T.A.NA., in una residenza artistica il progetto sannita di riforestazione sociale

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L’Occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte, in Italia e all’estero, avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

di Chiara Fucci
Tiziana De Tora e Marco Papa hanno fondato la residenza artistica T.A.NA. nel 2017, ma è più corretto dire che il T.A.NA. esiste come idea da molto prima, è uno stato mentale che travalica i confini geografici e temporali, dote che gli permette di continuare a esistere come concetto, anche se una frana, la notte fra il 10 e l’11 febbraio del 2021, ha rovinosamente trascinato parte dei boschi su alcuni degli spazi dell’associazione, distruggendoli. Il T.A.NA. si concretizza quando Marco e Tiziana, dopo un periodo trascorso all’estero, decidono di tornare in Campania e di colmare una mancanza che la loro regione aveva: quella di un luogo specifico, un’associazione, non a scopo di lucro, che utilizzasse il linguaggio dell’arte contemporanea e della cultura per fare azione di sensibilizzazione sui temi ambientali, seguendo il principio e il sogno dell’arte e della cultura come vera moneta di scambio. Questo ruolo è quello che vuole essere ricoperto dal T.A.NA. che, come Tiziana e Marco precisano, ha vita propria ed esiste al di là di loro, ma che, grazie ai due fondatori, ha preso forma a Terranova – nel Comune di Arpaise – e oggi permette loro di essere ambasciatori del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto e, cioè, di portare avanti i diciassette obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile. Un forte carico emozionale e di responsabilità, quello di Marco e Tiziana, ricambiato da una campagna di solidarietà guidata da una formula essenziale per la convivenza all’interno di un sistema: «aiutateci ad aiutarvi». Il T.A.NA. ha bisogno di sostegno affinché, continuando a esistere come concetto, possano essere ricostruiti gli spazi nei quali avere la possibilità, attraverso il confronto con la natura, l’arte e la cultura, di comprendere che noi uomini non siamo padroni ma solo ospiti e custodi e che non abbiamo tutto il potere che millantiamo, anche se, assorbiti in una realtà sempre più immersiva ed esclusiva, lo stiamo dimenticando. Abbiamo parlato con Tiziana e Marco della genesi del T.A.NA. e della grande responsabilità connessa alla «riforestazione sociale», per usare una loro espressione.

Dopo anni vissuti all’estero, avete deciso di tornare alle vostre radici e vi siete stabiliti nel Sannio. Cosa vi ha portato a prendere questa scelta?
Abbiamo deciso di andare a vivere all’estero intorno al 2005 perché eravamo stufi della situazione di degrado che Napoli subiva in quel periodo. Siamo stati quasi cinque anni in Spagna, un’esperienza importante che ci ha permesso di acquisire una mentalità aperta a tante possibilità. Ci sono due fattori che ci hanno portato a decidere di tornare, uno è quello personale dato dalla volontà di stare vicino ai nostri genitori, segnati da lutti recenti, e un altro è pubblico e globale ed è dato dal fatto che non ritenevamo più giusto stare lontani dalle nostre radici che sono in Campania, e abbiamo deciso di tornare, ma non con un atteggiamento egoistico come quello con cui eravamo andati via. Ci siamo resi conto che non avevamo avuto la forza e il coraggio di rimanere per cambiare le cose, siamo quindi tornati con una marcia in meno, abbiamo deciso di fare downshifting, come si dice in Inghilterra, cioè di rallentare, scegliendo uno stile di vita più semplice, non per forza slanciato verso il lusso, anche perché, tornando a prendersi cura di un elemento naturale, ti rendi conto che le necessità sono molte meno di quelle che noi vantiamo come naturali. Non è difficile, siamo tutti emigranti e non dobbiamo dimenticarlo, quello che abbiamo fatto noi è stato smettere di guardare da fuori, di assistere o di essere assistiti e di iniziare invece a guardare da dentro, abbiamo cioè deciso di agire nel nostro piccolo, anche se è chiaro che con la nostra forza non possiamo cambiare tutto.


Quali sono i valori che avete voluto condividere fondando T.A.NA. Terranova Arte Natura?
Quando inizi ad abitare in un luogo immerso nella natura, ti rendi conto che sei solo uno dei tanti, non sei padrone di nulla e non comandi nessuno; quello che ci è capitato a febbraio del 2021 ci ha fatto capire che noi non valiamo niente. Il terreno che abbiamo preso è il T.A.NA. ma di fatto il T.A.NA. esiste già come idea precedente, idea di conservazione, di difesa; il T.A.NA. si è esteso, poi, a una tutela della natura attraverso le arti, ma il concetto c’è sempre stato: quando si parla di amore per la terra, non si parla solo di una cosa che ti deve far stare bene, nell’amore si ha una grande responsabilità. Quando ti svegli, fuori c’è una terra che ha bisogno di te nella misura in cui te ne prendi cura e non fai finta di niente di fronte a determinate emergenze. L’evento della frana è stato emblematico perché ci ha fatto capire che c’è ancora più bisogno di tutto questo: dopo un primo momento di sconforto per le cose che ci appartenevano, come la casa, l’officina, tutte le strutture costruite, in realtà la tristezza più forte è stata per quella parte di bosco che non c’è più, che è però una tristezza relativa, perché è un processo naturale e che sarebbe comunque accaduto. Il nostro scopo è non tanto ricostruire, che è un termine umano, ma rigenerare quella porzione di terra caduta e restituirla alla terra, accompagnandola in un processo di trasformazione. L’intento è riforestare i terreni disboscati, ma anche la mentalità, è un processo di riforestazione sociale, termine molto significativo, che bisognerebbe opportunamente portare avanti, oggi che siamo completamente avulsi dalla comunicazione informale o diretta di una volta, e che stiamo rendendo formale il sistema linfatico di una tecnologia che ci sta rendendo apatici a livello di comunicazione e ci sta allontanando dal nostro habitat: non le città ma la natura.

