamente e dunque meglio. Meno cose si conoscono, più si crede che soltanto quelle esistono, soltanto quelle contano, soltanto quelle hanno importanza. Si arriva così al fanatismo, ossia a conoscere una sola cosa e dunque a credere, ad avere fede soltanto in quella”. Votando per il referendum costituzionale, l’elettore del Bazar faccia una riflessione sul vuoto.