In quale ambito si inseriscono i progetti e i laboratori che la vostra associazione realizza e promuove?
Dato che non facciamo solo riforestazione botanica ma anche sociale, abbiamo deciso di portare avanti dei progetti sia al T.A.NA. che fuori dal T.A.NA. coinvolgendo scuola, associazioni e tessuto sociale di varie province, organizzando laboratori e progetti, anche a lungo termine, con artisti di arte relazionale e partecipata, di cui c’è molto bisogno oggi. A volte c’è stata un’interpretazione sbagliata di cosa sia il T.A.NA., visto come museo all’aperto o parco sculture, quando il nostro concetto, invece, è stato sempre quello di invitare gli artisti in residenza a mettersi in connessione con il luogo e con chi lo abita, che siano vegetali, umani o batteri. Il fatto di doversi confrontare come ospiti, e non come padroni, rientra nel combattere il concetto dell’ego che esiste nell’arte, nel capire un sistema complesso e una realtà a cui dobbiamo, necessariamente, appartenere, per sovvertire l’andamento delle cose. Bisogna spogliarsi dell’individualità, perché in questo momento l’uomo sta creando realtà parallele invece della più semplice realtà dello scambio, dell’ 1 a 1. Questo rapporto così umanamente forte, che ci ha sempre visti coinvolti con i ragazzi e con le scuole, ci è mancato molto per via del Covid – quindi anche da prima della frana – dato che i nostri progetti sono principalmente partecipati e non era possibile né pensabile realizzarli a distanza.
Quanto ha impattato la frana e come è possibile ancora sostenere l’associazione, affinché torni alla sua piena attività e all’educazione all’impegno civile, sociale e culturale?
La frana ci ha fatto capire che il nostro impegno deve essere moltiplicato per dieci e quello che stavamo facendo secondo la nostra visione era giusto, ma ora dobbiamo fare ancora di più. Abbiamo deciso di avviare il crowdfunding perché la frana è stata provocata da una serie di fattori incontrollabili, tra i quali il tema dell’abbandono dei terreni. Dato che sono terreni privati, non abbiamo nessuna possibilità di avere fondi pubblici per far fronte a questo disastro; essendo, però, di fatto, un presidio pubblico – abbiamo infatti sempre portato avanti un’opera sociale autofinanziata – il concetto è “dateci una mano per darvi una mano, aiutateci ad aiutarvi”, facendo una cosa a cui non siamo abituati, ma con la convinzione che chiedere nel momento in cui si fa qualcosa per gli altri in effetti non è più chiedere. Siamo stati inondati dalla solidarietà di tanti artisti, dato che lavoriamo anche con l’arte contemporanea: la prima è stata Marisa Albanese, alla quale abbiamo dedicato la mostra a Napoli, perché è stata la prima a venire anche in residenza da noi e ci ha spronato a organizzare la mostra e a invogliare tanti artisti; poi c’è Michelangelo Pistoletto, che ha realizzato un’opera dedicata a noi, subito venduta. Chiaramente, le risorse necessarie ai lavori di ricostruzione sono enormi, quindi stiamo continuando a mantenere la campagna attiva, sebbene la mostra Think About Natural Action, presso la Andrea Nuovo Home Gallery di Napoli, sia stata chiusa sabato scorso da una semina d’arte, insieme a La Casaforte (Quartieri Spagnoli) e il Museo MicroCollection (Milano). La campagna di raccolta fondi proseguirà. Su Produzioni Dal Basso durerà fino all’11 marzo, dopodiché continueremo sul nostro sito con la mostra virtuale, alla quale andranno ad aggiungersi le nuove opere donate da altri generosi artisti, e anche in altre forme, lavorando per cercare di realizzare, per quanto ci sarà possibile, anche in forma ridotta, il nostro evento, di cui ci sono state cinque edizioni: gli Happy Earth Days. Il nostro impegno a ricominciare a lavorare al T.A.NA. c’è ed è forte. A breve daremo poi il via alla riforestazione di circa 300 delle 700 piante, che daranno vita al nuovo progetto #ilboscodei700, e riapriremo la campagna #unalberoperiltana, consistente nell’adozione di alberi, che per noi rappresentano la nostra famiglia, a cui daremo anche i nomi perché tutti tornino a far parte di un’unica foresta.